La Chiesa ricorda San Giovanni di Dio, fondatore dei Fatebenefratelli e patrono degli
infermi e degli ospedalieri
Oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica di San Giovanni di Dio, patrono dei malati
e degli operatori sanitari. E’ il Santo che fondò, circa 500 anni fa, l’Ordine Ospedaliero
dei Fatebenefratelli. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La vita
di San Giovanni di Dio è un itinerario verso la santità attraverso strade impervie:
nasce nel 1495 a Montemor–o–Novo, in Portogallo, in una famiglia modesta. Trascorre
gli anni della gioventù come pastorello e poi si arruola nell’esercito. Ha la passione
per il gioco e in seguito ad una storia di furto è condannato a morte per impiccagione.
Viene graziato quando ha già il cappio al collo. Nel 1532 prende parte alla difesa
di Vienna assediata dai turchi. Con i pochi risparmi decide quindi di diventare venditore
ambulante di libri e immagini religiose. Nel 1539 avviene la svolta: ascolta un sermone
di Giovanni d’Avila e rimane sconvolto. E’ vera conversione. Il suo shock è così forte
da sembrare pazzo. Viene ricoverato all’Ospedale reale, dove a quei tempi la malattia
mentale si curava con frusta e catene. Viene presto riconosciuto sano e rimesso in
libertà. Giovanni decide allora di dedicare il resto della sua vita ai poveri e agli
ammalati. Fonda il suo primo ospedale e chiede l’elemosina per gli infermi dicendo:
“Fratelli, fate il bene a voi stessi dando l’elemosina ai poveri”, intendendo che
chi aiuta il prossimo fa anzitutto il proprio interesse spirituale. Muore l’8 marzo
del 1550 stringendo nelle mani un crocifisso.
San
Giovanni di Dio è come uomo un esempio di disponibilità e apertura verso il prossimo.
La sua è stata una vita in movimento, un’esperienza continua di mutamento ma anche
di stabilità nella generosità. E questa generosità, poco a poco, si è trasformata
in fede, in amore verso Dio che svela il vero volto del fratello ferito nella carne
e nel cuore. Questo messaggio continua oggi ad essere un imprescindibile richiamo
per l’Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli. Ascoltiamo, fra Giancarlo
Lapic, segretario particolare del generale e consigliere nazionale dell’Ordine
di San Giovanni di Dio:
“San Giovanni di Dio ci ha
lasciato l’esempio di una fede vissuta in profonda comunione con il prossimo. Una
fede vissuta – possiamo dire – secondo le intenzionalità di Dio, che non privilegia
un rapporto esclusivo con Lui senza contemplare la presenza del prossimo sofferente
e bisognoso. Possiamo sintetizzare questo vissuto di San Giovanni di Dio nella fede
con una parola: ‘l’ospitalità’. Questa parola sintetizza tutta l’eredità spirituale
e carismatica che San Giovanni di Dio ci ha lasciato e che anima da 500 anni tutto
il nostro ordine”.
Povertà, castità e obbedienza
sono i tre voti classici comuni a tutti gli ordini religiosi. I Fatebenefratelli aggiungono
un quarto voto, quello appunto dell’ospitalità. Cosa significa vivere questo carisma?
Ancora fra Giancarlo Lapic:
“Sintetizzare i primi
tre voti andando incontro al prossimo, al prossimo sofferente e portandogli questo
amore di Dio, questa prossimità sorprendente, una prossimità che privilegia l’uomo
nel dolore, che libera l’uomo dal male. Credo che proprio qui stia la grandezza dell’ospitalità
che svela al mondo l’amore incondizionato di Dio”.
La
coincidenza della memoria liturgica di San Giovanni di Dio con la festa della donna
rappresenta, inoltre, un momento particolare di riflessione sul grande significato
che il mondo femminile ha per il mondo dei malati. Fra Marco Fabello,
direttore della rivista Fatebenefratelli:
“Mi sembra
che la presenza femminile nell’ambito del mondo del malato sia, anche per i malati
stessi, assolutamente significativa sia per l’aspetto materno, che la donna ha in
sé, sia per la capacità di relazione con le persone. Nella storia della Chiesa, così
come nella storia stessa dell’esistenza, sappiamo che la donna è quella che per prima
ha avuto una costante presenza con i malati”.
Tutto
nella vita del paziente è misurato, programmato nel tempo come in una tabella di marcia.
Curare, però, è anche rispondere ai bisogni del malato tenendo conto delle sue sensazioni
ed emozioni. Come incanalare allora in una cornice di autentica comprensione e attenzione
la relazione con il paziente? Ancora fra Marco Fabello:
“Ci
sono diverse opportunità e le scuole, le università possono aiutare questa realizzazione,
anche se al momento attuale ciò non è favorito dall’insegnamento universitario. In
secondo luogo, bisogna però pensare che non si può usare il medico e l’infermiere
come se fossero una macchina in una catena di montaggio. Io non credo che ci possa
essere cura del malato o cura di una malattia se non c’è prima la cura della persona”.
L’Ordine
Ospedaliero di San Giovanni di Dio conta oltre 1500 religiosi. I Fatebenefratelli
offrono un servizio qualificato con circa 300 opere in 49 nazioni. Ogni giorno, 40
mila collaboratori, tra religiosi, medici, infermieri, impiegati e volontari assistono
in media 35 mila pazienti, avvalendosi anche del sostegno di oltre 300 mila benefattori.