E’ iniziata oggi in Myanmar la nuova visita dell’inviato speciale dell’ONU, Ibrahim
Gambari, con lo scopo di accelerare il processo di democratizzazione nel Paese e favorire
la partecipazione alle istituzioni anche delle opposizioni e della loro leader, Aung
San Suu Kyi. Si tratta della terza visita di Gambari nell’ex Birmania dal settembre
scorso, quando la giunta militare al potere ha represso nel sangue le manifestazioni
dei monaci buddisti. Un mese fa il governo birmano ha annunciato a sorpresa la sua
intenzione di indire per maggio un referendum su una nuova Costituzione e di organizzare
elezioni per il 2010. Proposte, queste, criticate dall’opposizione. Ma quanto è reale
la volontà della Giunta di favorire la democratizzazione? Giada Aquilino lo ha chiesto
a Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia AsiaNews:
R. – Ci
sembra che sia il referendum che le elezioni siano un modo per rabbonire l’opinione
internazionale con delle scelte molto calcolate e controllatissime da parte della
Giunta. Teniamo presente che Gambari, dal 2006, aveva un compito: quello di liberare
Aung San Suu Kyi e di permettere il lavoro e l’impegno politico dell’opposizione.
Queste due cose non sono, però, avvenute.
D. – Per il 2010, la Giunta ha annunciato
elezioni legislative, già criticate però dall’opposizione. Perché?
R. – Perché
di per sé hanno fissato la data senza però guardare alla Costituzione. Dalla Costituzione
deve venir fuori, poi, la possibilità di formare un Parlamento. Questo referendum
sul Trattato viene svolto senza poter fare nessuna campagna pubblicitaria, nessun
discorso pubblico da parte dell’opposizione. Inoltre, i religiosi non possono votare,
non possono esprimere la propria posizione, il che significa che almeno un terzo della
popolazione birmana non potrà dire la sua. Alla stesura della Costituzione non ha,
tra l’altro, partecipato l’opposizione e vi hanno preso parte soltanto alcuni gruppi
etnici. E’ fatto apposta per far continuare a vivere la Giunta tranquillamente. Uno
dei commi della Costituzione dice, infatti, che il presidente non può essere una persona
sposata ad uno straniero: una norma per eliminare la possibilità che Aung San Suu
Kyi possa diventare presidente.
D. – Che Paese è oggi la Birmania, a sei mesi
dalle manifestazioni di piazza represse nel sangue?
R. – Le testimonianze che
ci arrivano sono testimonianze di grande povertà, perché l’aumento del costo del carburante
ha determinato la crescita dei prezzi al consumo di tutte le cose. Ci sono anche molte
persone che non hanno assistenza sanitaria e gli ospedali stessi sono fatiscenti e
senza medicine. Ma soprattutto c’è ancora tanta paura.