2008-03-05 15:06:08

Tragedia di Molfetta: per il vescovo della città si fa poco per evitare gli incidenti sul lavoro


“Un lavoro per vivere e non per morire”. Lo si legge nello striscione che ha aperto oggi a Molfetta, in provincia di Bari, il corteo dei sindacati organizzato per esprimere solidarietà alle famiglie dei 5 operai morti due giorni fa durante il lavaggio di un’autocisterna. Indette anche due ore di sciopero generale in tutta la Puglia. Oggi è lutto cittadino pure a Genova dove si celebrano i funerali di un portuale morto nella notte di venerdì. Sul grave fenomeno delle morti bianche e sulla tragedia di Molfetta Massimiliano Menichetti ha raccolto il parere del presidente nazionale delle ACLI, Andrea Olivero:RealAudioMP3


R. – E’ una tragedia che mette in luce alcuni degli aspetti più drammatici di questa situazione, dell’insicurezza che c’è nel nostro Paese. Da un lato, il fatto che, in qualche modo, era una tragedia evitabilissima e con le tecnologie odierne, senza costi rilevanti, anche facilmente evitabile. In secondo luogo, ancora una volta il nostro Paese vede la solidarietà tra i lavoratori. La tragedia ha assunto i numeri drammatici che si sono visti proprio perché ciascun operaio è venuto incontro all’esigenza dell’altro. Questo è un fatto da sottolineare, soprattutto in questo momento, visto che spesso il mondo del lavoro viene definito come un luogo nel quale ciascuno pensa solo a se stesso. In ultimo, il fatto che il nostro sud vive ancora di più i rischi nel mondo del lavoro.

D. - Le normative ci sono, vengono anche incrementate, ma sono rispettate?

 
R. – Il problema è proprio questo, perché da un lato le aziende continuano a pensare che si possa considerare la sicurezza soltanto un costo e costruiscono il loro modello di impresa in questa prospettiva, quindi senza investire fino in fondo sulla sicurezza. Dall’altro lato, perché i cittadini, i cittadini-lavoratori, spesso sottovalutano i rischi che incontrano e quindi non fanno tutto quello che è in loro potere per denunciare l’insicurezza e chiedere un cambiamento di rotta.

 
Sulla tragedia di Molfetta ascoltiamo la riflessione del vescovo di Molfetta, mons. Luigi Martella, raccolta da Fabio Colagrande:RealAudioMP3

 
R. – Non è semplice trovare le parole giuste, le parole adatte in certi momenti. Credo che la parola più giusta e più consona sia proprio il silenzio. Il silenzio che dice tante cose, il silenzio che è preghiera, sostegno, conforto, consolazione. La città è sconvolta e man mano che il tempo passa si sta rendendo conto della gravità di quello che è successo. Ancora una tragedia sul lavoro e questa volta proprio sotto casa.

 
D. – Il vostro comunicato parla di cinque nuovi martiri…

 
R. – Martiri, perché tutto questo ha un risvolto davvero di grande solidarietà. Il primo operaio è sceso nella cisterna ed è rimasto giù; il secondo è sceso per aiutarlo, e così il terzo, il quarto e il quinto. Vorrei dire che è stata davvero una catena di amore! Per aiutare il loro compagno di lavoro, hanno trovato la loro fine.

 
D. – Mons. Martella, guardando al lunghissimo e drammatico elenco delle morti sul lavoro in Italia, c’è il rischio veramente che il rispetto della persona resti oggi schiacciato dalle urgenze della produttività economica, in un momento di crisi economica come quello attuale?

 
R. – Purtroppo non ci si può illudere che gli incidenti sul lavoro possano finire né con una maggiore prudenza, né tanto meno con una legge. Ci vuole una cultura della vita. Oggi ci vorrebbe un impulso maggiore per dire che la vita va difesa, rispettata, custodita. Nonostante questi ripetuti incidenti, ci perdiamo sull’onda delle considerazioni delle parole e non agiamo, non agiamo abbastanza.







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