"Vorrei tanto poter considerare col cuore la prigionia come una gioia, basata invece
com'è sulla menzogna": don Sandro De Pretis racconta la propria esperienza in una
lettera
Don Sandro De Pretis, il sacerdote trentino che ha trascorso 118 giorni in un carcere
di Gibuti ed è oggi agli arresti domiciliari per motivi di salute, racconta la sua
esperienza in una lettera. Il testo, inviato a don Ivan Maffeis, direttore del settimanale
della diocesi di Trento (Vita Trentina), verrà pubblicato sull’ultimo numero del giornale.
Questo uno dei passaggi centrali, riportato dall’agenzia Sir: “Immagino che ora moltissimi
gibutini sappiano tutto di me, e che importa se è tutto falso! Probabilmente, almeno
in senso negativo, la caratteristica del mio apostolato sarà riassunta da queste voci
nascoste, dagli insulti che di tanto in tanto affiorano e alla fine da questo essere
un capro espiatorio in un affare di Stato”. “Grazie a Dio – scrive ancora don De Pretis
– la mia vita negli ultimi 15 anni non finisce qui; ci sono talmente tanti aspetti
positivi... Prima di tutto la gente, pur se dura nella scorza, ma buona quando la
si conosce; l'amicizia col mio vescovo; tanti che hanno confermato nella prova il
loro affetto per me... Vorrei tanto poter considerare col cuore la prigionia come
una gioia, basata invece com'è sulla menzogna: è quello che dicono Pietro e Paolo
nelle loro lettere... Non ne sono capace, e me ne trattiene il sentimento che forse
è indipendente dal mio essere cristiano”. Intanto, aggiunge il missionario, “prego
che finalmente io ne esca e che chi è all'origine di questa vicenda si penta del giocare
così con la vita e la reputazione degli altri...”. Il sacerdote trentino era in carcere
dallo scorso 28 ottobre per “detenzione preventiva”, con accuse che variavano dalla
pedofilia alla corruzione di minori. L'arcivescovo di Trento Luigi Bressan, ha auspicato
che il processo – previsto per il prossimo mese – “possa riconoscere la piena innocenza
di don Sandro”. (S.G.)