Appello di leader islamici per il rilascio di mons. Rahho
Si moltiplicano gli appelli per la liberazione di mons. Paulos Faraj Rahho, l’arcivescovo
caldeo di Mosul, sequestrato nella città nel nord dell’Iraq, lo scorso 29 febbraio.
Accogliendo l’invito lanciato da Benedetto XVI durante l’Angelus di domenica, tutte
le comunità cristiane irachene, dei diversi riti e confessioni, si sono raccolte ieri
in preghiera per chiedere il rilascio dell’arcivescovo. Lo stesso appello è giunto
anche da alcuni leader musulmani del Paese, sia sunniti che sciiti, mentre monsignor
Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, invoca la fine della guerra e il dialogo tra le
due comunità. Ieri pomeriggio intanto, una nuova telefonata dei rapitori, la cui identità
è ancora sconosciuta: hanno alzato il prezzo del riscatto e dettato “condizioni politiche”
senza fornire nessuna prova sullo stato di salute dell’ostaggio. L’arcivescovo infatti,
che ha 67 anni, soffre di diversi disturbi e necessita di cure mediche quotidiane.
Stamani il primo ministro iracheno, Nuri al Maliki, ha specificato che “attaccare
i cristiani significa attaccare gli iracheni stessi”. In un messaggio inviato al cardinal
Emmanuel III Delly, patriarca dei caldei, il premier riferisce di aver dato istruzione
“al ministero dell’Interno e alle agenzie di sicurezza di lavorare duro per garantire
il prima possibile la liberazione dell’arcivescovo di Mosul”. Mons. Rahho è stato
rapito insieme al suo autista e alle due guardie del corpo che sono stati uccisi nell’agguato.
(S.G.)