Salvare le donne dalla schiavitù della prostituzione: la testimonianza di suor Eugenia
Bonetti, responsabile dell’ufficio antitratta dell’USMI
In 10 anni, 5 mila donne sono state accolte in 110 case sparse in tutta l’Italia per
essere aiutate ad uscire dalla schiavitù della prostituzione. 8 su 10 hanno trovato
lavoro. Le case di accoglienza sono gestite da suore di diversi ordini sotto la direzione
dell’USMI, l’Unione superiore maggiori italiane. A guidare l’ufficio dell’USMI anti-tratta
e a cominciare quest’opera è suor Eugenia Bonetti, 69 anni, missionaria della
Consolata che, dopo aver passato 23 anni in Kenya, è tornata in Italia. L’incontro
con una giovane prostituta nigeriana che le ha chiesto aiuto è stato decisivo come
ci racconta nell’intervista di Debora Donnini. R.
– Questa donna chiedendo aiuto ha risvegliato in me un modo nuovo di vivere la missione
nel mio stesso Paese e da allora abbiamo iniziato ad aprire le nostre case, tramite
l’accoglienza di alcune di queste ragazze, che hanno pianto per la loro sofferenza
e noi con loro. Allora, abbiamo capito che come vita religiosa, noi avevamo veramente
questa nuova sfida da affrontare, quella di salvare queste donne dalla strada, queste
nuove schiave, per ridare loro la voglia di vivere.
D.
– Come funzionano concretamente queste case che voi gestite?
R.
– Le ragazze vivono nelle nostre case di accoglienza, dove imparano la lingua, imparano
un mestiere, imparano a recuperare quello che veramente è stato distrutto in loro,
perchè queste donne sono distrutte a tutti i livelli. Riscoprono così la voglia di
vivere, di essere donne, di essere madri e di pensare ad un futuro.
D.
– Come arrivano queste ragazze da voi?
R. – Abbiamo
delle suore che escono anche di notte, insieme a gruppi di volontariato, sulle strade.
A volte ci vengono portate dai Carabinieri, dalla Polizia.
D.
– La sua esperienza, tra l’altro, ha ispirato un progetto dell’ONU per formare suore
anti-tratta in Nigeria e nell’Europa dell’Est...
R.
– Ad un certo punto noi abbiamo capito che se non tocchi i Paesi di origine si fa
ben poco e allora abbiamo iniziato a coinvolgere le suore dei Paesi di origine. Poi,
nel 2004, è stato organizzato proprio a Roma un grosso convegno. Si è notata una forte
presenza di religiose e allora l’ambasciatore USA presso la Santa Sede ha chiesto
sovvenzioni all’America, all’ONU, proprio per sovvenzionare questi corsi di formazione.
Ha capito che bisognava investire sulle religiose, perché le religiose erano una grande
rete, presenti in tutto il mondo.
D. – Suor Eugenia,
centrale per il vostro lavoro è la collaborazione con lo Stato... R.
– Il governo italiano è stato il primo in assoluto che ha offerto a queste donne un
permesso di soggiorno. Quindi, ha riconosciuto a queste donne il loro stato di riduzione
in schiavitù. Il rimandarle in patria è rischiosissimo, perché molte di queste donne,
se vengono rimandate in patria, subiscono delle ritorsioni, soprattutto se le donne
hanno collaborato per rompere la catena dei trafficanti.
D.
- Voi parlate di Dio a queste donne e questo le aiuta?
R.
- Loro sono molto aiutate dalla preghiera, dalla lettura della Parola di Dio. Noi
non siamo soltanto delle assistenti sociali. Noi vogliamo dare loro ciò che di più
bello e di più grande noi possiamo avere e quindi il dono di poter dire a queste persone:
"Dio, ti ha guarita".