L’esercito israeliano lascia la Striscia di Gaza dopo 6 giorni di sanguinosissimi
scontri e 111 palestinesi uccisi
Si è conclusa alle prime luci dell'alba l'operazione che l'esercito israeliano ha
lanciato nella notte tra venerdì e sabato nel campo profughi di Jabalyia, nel nord
della Striscia di Gaza. È costata la vita a 76 palestinesi, parte dei quali bambini
e civili, e a due soldati israeliani. Le vittime degli ultimi sei giorni di scontri
a Gaza sono complessivamente 111 da parte palestinese. Da parte sua, l’Alto commissario
dell'Onu per i diritti umani, Louise Arbour, ha oggi condannato l'uso sproporzionato
della forza da parte di Israele nella Striscia di Gaza e ha chiesto “un'indagine imparziale
sulle uccisioni di dozzine di civili, tra cui anche bambini”. Arbour ha condannato
con “'forza” anche il lancio di razzi da parte dei militanti palestinesi contro obiettivi
civili israeliani. L'Alto commissario ha infine chiesto alla comunità internazionale
di fare pressione su entrambe le parti affinchè rispettino i loro obblighi derivanti
dal diritto umanitario internazionale e dai diritti umani. Il nostro servizio:
A poche
ore dal ritiro i miliziani palestinesi hanno ripreso a lanciare razzi sulle città
di Sderot e di Asqhelon, con una ventina di civili ricoverati in stato di shock. In
realtà c’erano stati lanci anche durante i combattimenti con le forze israeliane.
Hamas ha cantato vittoria mostrando il ripiegamento israeliano come una fuga. Ma la
conferma che non si tratti di alcun ritiro, ma solo di un’operazione conclusa, è poi
giunta in mattinata dal primo ministro Olmert. Olmert ha aggiunto che Israele intende
proseguire i negoziati di pace “con i palestinesi pragmatici”, ossia con l'Anp di
Abu Mazen, che due giorni fa ha però congelato tutti i rapporti con lo Stato ebraico.
Un gesto che è bastato a far tracimare la tensione dalla Striscia di Gaza a tutta
la Cisgiordania, dove anche oggi si sono ripetute manifestazioni di protesta a sostegno
di Gaza e incidenti fra dimostranti palestinesi e forze di polizia israeliane. Un
palestinese di 18 anni è stato ucciso da un colono vicino a Ramallah, mentre un altro
dimostrante è stato ferito in modo grave a Betlemme. Un ragazzino di 13 anni era stato
ucciso ieri a Hebron. In questo clima oggi è iniziata la missione dell'Alto rappresentante
per la politica estera dell'Unione europea, Javier Solana e mercoledì a Gerusalemme
sbarcherà il segretario di Stato generale americano Condoleeza Rice. Resta da dire
delle ripercussioni in ambienti Hezbollah in Libano: alcune centinaia di alunni delle
scuole gestite dal movimento sciita libanese Hezbollah hanno manifestato di fronte
alla sede delle Nazioni Unite nel centro di Beirut contro l'offensiva militare israeliana
nella Striscia di Gaza.
Tra offensive israeliane e lanci
di razzi palestinesi, c’è grande preoccupazione per il processo di pace che sembrava
potesse riprendere vigore con l’incontro di Annapolis, a novembre scorso. Delle conseguenze
di azioni come quella compiuta negli ultimi giorni a Gaza, Stefano Leszscynski
ha parlato con Janiki Cingoli, del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. -
Questo tipo di operazioni sia come bombardamenti dall’alto sia come anche operazioni
di terra più massicce, come questa degli ultimi giorni, di fatto danno una risposta
alla pressione dell’opinione pubblica interna israeliana che è sempre più incalzante,
però non risolvono il problema, perchè è evidente che nel momento in cui ritornano
indietro la pioggia ricomincia.
D. - Israele aveva
resistito per parecchio tempo dal compiere un’operazione di questo tipo su Gaza e
questo aveva permesso di stabilire una sintonia anche con il presidnete Abu Mazen.
Ora questa sintonia rischia di saltare?
R. – Sì, c’è questa situazione
in cui Israele, forse, vorrebbe negoziare con Hamas ma non può farlo perché Abu Mazen
si sentirebbe scavalcato; Abu Mazen che forse vorrebbe creare di nuovo un governo
di unità nazionale ma esita perché Israele minaccia di abbandonare il negoziato, e
adesso Abu Mazen che di fronte alle pressioni contro i civili di Gaza sospende, non
abbandona, il negoziato. Probabilmente qui la Comunità internazionale potrebbe giocare
un ruolo creando uno sbocco contiguo per tutti.
D.
- Chi potrebbe sbloccare la situazione internazionale per quanto riguarda il Medio
Oriente, chi è il vero protagonista in ambiente internazionale?
R.
- In questo momento c’è una situazione di debolezza oggettiva degli Stati Uniti perchè
c’è questa iniziativa in corso dopo Annapolis ma il presidente è uscente. Però quello
che mi pare ancora succeda è che si va troppo al traino degli avvenimenti e non si
riesce a imprimere quel colpo d’ala che sarebbe necessario per uscire da questa logica
perversa.
Iraq Serie di attentati in Iraq
con decine di morti e di feriti. Due autobomba a distanza di poco hanno ucciso a Baghdad
prima 15 persone, ferendone altre 35, e poi altre due. Nelle stesse ore, un'autobomba
con due morti anche nella cittadina di Shirkat, nella provincia irachena settentrionale
di Salaheddin. Nella stessa provincia, nella cittadina di Samarra, in nottata, l'esplosione
di un camion-bomba aveva provocato l'uccisione di sette civili. Proprio a Samarra,
sono stati scoperti cadaveri di 18 uomini con evidenti segni di tortura. Spostandosi
a sud della capitale, il capo degli ispettori della polizia di Nassiriya, con tre
suoi uomini sono stati uccisi in un agguato a Bassora. E c’è poi il tragico errore
del comando Usa in Iraq, che ha ammesso l'uccisione “accidentale” di un ragazzino
iracheno da parte di soldati americani nei pressi di Samarra venerdì scorso.
Cipro I
leader greco-cipriota e turco-cipriota si incontreranno nella seconda metà di marzo
per discutere su come rilanciare i colloqui per una riunificazione dell'isola. Lo
ha detto l'inviato dell'Onu, Michael Moller, dopo un incontro con il presidente greco-cipriota,
Christofias. L’isola di Cipro è di fatto divisa dal 1974 da quando la Turchia invase
la parte nord.
Ciad Il presidente senegalese Abdoulaye Wade ha annunciato
ieri a Dakar che riceverà i suoi omologhi del Ciad e del Sudan il 12 marzo, alla vigilia
di un vertice che l'Organizzazione della conferenza islamica ha convocato per i due
giorni successivi, nell'ambito di una mediazione per la pace tra Ciad e Sudan. Wade,
citato dalla televisione pubblica senegalese RTS, ha parlato nel corso di una visita
ieri al luogo dove si terrà l'11/mo summit dell'Organizzazione della conferenza islamica,
il 13 e 14 marzo.
In Francia feriti 4 poliziotti nella banlieu sud di Parigi Quattro
agenti di polizia sono stati feriti ieri da colpi d'arma da fuoco nella banlieue sud
della capitale francese. Tre sono rimasti feriti leggermente al viso e sono stati
medicati sul posto mentre il quarto, colpito alle gambe, è stato ricoverato in ospedale.
Il ministro dell'Intermo Michele Alliot-Marie ha definito l'episodio una vera e propria
'imboscata'. I quattro agenti erano stati chiamati ad intervenire ieri pomeriggio
in un panificio nel quartiere La Grande Borne a Grigny perché il locale era stato
oggetto dell'incursione di un gruppo di giovani. Al loro arrivo i poliziotti si sarebbero
trovati di fronte ad ''una trentina di persone con il viso coperto, molte armate''
che li hanno aggrediti. Il quartiere, un'area particolarmente difficile della banlieue
sud di Parigi, è stato accerchiato dalle forze dell'ordine. Nel novembre scorso la
polizia era stata oggetto di colpi d'arma da fuoco a Villiers-le-bel, nella banlieue
nord della capitale francese.
Fisco e Liechtenstein Per gli italiani,
depositi da un minimo di 200 mila euro a svariate decine di milioni. Sono le cifre
attribuite ai presunti evasori fiscali italiani con conti in Liechtenstein e sui quali
sta lavorando la Procura di Roma. Gli accertamenti in questa fase sono incentrati
sulla verifica della autenticità della lista con 400 nomi di persone fisiche, società
e sigle, consegnata alle autorità italiane sulla veridicità dei nomi, sulla ricostruzione
degli importi. Secondo quanto si è appreso non conterrebbe nomi di personaggi noti,
ma potrebbe trattarsi di nomi fittizi o di copertura dietro i quali si potrebbero
celare i veri titolari dei conti. In procura oggi è stato sottolineato che, nel pieno
rispetto delle procedure di riserbo, non ci saranno fughe di notizie sui nominativi
dell'elenco.
Sale la tensione su diversi fronti della Colombia Escalation
di tensione in Sud America dopo l'uccisione in territorio ecuadoriano del numero due
delle Farc, Raul Reyes, da parte dell'esercito colombiano: dopo il Venezuela, anche
l'Ecuador ha ammassato truppe al confine con la Colombia, recidendo di fatto le sue
relazioni diplomatiche con Bogotà. E dichiarando tra l’altro di aver trovato tre guerrigliere
ferite, fra cui una di nazionalità messicana. Per tutta risposta la Colombia ha accusato
il presidente ecuadoriano, Correa, di avere fatto “compromessi” con le Forze armate
rivoluzionarie della Colombia (Farc). Si tratta della peggiore crisi nella regione
da anni. E c’è preoccupazione per gli ostaggi in mano delle FARC. Il ministro degli
Esteri francese, Kouchner ha invitato i guerriglieri a compiere un “gesto” positivo,
rilasciando la franco-colombiana Ingrid Betancourt. Il servizio di Maurizio Salvi.
È stato
un fine settimana di fuoco quello appena terminato in America Latina dove le relazioni
fra la Colombia e i due Paesi confinanti, il Venezuela e l’Ecuador, sono diventate
tesissime, dopo il blitz militare che è costato la vita al numero due delle Farc,
Raul Reyes. Il governo colombiano ha sottolineato l’importanza dell’operazione per
la lotta al terrorismo internazionale ma l’episodio non è piaciuto né al presidente
venezuelano Hugo Chavez, né a quello ecuadoriano Rafael Correa. Il primo ha reagito
con durezza, chiudendo l’ambasciata venezuelana a Bogotà, ordinando il dispiegamento
di dieci battaglioni alla frontiera comune ed accusando la Colombia di voler svolgere
lo stesso ruolo di gendarme della regione, agli ordini di Washington, che Israele
compie in Medio Oriente. Più diplomatico ma non meno deciso l’atteggiamento di Correa
che ha espulso l’ambasciatore colombiano e sostenuto che la versione sull’incidente
fornita dal governo del presidente Uribe è falsa e che i guerriglieri sono stati massacrati
nel sonno con violazione del territorio ecuadoriano. Negli ambienti diplomatici, la
preoccupazione ora è alta per la sorte degli ostaggi, ancora in mano alla guerriglia
ma anche perché mai come adesso esiste la minaccia di un conflitto dalle conseguenze
imprevedibili. (Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana)
Il
gigante russo Gazprom blocca di nuovo l’erogazione all’Ucraina Gazprom ha cominciato
a ridurre del 25% le sue forniture di gas all'Ucraina, a partire dalle 10.00 ora di
Mosca (le 08.00 in Italia), come previsto dall'ultimatum dei giorni scorsi in caso
di mancato pagamento del debito e dell'attuazione dell'accordo di principio raggiunto
dal presidente russo Putin e dal suo collega ucraino Iushenko. Gazprom è guidata ancora
da Dmitri Medvedev, eletto ieri presidente della Federazione Russia. La riduzione
delle forniture a Kiev è pari a 40 milioni di metri cubi al giorno. Gazprom si dice
pronta a continuare i colloqui con l'Ucraina. Il 12 febbraio Putin e Iushenko avevano
siglato un'intesa di massima che prevedeva il pagamento del debito, pari ad 1,5 miliardi
di dollari, e la sostituzione della società di intermediazione Ros-UkrEnergo con una
più trasparente. Nella sua successiva visita a Mosca, il premier Iulia Timoshenko,
in conflitto con Iushenko in vista delle presidenziali del 2009, aveva inutilmente
cercato di negoziare con Gazprom, rivendicando tra l'altro un rapporto diretto tra
il colosso russo e l'Ucraina, senza intermediari. Gazprom, a differenza di Kiev, sostiene
che il debito per il 2007 non è ancora stato interamente saldato. E, aggiunge, il
debito per il 2008 continua a salire (600 milioni di dollari) senza che siano stati
siglati ulteriori accordi bilaterali. Nei giorni scorsi la Timoshenko si era detta
fiduciosa che non ci sarebbe stato alcun taglio delle forniture e aveva decretato
che dal primo marzo solo la società ucraina Naftogaz potesse importare il gas, mettendo
al bando ogni mediatore. Per quanto riguarda gli altri Paesi europei, Serghei Kuprianov,
portavoce di Gazprom, ha assicurato che la riduzione delle forniture di gas all'Ucraina
non avrà conseguenze sui consumatori europei.
Somalia L'Aviazione
statunitense ha compiuto un raid aereo notturno in Somalia contro una presunta base
dei miliziani islamici, in una località vicina al confine con il Kenya, uccidendo
almeno quattro civili. Lo si apprende da fonti locali. Dhobley, la zona colpita dai
bombardamenti americani, da tre mesi è controllata dagli islamici, o comunque da gruppi
contrari al governo federale di transizione somalo (Tfg) e agli etiopici, senza le
cui truppe il Tfg non sopravviverebbe a lungo. Il loro capo è Hassan Turki, che oltre
a essere il capo militare islamico, è anche leader tribale del gruppo dei Darog Ogadeni,
che abita tutta l'area sud della Somalia, così come quella confinante del nord del
Kenya. La doppia posizione di Turki gli conferisce un grande potere nella regione.
La regione è quella dove all'inizio del 2007 ci furono altri due o tre bombardamenti
americani dopo che alla fine del 2006 le truppe etiopiche avevano messo in fuga quelle
delle milizie islamiche, che controllavano buona parte del Paese. Intanto anche a
Mogadiscio continuano feroci i combattimenti. Secondo fonti concordi, nel fine settimana
si sono contati almeno una quarantina di morti. In larga misura civili, come sempre.
Timor
Est Si è costituito a Timor Est il leader dei ribelli sospettato di aver sparato
al presidente Jose Ramos-Horta, ferendolo gravemente, in uno dei due attentati del
mese scorso in cui era stato preso di mira anche il premier Xanana Gusmao, rimasto
illeso. L'ex ufficiale di polizia Amaro Suares da Costa detto Susar, uno dei 17 ricercati
in relazione agli attacchi, e confidente fidato del leader ribelle Alfredo Reinado
ucciso nella sparatoria a casa di Ramos-Horta, ha promesso di dire tutto quello che
sa dei due attentati dell'11 febbraio, che conservano ancora molti lati oscuri. Da
Costa ha ammesso di aver preso parte all'attacco e molti a Timor est ritengono che
abbia sparato al presidente. 'Mi voglio arrendere perchè il nostro Stato deve andare
avanti e il popolo deve vivere in pace”, ha dichiarato mentre rendeva le armi in presenza
del premier Gusmao. “I giovani non devono continuare a combattere e uccidersi fra
loro...Voglio calmare la situazione, voglio pace e stabilita”', ha aggiunto. Forze
internazionali di sicurezza continuano a perlustrare le colline attorno alla capitale
Dili in cerca dei ribelli, per lo più soldati la cui protesta nel maggio 2006 era
sfociata in gravi disordini che avevano paralizzato il Paese. Il ricercato numero
uno è l'ex ufficiale Gastao Salsinha, che ha sostituito alla guida dei ribelli Reinado
dopo la sua uccisione, ed è sospettato di aver guidato il fallito attacco al premier
Gusmao. La resa a sorpresa di 'Susar' fa sperare nell'imminente capitolazione del
resto della banda di Reinado. Intanto, nell'ospedale in cui è ricoverato a Darwin
in Australia, Ramos-Horta continua a migliorare dopo una serie di operazioni chirurgiche.
Il 58/enne premio Nobel per la pace ha detto di aver perdonato il leader ribelle Reinado,
e ha chiesto al governo di dare sostegno alla sua famiglia. Ha quindi invitato i concittadini
alla calma e chiesto indagini approfondite sugli attacchi dei ribelli. (Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 63 E'
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