L’attività caritativa nella Chiesa e i suoi attori dopo la Deus caritas est: al via
la Plenaria di Cor Unum
Si è aperta stamane a Roma l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio Cor Unum,
l’organismo vaticano per la promozione della carità e il coordinamento delle attività
assistenziali della Chiesa universale e i rapporti con altre confessioni e con la
società civile. Il servizio di Roberta Gisotti.
La
Chiesa s’interroga sulle opere di carità e sull’identità e ruolo degli operatori cristiani
impegnati nei vari organismi e strutture assistenziali. E lo fa supportata dalla prima
Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est. Ad aprire i
lavori dell’Assemblea è stato il presidente di Cor Unum, il cardinale Paul Jozef Cordes,
con una originale riflessione sui tempi odierni che viviamo. “Dobbiamo opporci – ha
detto - alla corrente dell’oblio che soffoca tutto”, indotta dal ritmo incalzante
di un’informazione che rimuove rapidamente tutto il nuovo. Ma questo non può valere
per testi “significativi”, “preziosi” come in questo contesto è il “documento magistrale
del Papa”, “nato in ultima analisi – ha osservato il porporato - per affrontare la
questione della fede dei nostri operatori”. Se prima infatti la loro appartenenza
ecclesiale “normalmente era un dato di fatto, un punto di partenza per il loro impegno,
oggi non è più necessariamente così”, ha ricordato il cardinale Cordes. Oggi in queste
istituzioni ci sono persone con la fede, altre alla ricerca della fede, ed altre ancora
che non professano la fede.” Questo non toglie nulla all’onestà delle loro motivazioni
e alle loro capacità professionali”. Ma ne conseguono due questioni di fondo - ha
il cardinale Cordes - se la fede cattolica vuole restare parte integrante delle nostre
agenzie: allora “come incide la società secolarizzata sui nostri operatori e sul loro
lavoro” e “che rapporto esiste tra l’istituzione cattolica caritativa e la struttura
ecclesiale”. “Non si tratta di mettere in dubbio il tanto
bene che riusciamo a fare – ha chiarito il presidente di Cor Unum – ma di mettere
più luce sulla nostra identità di attori caritativi, perché possono indebolirsi la
radici della fede e la condivisione di atteggiamenti di vita e di convinzioni cristiane”. Da
qui le domande: “Possiamo limitarci a fornire servizi, iniziare e accompagnare progetti?
Possiamo semplicemente ritenere di dover combattere per la promozione sociale? Ci
lasciamo guidare solo dalla buona volontà o da un senso di giustizia umana?” Nessuno
di noi crede però - ha proseguito il cardinale Cordes - che la salvezza realizzata
da Cristo possa valere solo per la vita sulla Terra. La fede nella vita eterna è parte
specifica dell’aiuto cristiano. E l’intento di questa Assemblea – ha concluso - è
quello di far rivivere, nelle mutate condizioni storiche, lo spirito cristiano che
ha sempre animato la grande carità della Chiesa. Al termine
del suo intervento, il cardinale Cordes ha consegnato due premi al prof. Heinrich
Pompey e al signor Anthony Curmi, insigniti rispettivamente dell’onorificenza di commendatore
con placca dell’Ordine di San Gregorio Magno e di cavaliere dell’Ordine di San Silvestro
Papa, per particolari meriti nella testimonianza di carità nella Chiesa.