Sui temi della vita, c’è troppa confusione. La RU 486 non è un’aspirina: così il vicepresidente
dei Medici Cattolici Italiani Franco Balzaretti
Alla fine la verità è venuta a galla. La Federazione degli Ordini dei Medici, la FNOMCEO,
non ha mai votato un documento sull’aborto e la pillola RU 486. Il testo era in realtà
soltanto una delle 14 relazioni oggetto di confronto al Consiglio degli Ordini. Eppure
la grande stampa, con poche eccezioni, l’ha presentata come la posizione ufficiale
dei medici italiani. Il quotidiano della CEI, “Avvenire”, che già sabato scorso aveva
svelato il giallo, parla oggi di “conformismo incomprensibile” e di “deficit di buon
giornalismo”. Sulla vicenda, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof.
Franco Balzaretti, vicepresidente nazionale dell’Associazione Medici Cattolici
Italiani:
R.
– Sono rimasto veramente sconcertato da questa vicenda, anche perché auspicherei una
maggiore coerenza e compattezza da parte di tutti i medici, soprattutto quando si
parla di questi importanti temi etico-morali. Questa confusione non fa bene a nessuno.
Si tratta di agire sempre nell’interesse dei pazienti, degli ammalati e dei loro familiari.
D. – Venendo alle questioni di merito. La RU 486,
la pillola abortiva, ha una mortalità per le donne dieci volte superiore all’aborto
medicalmente assistito. Perché allora c’è questa forte spinta all’introduzione di
questo prodotto che, peraltro, lascia ancora più sole le donne in un momento così
drammatico?
R. – Sul discorso della pillola RU 486
c’è molta confusione, perché viene propagandata come una sorta di “aborto fai da te”.
In realtà, il primo giorno si assume questa pillola RU 486 che uccide l’embrione e
il terzo si assume un altro farmaco che ne favorisce l’espulsione. Ma che cosa succede?
Succede che rispetto all’aborto chirurgico - che è effettivamente una manovra invasiva,
ma che ha un bassissimo rischio di mortalità - in questo caso ci sono dei rischi veramente
elevati, soprattutto quando questa pratica avviene non in un ospedale, ma presso il
domicilio della paziente. E’ una pillola che può avere dei gravi effetti collaterali
ed anche una certa mortalità, che favorisce infezioni ed emorragie. C’è poi l’aspetto
psicologico: non dimentichiamo che queste povere donne che prendono tale decisione
non possono essere trattate come un paziente che ha l’influenza e prende un’aspirina.
Si tratta di donne che subiscono dei gravissimi traumi a livello psichico ed hanno,
quindi, bisogno di avere dei supporti psicologici. Cosa, questa, che presso le loro
famiglie spesso non avviene.
D. – La legge 194 recita
nel titolo “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria
della gravidanza”. Secondo lei, c’è o c’è stato uno sbilanciamento nell’attuazione
di questa legge?
R. – Questa legge, mi dispiace dirlo,
viene applicata soltanto in alcuni aspetti. Anche questi personaggi, più o meno illustri,
che parlano di difesa della 194, proprio queste persone che dicono di voler difendere
la legge 194, in realtà difendono soltanto alcuni aspetti. E cioè quelli che tutelano
il diritto a decidere da parte della madre, senza tenere in nessuna considerazione
altri aspetti importanti della legge. Questo lo si è visto anche in alcune polemiche
che ci sono state proprio di recente a seguito del documento stilato dai ginecologi
di Roma sulla tutela dei feti nati vivi. Hanno contestato addirittura il documento
dicendo che bisogna per prima cosa considerare il consenso della madre, senza preoccuparsi
minimamente del fatto che questo feto che nasce è un bambino a tutti gli effetti.
Qui non si tratta di falsare quello che è il principio della legge 194, ma di adeguarla
alle attuali tecnologie: la legge 194 è stata approvata 30 anni fa, quando non c’erano
delle tecnologie in grado di garantire la sopravvivenza dei feti della 21.esima, 22.esima,
23.esima settimana. Da questo punto di vista, limitatamente a questi aspetti, si dovrà
rivedere la legge. Abbiamo rivisto una Costituzione in Italia, non vedo perché non
si possa rivedere la legge 194.