Con la mediazione della Comunità di Sant'Egidio, siglato il cessate-il-fuoco fra governo
ugandese e guerriglia
Dopo oltre 20 anni dall'inizio del terribile conflitto che affligge il nord Uganda,
è stato firmato a Juba, capitale del sud Sudan, il cessate-il-fuoco definitivo tra
il governo ugandese ed il “Lord Resistance Army” (LRA). Ad affermarlo è una nota della
Comunità di Sant'Egidio, che fin dall’inizio è stata presente alla trattativa e che
collabora con il governo del sud Sudan nella facilitazione al processo di pace per
il nord Uganda. “Si tratta - si legge nel messaggio - di un ulteriore e decisivo passo
verso l'accordo generale di pace che ormai appare prossimo”. Ma quali sono i termini
di questo cessate-il-fuoco? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a MarioGiro, della Comunità di Sant’Egidio:
R. -
C’era già stata una cessazione delle ostilità e quindi a questo punto si va al disarmo,
che sarà firmato tra oggi e domani. Le nostre delegazioni, in questi giorni, stanno
ancora lavorando a Juba. Si tratterà per i miliziani del LRA di venire disarmati,
probabilmente, da truppe dell’ONU, in una zona controllata dall’esercito del sud Sudan
ed è l’SPLA che si fa garante insieme ai garanti politici di questa fine della guerra.
D. - Da qualche settimana, sono presenti e al lavoro
anche osservatori, tra gli altri, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Come si
pone la Comunità internazionale nei confronti di questo Accordo?
R.
- Il negoziato è iniziato il 14 luglio del 2006 e noi siamo lì fin dall’inizio come
Comunità di Sant’Egidio insieme col governo del sud Sudan. Inoltre, si sono avvicinati
anche gli altri: anzitutto l’ONU - arrivata qualche mese dopo - alcuni Paesi africani
e, infine, l’Unione Europea e gli Stati Uniti. All’inizio c’era molto scetticismo,
perché sono dieci anni che si cerca di giungere ad un accordo di pace con il LRA e
mai nessuno ci era riuscito. Il nostro primo tentativo fu fatto a Roma nel ’96: abbiamo
poi seguito un filo molto sottile e finalmente stiamo riuscendo nel nostro intento.
In pochi lo pensavano possibile, mentre ora la comunità internazionale comincia a
crederci di più. Si tratta di una guerra terribile, di una guerra-simbolo - ovviamente
in senso negativo - per quanto riguarda i bambini soldato. Il traguardo raggiunto,
dunque, fa ben sperare anche per la garanzia stessa del processo nella sua attuazione
successiva, nei prossimi mesi.
D. - Una guerra terribile
che ha provocato - lo ricordiamo - più di 100 mila vittime ed ha costretto più di
due milioni di persone nei campi profughi nel nord Uganda. Ma attualmente qual è la
situazione nel Paese?
R. - Fortunatamente, da quando
sono cominciati i colloqui non ci sono state più violenze nel nord Uganda, fatta eccezione
per alcuni episodi molto sporadici. Da molti mesi non si combatte più e il LRA si
è ritirato fuori dal Paese: è concentrato in altre zone, soprattutto in quest’area
senza frontiere tra il sud Sudan e il Centrafrica. Quindi, lentamente, in alcuni distretti
del nord Uganda - terra disastrata da questi 20 anni di guerra - la gente sta cominciando
a tornare a casa.