Aiutare il malato morente a vivere con dignità, rifiutando le spinte verso l’eutanasia,
proposte da una visione utilitaristica della persona: l’esortazione del Papa nel discorso
alla Pontificia Accademia per la Vita
La società deve aiutare il malato grave ad attraversare il momento della morte con
dignità: è quanto affermato da Benedetto XVI nell’udienza ai partecipanti al Congresso
sul tema “Accanto al malato inguaribile e al morente: orientamenti etici ed operativi”,
promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita. Un evento, in corso in questi giorni
in Vaticano, in occasione della XIV assemblea generale dell’Accademia. Il Papa ha
ribadito la ferma condanna etica di ogni forma di eutanasia ed ha auspicato una sinergia
tra la Chiesa e le Istituzioni civili per assicurare al malato grave e ai suoi famigliari
l’aiuto necessario. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto da mons. Elio
Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
Tutta
la società, e non solo la comunità cristiana, “è chiamata a rispettare la vita e la
dignità del malato grave e del morente”: è l’esortazione di Benedetto XVI, che nel
suo appassionato discorso alla Pontificia Accademia per la Vita ha ribadito l’urgente
sfida per tutti “di portare nel vasto orizzonte della vita umana lo splendore della
verità rivelata e il sostegno della speranza”. I medici, in particolare, ha aggiunto
sono tenuti ad esprimere il rispetto della vita umana "in ogni momento del suo sviluppo
terreno". Quindi, riprendendo la sua Enciclica “Spe salvi”, ha sottolineato che una
società che non riesce ad accettare i sofferenti è crudele e disumana:
“In
una società complessa, fortemente influenzata dalle dinamiche della produttività e
dalle esigenze dell’economia, le persone fragili e le famiglie più povere rischiano,
nei momenti di difficoltà economica e/o di malattia, di essere travolte. Sempre più
si trovano nelle grandi città persone anziane e sole, anche nei momenti di malattia
grave e in prossimità della morte. In tali situazioni, le spinte eutanasiche diventano
pressanti, soprattutto quando si insinui una visione utilitaristica nei confronti
della persona”.
Il Papa ha dunque ribadito, “ancora
una volta, la ferma e costante condanna etica di ogni forma di eutanasia diretta,
secondo il plurisecolare insegnamento della Chiesa”. Ha poi avvertito che una società
solidale ed umanitaria deve tener conto delle difficili condizioni delle famiglie
che, “talora per lunghi periodi, devono portare il peso della gestione di malati gravi
non autosufficienti”. Le terapie e gli interventi, è stato il suo richiamo, devono
sempre seguire i criteri della proporzionalità medica. Ed ha spiegato che nel caso
di terapie rischiose e dunque straordinarie il ricorso ad esse va considerato “moralmente
lecito ma facoltativo”. Ed ha aggiunto che “un più grande rispetto della vita umana
individuale passa inevitabilmente attraverso la solidarietà di tutti e di ciascuno”:
“Lo
sforzo sinergico della società civile e della comunità dei credenti deve mirare a
far sì che tutti possano non solo vivere dignitosamente e responsabilmente, ma anche
attraversare il momento della prova e della morte nella migliore condizionedi fraternità e di solidarietà, anche là dove la morte avviene in una famiglia
povera o nel letto di un ospedale”.
Sul versante
della regolamentazione del lavoro, è stata la riflessione del Pontefice, si riconoscono
solitamente “dei diritti specifici ai familiari al momento di una nascita”. In maniera
analoga, ha esortato, “diritti simili dovrebbero essere riconosciuti ai parenti stretti
al momento della malattia terminale di un loro congiunto”. Ed ha auspicato una sinergia
tra la Chiesa e le istituzioni che potrebbe rivelarsi “preziosa per assicurare l’aiuto
necessario alla vita umana nel momento della fragilità”:
“La
Chiesa, con le sue istituzioni già operanti e con nuove iniziative, è chiamata ad
offrire la testimonianza della carità operosa, specialmente verso le situazioni critiche
di persone non autosufficienti e prive di sostegni familiari, e verso i malati gravi
bisognosi di terapie palliative, oltre che di appropriata assistenza religiosa”. Dal
canto suo, ha aggiunto, la società “non può mancare di assicurare il debito sostegno
alle famiglie che intendono impegnarsi ad accudire in casa, per periodi talora lunghi”
malati bisognosi di un’assistenza particolarmente impegnativa. Il Papa non ha mancato
di sottolineare che quando si spegne una vita, “si conclude l’esperienza terrena,
ma attraverso la morte si apre per ciascuno di noi, al di là del tempo, la vita piena
e definitiva”. Per la comunità dei credenti, ha detto ancora, questo incontro del
morente con la Sorgente della vita e dell’Amore rappresenta un dono che ha valore
per tutti”. Come insegnava Madre Teresa di Calcutta, ha ricordato infine il Papa,
nessuno dovrebbe morire nella solitudine e nell’abbandono, ma almeno nel momento della
morte dovrebbe poter sperimentare, nell’abbraccio dei fratelli, il calore del Padre.