Monito dell'UE a Belgrado dopo l'assalto alle ambasciate nella capitale serba
Sale la tensione e aumentano le reazioni internazionali dopo le manifestazioni che
ieri a Belgrado hanno visto quasi duecentomila serbi manifestare contro l'indipendenza
del Kosovo e attaccare le sedi diplomatiche di paesi che hanno riconosciuto Pristina.
L'alto rappresentante dell'Ue, Javier Solana, ha annunciato il congelamento
delle trattative tra l'Unione e la Serbia finche' non cesseranno le violenze. Ce
ne parla Alessandro Guarasci
Della difficile
e complessa realtà dei Balcani e in particolare della Bosnia Erzegovina, ci parla,
al microfono di Luca Collodi, mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di
Sarajevo:
R.
– Da secoli noi siamo coinvolti nella stessa storia. Ogni uomo che riflette prova
una certa paura, un certo timore, perché nonostante l’indipendenza sia stata già da
tempo annunciata e quindi aspettata, si teme per le conseguenze che questo potrebbe
portare. Questo viene sentito sia dalla Chiesa, sia dai popoli della Bosnia Erzegovina
– poiché potrebbe aggravare una ormai già da tempo difficile situazione politica in
Bosnia ed Erzegovina.
D. – In particolare il riferimento è alla Repubblica
Srpska di Bosnia, il cui parlamento ha votato una Risoluzione che esprime il diritto
a proclamare l’indipendenza…
R. – Per quanto risulta
a noi, in base alle notizie che abbiamo, è stato fatta una dichiarazione in cui prima
di tutto si dice che non accettano e non accetteranno mai l’indipendenza del Kosovo,
poiché questa indipendenza nega i diritti fondamentali del popolo serbo, di cui si
sentono parte. Nel secondo punto si dice che il parlamento della Repubblica Srpska
rispetterà tutte le decisioni dell’accordo di Dayton se non verranno però messi in
discussione i diritti garantiti da questo stesso accordo alla Repubblica Srspka e
che è disponibile a continuare il processo di integrazione nella Comunità europea
della Bosnia Erzegovina se questo non porterà però conseguenze o cambiamenti ai diritti,
che sono stati già garantiti dagli accordi di Dayton. In questa Dichiarazione, quindi,
non si parla del diritto all’indipendenza.
D. – Mons. Sudar, la situazione
in Kosovo può allontanare l’integrazione fra cattolici ortodossi e musulmani in Bosnia
Erzegovina?
R. – Certamente. Qui le cose gravi -
come appunta la dichiarazione di indipendenza del Kosovo – si riflettono su tutte
le realtà, compresa quella ecumenica o quella interreligiosa. Mi auguro che si possa
continuare su questa strada, visto che le Chiese e le comunità religiose hanno finora
dimostrato una grande prudenza: non ho letto, infatti, alcuna dichiarazione che appoggi
o che neghi l’indipendenza. Il primo compito delle Chiese e delle comunità interreligiose
è quello di riuscire ad essere i fattori principali della convivenza a livello meramente
umano. Se non facciamo questo, rischiamo di non riuscire neanche a svolgere il nostro
compito fondamentale. La Russia ha minacciato questa mattina l'uso della
forza nel Kosovo, affermando che sarà costretta al peggio se l'Europa continuerà a
muoversi al di fuori di una posizione comune, o se la NATO continuerà ad infrangere
il proprio mandato a Pristina. Salvatore Sabatino ha chiesto un commento a
Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di area balcanica
ed ex sovietica:
R. –
Mi sembra una posizione molto aggressiva dal punto di vista diplomatico, ma anche
abbastanza impraticabile dal punto di vista concreto, per fortuna. Io credo che questo
valga soprattutto per stabilire, per mostrare la decisione con cui la Russia si schiera
al fianco di Belgrado, e quindi in un certo senso anche per rincuorare i serbi, rispetto
alla questione del Kosovo.
D. – Quanto questa crisi
può riaccendere il focolaio balcanico?
R. – Io non
credo, ripeto, che il focolaio balcanico sia un problema enorme, perchè potrà essere
controllato in tante maniere e non tutti, peraltro, i politici serbi sono schierati
sulla linea di questo nazionalismo un po’ forsennato e fuori dalla storia, di cui
si sono resi protagonisti i teppisti nelle strade. Il presidente Tadic, per esempio,
è molto moderato e ha sicuramente molto interesse che il nazionalismo non mandi in
frantumi la possibilità per la Serbia di essere inserita nell’Unione Europea. Credo
piuttosto che questo del Kosovo sia un ennesimo e forse uno dei più gravi, più pericolosi
e insidiosi episodi di questo scontro, cui assistiamo ormai da anni, che è lo scontro
tra il neoimperialismo americano e il risorgente nazionalismo russo, che nei Balcani,
ovviamente, si combatteranno, perché i Balcani sono ormai diventati lo sbocco in Occidente
e la via di transito di tutti i principali gasdotti e oleodotti del mondo. Quindi,
hanno un’importanza strategica incredibile, per quanto riguarda tutti i Paesi sviluppati.
Lì si combatte esattamente come si è combattuto e si combatte per le stesse identiche
ragioni, nell’Asia centrale, nel Caucaso, sempre tra Stati Uniti e Russia.