2008-02-16 15:25:45

Sugli schermi in Italia il film "Lo scafandro e la farfalla" di Julian Schnabel: un inno alla vita nel mistero del dolore


Da ieri sugli schermi italiani "Lo scafandro e la farfalla" del pittore e regista americano Julian Schnabel. Vincitore a Cannes del premio per la migliore regia, doppia vittoria anche ai Golden Globes e con quattro candidature all’Oscar, è un film che parla al cuore e alla mente, insegnandoci la bellezza della vita anche quando è toccata da malattie inesprimibili e da tragedie che sembrano senza senso. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3


(Parole del protagonista tratte da una scena del film):
“Ho appena scoperto che, a parte il mio occhio, ho altre due cose che non sono paralizzate: la mia immaginazione e la mia memoria”.

Un battito di ciglia per affermare la vita. Un battito di ciglia per esprimere la speranza. Chiuso nello scafandro di carne del proprio corpo, Jean-Dominique Bauby si sente farfalla con la sua mente libera: vola nei meandri della memoria, si libra sugli infiniti spazi dell’immaginazione. Il fatto è realmente accaduto: nel 1995, a quarantatre anni compiuti, vita ricca di soddisfazioni, Bauby è colto da un ictus. Con il suo lento risveglio ha inizio il toccante e originale film di Julian Schnabel: scopriamo che Bauby, interpretato da un bravissimo e credibile Mathieu Amalric, è affetto da sindrome locked-in, ossia è mentalmente vigile e presente, ma completamente prigioniero del suo corpo, che gli permette di muovere soltanto la palpebra dell’occhio sinistro. Grazie a quella palpebra libera, grazie all’aiuto e all’idea di una ortofonista credente, riesce a comunicare con l’esterno e dettare così le sue memorie, che usciranno, con il titolo appunto de "Lo scafandro e la farfalla", dieci giorni prima della sua morte. Il film non è fortunatamente un film a tesi, non gioca sui facili e scontati ricatti emotivi. E’ puro, appassionato. Abbiamo chiesto a Julian Schnabel che cosa ci lascia come insegnamento questa tragica storia di Bauby:

 
In his observation of life, ...
"Nella sua osservazione della vita può dire agli altri: 'Ama coloro che ti stanno vicini, abbi attenzione per i tuoi figli, afferra le occasioni e le opportunità che la vita ti concede, non irrigidirti nelle cose negative, sii cosciente di ciò che hai, ora tu hai le braccia e le gambe che funzionano, io non le ho più, ma ti posso dire che quando le avevo non ero cosciente delle cose che potevo fare'. Con la sua visione retrospettiva della vita può dire: 'Ero così cieco e sordo che sono dovuto precipitare in questo tragico disastro per capire che cosa è davvero la vita? La mia vita, scrive, è stata un susseguirsi di mancanze: le donne che non ho potuto amare, i momenti di gioia che ho lasciato scorrere via, una corsa in cui sapevo già chi avrebbe vinto eppure non ho scommesso sul vincitore'. Ha avuto questa possibilità di rivivere la sua vita e con un palato limitato ha potuto assaporare le cose, assaggiarle, avendo ancora desideri. E capisci anche le persone che sono ammalate, i disabili: loro hanno dei desideri, hanno una loro vita. Noi vediamo soltanto le carrozzelle e la loro malattia, ossia ciò che siede di fronte a noi. Ma lì di fronte abbiamo anche una persona che vive, lì di fronte abbiamo una parte dell’umanità. E’ una questione di coscienza".







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