2008-02-15 16:15:15

Morto a Tokyo all’eta’ di 92 anni il regista giapponese Kon Ichikawa, autore pluripremiato di capolavori della cinematografia mondiale


E’ attraverso il Lido di Venezia e le porte culturalmente aperte della sua Mostra d’Arte Cinematografica che il cinema giapponese entra nei mercati e nelle cineteche dell’Occidente. Era il 1951 quando Akira Kurosawa vinse un Leone d’Oro con il suo Rashōmon; era il 1956 quando Kon Ichikawa non vinse, invece, il Leone d’Oro – non assegnato quell’anno da parte di una giuria presieduta da Luchino Visconti, che non capì o non volle capire – per un capolavoro divenuto poi pietra miliare del cinema mondiale ispirato e pacifista, L’arpa birmana. Lunga meditazione sulla guerra e i suoi orrori, sulla condizione umana sempre sospesa tra vita e morte, “opera pervasa – nota Gianni Rondolino – da un profondo spirito religioso, realizzata con uno stile scarno, in cui personaggi e paesaggi paiono fondersi in una visione panteistica dell’esistenza”. Ichikawa, per quelle strane alchimie dello spirito e dell’arte, non è stato più dimenticato proprio e soprattutto per quel titolo simbolo che si impone su tutta la sua pur ricca filmografia, forte di circa ottanta opere pensate e girate a partire dal 1945 e pochissime delle quali circolate nelle nostre sale. Forse perché legato molto alla letteratura del suo paese – Mishima e Tanizaki per citare i più famosi –, o a modi e stili ai quali la nostra cultura talvolta generica e frettolosa si era fatta e si fa refrattaria. Ichikawa rimane un poeta della pellicola, sia che si immerga, come all’inizio della sua carriera, nelle commedie, sia che affronti denunce, storie di passioni, racconti epici ed anche, caso singolare, la stessa realtà con i documentari: famoso quello dedicato alle Olimpiadi di Tokyo del 1965 e originale la coppia formata da Kyoto del 1969 e da Giappone e il Giapponese, quest’ultimo girato in occasione dell’esposizione universale di Osaka dell’anno seguente. Tutte visioni, in fondo, imbevute di quella sapienza di tempi e silenzi e spessori che il cinema giapponese d’allora insegnò ai suoi contemporanei. I personaggi dei film di Ichikawa costruiscono lentamente la loro identità, come il soldato Tamura in Fuochi sulla pianura o il più famoso Mizushima ne L’arpa birmana, che intraprende un percorso di risveglio spirituale attraversando le nefandezze della guerra e approdando ad una nuova missione ed identità. L’orizzonte è sovranamente ampio, amplissimo, mai angusto e personalistico. Quasi ossessionato da questo orizzonte e da un fatalismo soffuso e irrimediabile, Ichikawa trasforma in metafora tutta l’esistenza umana, che lenta e inarrestabile scorre come i tempi dei suoi film. (A cura di Luca Pellegrini) RealAudioMP3







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