2008-02-14 14:32:28

Tensione in Libano per i funerali di un capo Hezbollah e l'anniversario dell'assassinio dell'ex premier Hariri


Decine di migliaia di libanesi si sono radunati oggi nel centro di Beirut per commemorare il terzo anniversario della morte dell'ex premier Rafik Hariri, ucciso nella capitale libanese il 14 febbraio del 2005. In città è stata inaugurata anche una statua raffigurante lo stesso Hariri a pochi metri di distanza dal luogo dove venne ucciso insieme con altre 22 persone con un potente camion-bomba. Ma Beirut oggi è blindata anche per i funerali del leader Hezbollah assassinato martedì a Damasco, in Siria. Un clima di tensione che proprio dall’omicidio Hariri sembra non diminuire. Ma cosa è cambiato concretamente in Libano in questi ultimi 3 anni? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera e grande conoscitore del mondo mediorientale:RealAudioMP3


R. – Tre anni fa è nata questa primavera di Beirut, cioè questo movimento che ha portato un nuovo spirito e anche una certa ribellione nei confronti del potente alleato vicino, la Siria, che ha sempre considerato il Libano il suo protettorato. Non ci dimentichiamo che, a partire da quel giorno, c’è stata la risoluzione delle Nazioni Unite che ha imposto alla Siria di ritirare i suoi soldati dal Libano. La Siria è stata costretta a farlo. Anche dal punto di vista politico, c’è stato un nuovo spirito che ha unito, almeno per un certo periodo di tempo, una gran parte dell’opinione pubblica libanese. Gli attentati che hanno accompagnato e, purtroppo, seguito quello all’ex primo ministro Hariri e la frammentazione anche di certi campi a partire da quello cristiano, rendono comprensibili i timori del patriarca maronita Nasrallah Sfeir. Lo stesso patriarca dice: Noi dobbiamo avere la forza di cambiare altrimenti non c’è speranza, altrimenti non è possibile raggiungere un compromesso. Addirittura, in un momento di quasi disperazione, il patriarca ha detto: è necessario che venga qualcuno dall’estero a guidare in questa fase i destini di un Libano che non riesce a trovare un compromesso su un candidato presidente.

D. - Dopo l’uccisione di uno dei leader di Hezbollah a Damasco si è riproposto, ancora una volta, questo difficile rapporto tra Libano, Siria, ed Israele. Dopo Annapolis, in cui sembrava essersi mosso qualcosa, siamo ancora in una fase di empasse…

 
R. - Sì e io temo che la situazione sia peggiorata: se noi guardiamo i vari fronti, all’interno del problema israeliano-palestinese, è cresciuta la tensione tra palestinesi, tra la classe dirigente dell’ANP guidata da Abu Mazen e Hamas; e ppoi, ancora, tra Hamas che si trova con una parte più dialogante rappresentata dall’ex primo ministro Haniyeh e dall’altra un rappresentante che vive a Damasco. Per quanto riguarda Hezbollah, poi, l’omicidio mirato di ieri dimostra come alcune componenti di guida, di vertice militare di Hezbollah, avevano trovato rifugio in Siria. E anche lì, abbiamo una parte forse un pochino più dialogante in Libano e poi una parte più dura che, magari, si trova all’estero, a Damasco o altrove. Abbiamo, quindi, una situazione siro-libanese molto tesa, con la Siria che ha paura del processo internazionale e forse teme che questo processo internazionale sull’assassinio di Hariri possa portare alla scoperta e alla conferma di responsabilità da parte dei suoi servizi di sicurezza. Insomma, tutto questo, poi, al di là dell’aggressività iraniana, ci propone un quadro veramente preoccupante.







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