Si devono trasmettere i giusti valori dell'esistenza: così il cardinale Stanislaw
Rylko a conclusione del convegno “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza”
Il compito più importante che attende i cristiani di oggi è quello di educare e trasmettere
i giusti valori dell’esistenza: così ieri il cardinale Stanislaw Rylko, presidente
del Pontificio Consiglio per i Laici, a conclusione del Convegno internazionale “Donna
e uomo, l’humanum nella sua interezza”, promosso dallo stesso dicastero. Oltre a celebrare
il 20.mo anniversario della Lettera Apostolica “Mulieris Dignitatem”, pubblicata
da Giovanni Paolo II nel 1988, l’evento ha voluto riflettere sulle figure della donna
e dell’uomo nella società moderna. Il servizio di Isabella Piro:
Innanzitutto,
un messaggio di speranza: è bello essere cristiani, perché Cristo svela l’uomo all’uomo
stesso. La riflessione conclusiva del cardinale Rylko è partita da questo punto fermo.
La comunione e lo scambio di idee messe in atto durante il convegno - ha aggiunto
- dicono molto della maturità già raggiunta dalla Chiesa nell’affrontare la questione
“donna”. Il merito di questa apertura antropologica va sicuramente alla “Mulieris
Dignitatem” che - ha sottolineato il cardinale Rylko - è stata un dono, ma ha anche
presentato al mondo una sfida: realizzare un progetto di vita entusiasmante come quello
dell’unidualità. Certamente, ha continuato il porporato, la realtà mostra la mancanza
di valori, la diffusione di identità fragili e confuse, una crisi antropologica che
coinvolge la dignità della persona. Problemi che il Convegno ha sottolineato, ma con
un spirito critico costruttivo:
“Il nostro è stato
confronto sereno con la realtà, un confronto nella verità. Un confronto critico, ma
senza demonizzare il mondo che ci circonda e tenendo in conto che, come cristiani,
siamo stati mandati dal nostro Maestro proprio in questo mondo ad annunciare la Buona
Novella della Redenzione”. Per questo, ha continuato il cardinale
Rylko, i cristiani devono seguire la propria vocazione, che è quella profetica di
annuncio del Vangelo:
“Dobbiamo avere il coraggio
di andare controcorrente, di diventare – se necessario – segno di contraddizione nel
mondo, testimoniando la bellezza di poter vivere come persone la nostra femminilità
e la nostra mascolinità in Cristo, che non toglie niente e dona tutto”. In
molti Paesi del mondo - ha detto il porporato - i cristiani sono una minoranza, ma
questo non deve spaventare: basti pensare che il lievito è una minoranza, ma fa fermentare
la pasta. Il vero problema, allora - ha ribadito il cardinale Rylko - è quello di
“diventare insignificanti, invisibili, spenti”. Per questo, è necessario creare sinergie,
coordinare ad esempio le attività parrocchiali, “mettere in rete” le proprie esperienze:
perché - ha concluso - “Cristo conta su ciascuno di noi”.
E
l’importanza per la cultura contemporanea di una rinnovata antropologia basata sul
rapporto uomo–donna, scritto nel disegno di Dio, l’ha indicata ieri il Papa ai partecipanti
al convegno per il XX anniversario della Lettera Apostolica “Mulieris Dignitatem”.
Benedetto XVI ha spiegato come oggi l’uomo e la donna pretendano di essere auto sufficienti
l’uno dall’altra. Quindi, ha parlato dell’esistenza, nell’odierna società, di correnti
politiche e culturali che tentano di offuscare, confondere ed eliminare le differenze
sessuali. Tali correnti secondo Antonio Livi, decano della Facoltà di Filosofia
alla Pontificia Università Lateranense, sono una forma di individualismo. Ascoltiamolo
nell’intervista di Paolo Ondarza: R.
– E’ una delle forme dell’individualismo che è caratteristico di una certa ideologia
che nasce dall’illuminismo ed esplode, poi, nell’Ottocento. Individualismo significa
non vedere né la natura umana, né la società e tanto meno Dio Creatore; significa
anche non vedere un ordine morale, ma soltanto l’individuo come generatore all’infinito
di diritti.
D. – Cosa comporta questo pensiero a
livello sociale?
R. – Comporta il fatto di non avere
altro diritto nella società che il diritto positivo, ossia le leggi che si fanno a
forza di maggioranza e la maggioranza, quasi sempre, è determinata dagli “opinion
leaders”, da coloro cioè che guidano l’opinione delle masse, invece di avere come
punto di riferimento i valori della legge di natura, ai quali si deve inspirare una
Costituzione e, di conseguenza, tutte le leggi positive. Pertanto, è importantissimo
che da un punto di vista filosofico non si perda la nozione di natura.
D.
– Perché da un punto di vista razionale, potremmo dire laico, è un fondamento la differenza
uomo-donna?
R. – Tutti noi conosciamo la famiglia,
perché siamo figli, e sappiamo quanto i figli abbiano bisogno di avere un padre ed
una madre; hanno bisogno di vedere quindi nel sesso, soprattutto, il valore unitivo
e procreativo, messi insieme e non scissi uno dall’altro. Queste cose sono la ragione
umana che vede nell’esperienza l’ordine naturale. Noi conosciamo anche i pessimi effetti
nella società quando l’ordine naturale viene mutato dalla violenza, dalle istituzioni,
dalle leggi; quando i genitori scompaiono o non si sa neppure chi siano. Ma sappiamo
anche cosa succede con i figli in provetta o con i figli adottati da una coppia omosessuale.
Tutte queste cose non sono astruse opinioni a priori, ma sono esperienza in cui si
vede che l’ordine delle cose è quello.
D. – Lei
è a contatto ogni giorno con i giovani all’Università. Quanto risentono di questa
confusione culturale?
R. – Tantissimo, a meno che
non abbiano alle spalle una buona famiglia.
D. –
Come rinnovare la ricerca antropologica?
R. – Le
scienze umane contemporanee arricchiscono tantissimo di dati che vanno, però, interpretati.
L’interpretazione è quella metafisica: sapere che ogni persona è figlio di Dio ed
ha lo stesso titolo di chiunque altro. Dall’uguaglianza delle persone si discende
a ciò che ogni persona ha come diritti e dovere, come vocazione e caratteristiche.
D. – Benedetto XVI ha ricordato quei luoghi e quelle
culture dove persiste ancora una mentalità maschilista…
R.
– Ogni persona, da sempre ed eternamente, è pensata da Dio con affetto, con amore
e con una vocazione, con un programma, con una destinazione di felicità.
D.
– Anche per questo è impossibile giustificare una disparità uomo-donna o addirittura
la violenza sulle donne?
R. – Il cristianesimo ha
emancipato la donna, così come il cristianesimo ha rivalutato il bambino. Chi fa storia
della pedagogia sa che nel cristianesimo il bambino è stato considerato persona degna
di cura e di rispetto, tanto quanto un altro. Così come la rivalutazione degli umili,
dei poveri: il cristianesimo è venuto ad emancipare tutti. Un’altra esperienza che
abbiamo è legata alle novità positive date dalle donne nel campo dell’insegnamento,
della politica, della magistratura. Ho conosciuto magistrati e giudici donne del tribunale
minorile che hanno fatto un lavoro splendido. Hanno lavorato più loro di tutti i loro
colleghi maschi: questo significa che aprire alle donne ogni possibilità professionale
rappresenta non soltanto un atto di giustizia, ma significa promuovere il bene comune.