2008-02-10 15:28:18

Accanto ai bisognosi e ai poveri di Roma: la realtà dell’Ostello Caritas, raccontata dalla sua responsabile Roberta Molina


Un punto di riferimento per i più bisognosi, una risposta di solidarietà: l’Ostello Caritas di Roma è soprattutto questo. Nata nel 1987, la struttura di via Marsala, a pochi metri dalla stazione Termini, ha ospitato in questi anni oltre 27 mila persone. “Un segno”, ha detto don Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma, “che allora fu profetico” e che, ai nostri giorni, “continua ad essere un impegno contro il disagio urbano di tante persone”. Per ripercorrere questi 20 anni di presenza accanto ai più deboli, Alessandro Gisotti ha intervistato la responsabile dell’Ostello, Roberta Molina:RealAudioMP3


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R. - Io cedo che sia stata la grande idea di monsignor Di Liegro, allora direttore della Caritas: quella di dare un luogo non solo dove poter ospitare e far mangiare tante persone che in quel periodo sostavano intorno alla stazione Termin. Io credo che don Luigi volesse ancora una cosa in più da quel centro: che fosse un osservatorio delle povertà, cioè che si capisse qual era la causa di tanta emarginazione, di tanta povertà nelle strade di Roma. Ci ripeteva sempre di non stancarci di capire dove andava, dove si spostava e verso quale direzione andava la povertà; ancora oggi è uno degli obiettivi principali dell’ostello di Via Marsala, tra l’altro intitolato a lui.

 
D. – Qual è il clima che si respira all’ostello tra le persone che vengono accolte e tra coloro che invece le accolgono?

 
R. – Credo che tra le persone che vengono accolte, l’ostello rappresenti un momento in cui potersi riposare, ma riposare anche in termini psicologici, mentali; è un momento in cui poter fare un bilancio della propria vita, un momento anche dove poter ricominciare o semplicemente stare, senza chiedere nulla. Per noi è un gran privilegio stare accanto a queste persone, starci da tanto tempo, da poco tempo. E' comunque un momento in cui si cambia la propria vita, cioè l’impressione della vita: l’idea della vita cambia radicalmente, si danno diverse priorità. Il contatto con queste persone ci ha cambiato e ci continua a cambiare profondamente.

 
D. – In questi lunghi anni di esperienza all’ostello che in sé, appunto, come ci racconta, rappresenta un simbolo vivente della carità cristiana, c’è un evento, una storia che in qualche modo può riassumere tutti questi anni?

 
R. – Sì, una è veramente dentro di me: mi ha dato sempre l’idea di non dovermi arrendere di fronte a quelle situazioni che si credono impossibili. Era il caso di una signora che sostava in città; veniva sempre segnalata al nostro ostello per poter fare qualcosa per lei e all’inizio non capivamo neanche se fosse uomo o donna. Ce l’abbiamo messa tutta, sono passati 3 anni ma siamo riusciti poi a portarla via dalla strada, a portarla da noi in ostello: è rimasta da noi in ostello e poi è stata inserita in una casa dia accoglienza. Credo che questo sia il segno che per queste persone c’è sempre da fare, c’è sempre una speranza se si vuole. E non è vero che c’è una scelta di vita da parte loro di stare in strada.

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