L'arcivescovo di Cuttack, nello Stato indiano di Orissa, Rapaehl Cheenat, sottolinea
le difficoltà nel garantire la libertà religiosa
Gli eventi di un mese fa nello Stato indiano di Orissa, dove sono state attaccate
chiese e scuole provocando la morte di almeno 6 persone, dimostrano che l’India, “la
più grande democrazia del mondo”, è ancora lontana dall’ideale di convivenza e dialogo
che pensò, e per il quale si batté, Gandhi, del quale si ricordano i sessant'anni
della morte. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Sessanta
anni dopo l’uccisione di Gandhi, che si è prodigato per far attecchire in India il
seme della convivenza pacifica, il diritto alla libertà religiosa continua ad essere
deturpato da gravi episodi di violenza. Nello Stato di Orissa, in particolare, centinaia
di famiglie cristiane sono ancora senza tetto. In molte zone, vige il coprifuoco notturno
e la comunità cattolica vive nella paura. Ma perché il prezioso patrimonio di Gandhi,
fondato anche sul diritto alla libertà religiosa, oggi in India non riesce ad inserirsi
sempre e ovunque in una cornice di rispetto e solidarietà? Risponde mons. Rapaehl
Cheenat, arcivescovo di Cuttack-Bhubaeswar, nello Stato di Orissa:
R.
- Other religions like buddhist... Le altre religioni, come il buddismo
e l’islam, sono poco diffuse in India. La maggior parte della gente è, dunque, di
religione indù e appartiene alle caste più alte. Questo sistema qui è molto radicato
e, perciò, non è ben vista la nascita e lo sviluppo sociale al di fuori dalle caste
come anche la promozione dei diritti civili, a favore dei cosiddetti intoccabili e
dei fuori casta.Questa è una delle cause principali di conflitto. Induismo
e cristianesimo sono in contrasto su questo, ma la conversione al cristianesimo è
minima, e in Orissa solo l’un per cento è cristiano.
Nello stato di
Orissa, la popolazione è la più povera dell’India e sono forti le discriminazioni
legate all’appartenenza o all’esclusione dal sistema delle caste. Cresce poi il nazionalismo
e i cristiani, in particolare, vengono accusati di essere estranei alla cultura indiana.
Ancora l’arcivescovo di Cuttack:
R. - The Hindus were very tolerant…
Gli indù erano persone molto tolleranti fino a 30 anni fa. Erano molto
pacifici. Ora, però, ci sono questi gruppi fondamentalisti che vogliono creare una
nazione indù, un’India integralmente indù. Sono piccoli gruppi molto potenti, molto
ben organizzati, che hanno introdotto questa sorta di campagna dell’odio. I cristiani
sono accusati di essere nemici della nazione e per questo vogliono impedire al cristianesimo
di diffondersi in India. Quindi, alimentano un clima di tensione.
Secondo
diversi osservatori, le violenze nello Stato di Orissa si possono leggere anche come
una risposta, da parte di gruppi fondamentalisti, al sostegno della Chiesa alla campagna
per il riconoscimento di pari diritti civili ai dalit, i cosiddetti fuori casta.
Mons. Rapaehl Cheenat:
R. - We are working among them... Stiamo
lavorando in mezzo a loro, perchè per molti secoli non c’è stato sviluppo e nessun
aiuto da parte del governo o dalle caste più alte. Vivevano come schiavi. Quindi,
i missionari, naturalmente, si sono impegnato per lo sviluppo di queste persone. Queste
persone hanno risposto al messaggio del Vangelo, nel momento in cui sono stati avvicinati
dai sacerdoti. Hanno amato il cristianesimo perché è apparso loro come un qualcosa
che è venuto a salvarli, a proteggerli, ad aiutarli a crescere e svilupparsi nel loro
Paese. Quindi, hanno deciso di convertirsi al cristianesimo e quando questo è diventato
evidente, alcuni indù hanno pensato fosse una sfida alla loro posizione predominante
nel Paese.
In questo quadro, non mancano comunque segni di speranza:
nonostante le difficoltà, nella zona di Cuttack sono aumentate le vocazioni.