2008-01-29 15:14:34

Un libro ricorda Karel Weirich, giornalista che aiutò centinaia di cecoslovacchi ebrei internati in Italia


Si intitola “Un giusto ritrovato” il libro che racconta la vita e la vicenda di Karel Weirich, giornalista antifascista ceco che compilò diverse liste con centinaia di nomi di cittadini cecoslovacchi ebrei internati in Italia riuscendo a salvare molti di loro. Il libro - ricorda “L’Osservatore Romano” - è stato scritto da Alberto Tronchin e ricostruisce l’opera umanitaria di Weirich attraverso l’archivio personale che egli stesso riuscì a mettere in salvo prima dell’arresto da parte dei nazisti. Figlio di un artista ceco, Karel Weirich nacque a Roma il 2 luglio 1906. Nel 1925 venne assunto come segretario presso la direzione nazionale della Pontificia opera di San Paolo apostolo. Nel 1935 una delle maggiori agenzie di stampa cecoslovacche, CTK, gli propose la corrispondenza da Roma. Dopo l’invasione nazista in Cecoslovacchia non accettò di giurare fedeltà a Hitler, venendo licenziato dall’agenzia nel novembre del 1941. “Fino ad allora – sottolinea il quotidiano della Santa Sede – ricevette da colleghi antinazisti di Praga notizie su quanto stava accadendo nel protettorato di Boemia-Moravia, traducendole in italiano per Papa Pio XII”. Dopo l’ordine di arresto di tutti gli ebrei, nel giugno 1940, Weirich decise insieme con alcuni connazionali di fondare un'associazione dedita all'assistenza dei profughi cecoslovacchi: l’Opera di San Venceslao, dedicata al re e santo patrono ceco. L’Opera aiutò sia quanti si trovavano internati nei campi di concentramento, sia quelli che vivevano nella clandestinità, molti dei quali nascosti in conventi e monasteri “aperti” per volontà del Papa. Nel periodo dell'occupazione tedesca, Weirich fu anche il principale riferimento della resistenza cecoslovacca in Italia. Per questo, venne arrestato il 1° aprile 1944 dalla Gestapo e condannato a morte da un tribunale militare tedesco. Grazie all’intervento della Santa Sede, la pena capitale venne commutata in diciotto mesi di lavori forzati da scontare nel campo di concentramento di Kolbermoor. Rimase nel campo fino al 2 maggio 1945, giorno della liberazione da parte delle truppe statunitensi. Una volta libero, Weirich tornò a Praga. Come molti altri eroi che salvarono la vita a centinaia di persone – ricorda l’agenzia Zenit - anche Weirich "non diede mai molta importanza a quanto aveva compiuto, limitandosi a dire che aveva agito così perché andava fatto". (A.L.)







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