Un libro ricorda Karel Weirich, giornalista che aiutò centinaia di cecoslovacchi ebrei
internati in Italia
Si intitola “Un giusto ritrovato” il libro che racconta la vita e la vicenda di Karel
Weirich, giornalista antifascista ceco che compilò diverse liste con centinaia di
nomi di cittadini cecoslovacchi ebrei internati in Italia riuscendo a salvare molti
di loro. Il libro - ricorda “L’Osservatore Romano” - è stato scritto da Alberto Tronchin
e ricostruisce l’opera umanitaria di Weirich attraverso l’archivio personale che egli
stesso riuscì a mettere in salvo prima dell’arresto da parte dei nazisti. Figlio di
un artista ceco, Karel Weirich nacque a Roma il 2 luglio 1906. Nel 1925 venne assunto
come segretario presso la direzione nazionale della Pontificia opera di San Paolo
apostolo. Nel 1935 una delle maggiori agenzie di stampa cecoslovacche, CTK, gli propose
la corrispondenza da Roma. Dopo l’invasione nazista in Cecoslovacchia non accettò
di giurare fedeltà a Hitler, venendo licenziato dall’agenzia nel novembre del 1941.
“Fino ad allora – sottolinea il quotidiano della Santa Sede – ricevette da colleghi
antinazisti di Praga notizie su quanto stava accadendo nel protettorato di Boemia-Moravia,
traducendole in italiano per Papa Pio XII”. Dopo l’ordine di arresto di tutti gli
ebrei, nel giugno 1940, Weirich decise insieme con alcuni connazionali di fondare
un'associazione dedita all'assistenza dei profughi cecoslovacchi: l’Opera di San Venceslao,
dedicata al re e santo patrono ceco. L’Opera aiutò sia quanti si trovavano internati
nei campi di concentramento, sia quelli che vivevano nella clandestinità, molti dei
quali nascosti in conventi e monasteri “aperti” per volontà del Papa. Nel periodo
dell'occupazione tedesca, Weirich fu anche il principale riferimento della resistenza
cecoslovacca in Italia. Per questo, venne arrestato il 1° aprile 1944 dalla Gestapo
e condannato a morte da un tribunale militare tedesco. Grazie all’intervento della
Santa Sede, la pena capitale venne commutata in diciotto mesi di lavori forzati da
scontare nel campo di concentramento di Kolbermoor. Rimase nel campo fino al 2 maggio
1945, giorno della liberazione da parte delle truppe statunitensi. Una volta libero,
Weirich tornò a Praga. Come molti altri eroi che salvarono la vita a centinaia di
persone – ricorda l’agenzia Zenit - anche Weirich "non diede mai molta importanza
a quanto aveva compiuto, limitandosi a dire che aveva agito così perché andava fatto".
(A.L.)