Centinaia di famiglie sono ancora senza tetto nello Stato orientale di Orissa, oltre
un mese dopo le violenze dei fondamentalisti indù che hanno devastato e incendiato
chiese, abitazioni e negozi dei cristiani. In molte zone del distretto di Kandhamal
- riferisce l'Agenzia AsiaNews - vige ancora il coprifuoco notturno, con divieto di
accesso per i giornalisti. Il tardivo e insufficiente intervento delle autorità suscita
gravi interrogativi sulle responsabilità e la volontà di impedire le violenze. Secondo
testimoni, la scintilla è scoppiata il 24 dicembre scorso nel villaggio Bamunigam,
nel distretto di Kandhamal, dove oltre 200 estremisti hanno aggredito un gruppo di
cristiani che protestavano a ragione per un’insegna che avevano posto con il permesso
delle autorità, levata con la forza dai fondamentalisti. Il 25 dicembre il gruppo
di estremisti, tornati all’attacco, hanno distrutto le chiese della zona di Bamunigam.
Nei giorni seguenti gli aggressori hanno continuato a incendiare case e proprietà
dei cristiani. Secondo testimoni, seppur presente, la polizia non è mai intervenuta.
Le violenze sono continuate nei giorni successivi e ancora nei primi giorni del 2008,
con minacce, aggressioni e devastazioni. Ed ora, a distanza di oltre un mese, "la
situazione per i cristiani locali è molto difficile e delicata" racconta all'Agenzia
Fides Mons. Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar nello Stato di Orissa. "La
comunità cattolica della diocesi è ancora traumatizzata e vive nella paura" afferma
il presule. "Fino ad oggi, dopo le violenze di fine dicembre, nè alla Caritas nè ad
altre organizzazioni non governative - denuncia Mons. Cheenath - è stato consentito
di accedere ai luoghi colpiti, per osservare, documentare, ascoltare testimonianze,
assistere i profughi che hanno avuto le case ed i beni distrutti. La popolazione cristiana,
dunque, sta soffrendo anche la mancanza di assistenza umanitaria e si sente abbandonata".
L'arcivescovo sottolinea che "la maggioranza degli indù ci ha mostrato simpatia e
solidarietà e non approva questa violenza e distruzione". Mons. Cheenath ribadisce
infine le richieste inoltrate al governo: "Vogliamo pace, sicurezza, libertà, uguale
trattamento rispetto a tutti gli altri cittadini". (C.C.)