2008-01-28 15:12:00

La miseria dei "Bambini di strada" di molte parti del mondo nelle fotografie di Mauro Sioli esposte a Roma


Bambini nelle fogne che sniffano colla e che giocano a fare i grandi. Sono solo alcune immagini raccolte nella mostra: “Bambini di strada” in allestimento a Roma fino al 3 febbraio al Museo dei bambini. Pose scattate, nel corso degli anni e in diversi Paesi del mondo, dal fotoreporter Mauro Sioli nelle quali si getta una luce sull’infanzia negata. Il servizio di Benedetta Capelli: RealAudioMP3


I rumori della strada come sottofondo ideale per raccontare chi sulla strada vive. Nel museo dei bambini di Roma si assiste ad un’inattesa armonia tra le foto appese sulle pareti dell’ex rimessa degli autobus e la via Flaminia con gli inevitabili echi della quotidianità. Immagini, frutto di un reportage fotografico, che ritraggono la realtà dei bambini costretti a rovistare tra i rifiuti per mangiare e ad accontentarsi delle fogne per dormire. Un’esperienza, quella di Mauro Sioli, iniziata nel 1999 in Moldavia, proseguita in Messico, Colombia, Nicaragua, Romania, Kenya e Bangladesh. Ma qual è l’approccio usato con i bambini affinché una foto non risulti né un’invadenza né una forzatura. Mauro Sioli racconta la sua prima esperienza in Moldavia:

 
"E’ stato un feeling mediato a livello umano. Gli ho detto: 'Ragazzi, faccio il fotografo e voglio raccontare la vostra giornata, andiamo a mangiare'. Riempivo i tavoli dei ristoranti moldavi e vi assicuro che era un piacere vederli mangiare ed erano felici. Una grande difficoltà l’ho incontrata in Kenya, dove anche il bambino che vive in strada, il ragazzo, ha un’aggressività probabilmente mutuata dalle condizioni di vita, per cui a lui non importa nulla se fai il fotografo e ti interessa quella realtà".

Un’infanzia negata dalla povertà e dalla miseria. Ma dove cercare le responsabilità di un bambino che è in strada? Secondo Sioli, sono proprio le difficili condizioni in cui vivono che spingono numerosi minori a lasciare il loro contesto familiare, solitamente caratterizzato dalla violenza:

"Questi bambini non è che vengano abbandonati, ma sono loro stessi ad andarsene; sono loro che scelgono di uscire da una realtà forte, violenta. Se ne vanno perché pensano che, nel giardino o nella piazza dove andranno a vivere, possono trovare altri come loro, che hanno vissuto queste esperienze e dunque per loro è più facile".

Eppure nulla è perduto: lo si vede dalle stesse foto. Dietro la pelle sporca e gli stenti in cui vivono, i bambini restano comunque dei bambini con il sorriso, certo più amaro, con le pose da uomini forti e con un’inattesa solidarietà tra di loro. Ne è convinto lo stesso fotoreporter:

 
"Questi sono bimbi che se tu riesci a relazionare tra loro ti seguono: non sono dei bulli di strada, nonostante alcuni vadano a commettere reati; sono bambini ipersensibili. Questa, secondo me, è la cosa drammatica".

 
Ipersensibilità che si avverte nei loro sguardi nei quali ancora è possibile percepire un guizzo di vitalità, segno di speranza per il futuro.







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