"Non esiste un ecumenismo genuino che non affondi le sue radici nella preghiera":
così il Papa durante i Secondi Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura
“Non esiste un ecumenismo genuino che non affondi le sue radici nella preghiera”:
così Benedetto XVI, durante i Secondi Vespri presieduti ieri pomeriggio nella Basilica
di San Paolo fuori le Mura, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani. Al centro dell’omelia, anche il ricordo dell’Apostolo Paolo, “scelto
da Dio per essere il suo testimone davanti a tutti gli uomini” e di cui proprio ieri
ricorreva la Festa della Conversione. Tra i presenti, il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e
il dott. Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese di
Ginevra. Il servizio di Isabella Piro:
(canto)
Tre
lunghi applausi hanno scandito l’ingresso di Benedetto XVI nella Basilica di San Paolo
fuori le Mura, affollata di fedeli e illuminata dall’oro dei mosaici. Di Saulo di
Tarso, il Papa ha ricordato la “completa trasformazione, una vera e propria conversione
spirituale” che lo ha reso in un istante “cieco brancolante nel buio, ma con nel cuore
una grande luce” che lo avrebbe portato ad essere un ardente apostolo del Vangelo.
San Paolo, però, ha aggiunto il Santo Padre, era consapevole che solo la grazia divina
aveva potuto realizzare una simile conversione. Un insegnamento che ancora oggi assume
un significato del tutto particolare:
“A conclusione della Settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani, siamo ancor più coscienti di quanto l’opera
della ricomposizione dell’unità, che richiede ogni nostra energia e sforzo, sia comunque
infinitamente superiore alle nostre possibilità. L’unità con Dio e con i nostri fratelli
e sorelle è un dono che viene dall’Alto, che scaturisce dalla comunione d’amore tra
Padre, Figlio e Spirito Santo e che in essa si accresce e si perfeziona. Non è in
nostro potere decidere quando o come questa unità si realizzerà pienamente. Solo Dio
potrà farlo! Come San Paolo, anche noi riponiamo la nostra speranza e fiducia nella
grazia di Dio che è con noi”. Ed attuale
è anche, ha continuato Benedetto XVI, l’invito rivolto da San Paolo ai Tessalonicesi,
quel “Pregate continuamente” scelto come tema della Settimana di preghiera di quest’anno.
Cosa diventerebbe il movimento ecumenico, chiede infatti il Papa, senza la preghiera?
Dove troverebbe lo “slancio supplementare” di fede, carità e speranza? Di qui, l’esortazione
a desiderare costantemente l’unità dei cristiani:
“Il nostro desiderio
di unità non dovrebbe limitarsi ad occasioni sporadiche, ma divenire parte integrante
di tutta la nostra vita di preghiera. Sono stati uomini e donne formati nella Parola
di Dio e nella preghiera gli artigiani della riconciliazione e dell’unità in ogni
fase della storia. È il cammino della preghiera che ha aperto la strada al movimento
ecumenico, così come lo conosciamo oggi”. “Non
esiste un ecumenismo genuino che non affondi le sue radici nella preghiera”, ha continuato
il Santo Padre che è poi tornato con la memoria alle figure-simbolo della Settimana
di preghiera, come Papa Leone XIII che già nel 1895 raccomandava l’introduzione di
una novena di preghiera per l’unità dei cristiani, o ancora padre Paul Wattson che
cent’anni fa ideò l’Ottavario per l’unità della Chiesa. Un appuntamento ripreso e
attualizzato poi nel XX sec. dall’Abbé Paul Couturier di Lione:
“Rendiamo
grazie a Dio per il grande movimento di preghiera che, da cento anni, accompagna e
sostiene i credenti in Cristo nella loro ricerca di unità. La barca dell’ecumenismo
non sarebbe mai uscita dal porto se non fosse stata mossa da quest’ampia corrente
di preghiera e spinta dal soffio dello Spirito Santo”. La
conversione, la croce e la preghiera: sono questi i tre elementi, ha proseguito Benedetto
XVI citando Giovanni Paolo II, su cui si costruisce la ricerca dell’unità. Elementi
che fondarono anche la vita e la testimonianza di Suor Maria Gabriella dell’Unità,
religiosa trappista beatificata da Papa Wojtyla il 25 gennaio 1983 e che “non esitò
a dedicare la sua giovane esistenza a questa grande causa”:
“L’ecumenismo
ha un forte bisogno, oggi come ieri, del grande 'monastero invisibile' di cui parlava
l’Abbé Paul Couturier, di quella vasta comunità di cristiani di tutte le tradizioni
che, senza clamore, pregano ed offrono la loro vita affinché si realizzi l’unità”.
Il Santo Padre ha infine ricordato,
per il prossimo 28 giugno, l’apertura dell’Anno Paolino, dedicato all’apostolo di
Tarso e al suo “instancabile fervore nel costruire il Corpo di Cristo nell’unità”.