Alla Chiesa in Africa è dedicata l’intenzione missionaria del Papa per il mese di
gennaio. Benedetto XVI prega e chiede di pregare perché la Chiesa che si prepara a
celebrare, nell’ottobre 2009, il secondo Sinodo per l’Africa, “continui ad essere
segno e strumento di riconciliazione e di giustizia in un continente ancora segnato
da guerre, sfruttamento e povertà”. Nell'intervista di Fausta Speranza, a ricordare
innanzitutto le aree di maggiore crisi ma anche le potenzialità è Enrico Casale
di "Popoli", mensile internazionale di cultura e informazione missionaria della Compagnia
di Gesù:
R. –
La forte crisi del Darfur, dove si scontrano le popolazioni di origine araba ed i
nomadi con le popolazioni stanziali di origine africana; la Somalia, che sono quasi
17 anni che è senza un governo; e, la situazione dell’est della Repubblica Democratica
del Congo, una regione ricchissima, che è straziata da una guerra da parecchi anni.
Queste sono le tre crisi – a mio parere – maggiori e alle quali si sono poi aggiunte
nel tempo crisi minori, come la recente crisi del Kenya, della Costa d’Avorio, che
pur essendo minori causano vittime e sofferenze. D. - Come
la Chiesa è, e può essere, in Africa al servizio di riconciliazione, giustizia e pace?
R. – Anzitutto attraverso la preghiera e poi attraverso
le opere e l’educazione per formare le classi dirigenti, ma anche e soprattutto per
formare le coscienze delle singole persone. Attraverso poi le opere materiali: la
Chiesa può infatti essere utile alla causa della giustizia anche attraverso un continuo
dialogo con le confessioni religiose cristiane – penso ai copti ortodossi, ma penso
anche alle confessioni protestanti – e laddove sia possibile con i rappresentanti
dell’Islam.
D. – Benedetto XVI parla di “grandissime
potenzialità dell’Africa”. Come riconoscerle tra tanta informazione che parla di conflitti
e povertà?
R. – Spesso sono state portate via le
ricchezze materiali dell’Africa, ma anche - soprattutto in passato e con un’opera
che continua tuttora – le è stata portata via la sua ricchezza culturale, perché la
globalizzazione ha spesso snaturato la cultura e la tradizione delle persone. Penso,
quindi, ad un recupero delle culture locali africane attraverso anche un processo
di inculturazione della fede cristiana e cattolica in particolare nelle singole culture
locali. Questo significa dare un fondamento religioso e, allo stesso tempo, permettere
un recupero delle radici profondo della cultura africana che, come diceva il Papa,
è fatta di profonda spiritualità, ma anche di profonda generosità.
Negli
Anni Novanta si parlava di “rinascimento” in Africa per l’avviarsi di forme istituzionali
più democratiche e liberali, rispetto al passato, come spiega il prof. Giampaolo
Calchi Novati, docente di storia moderna e contemporanea dell’Africa all’Università
di Pavia:
R. – In questo passaggio ebbe un certo ruolo
la Chiesa, perché in molti Paesi africani le conferenze nazionali, in questa transizione
tra regimi militari o civili autoritari a regimi pluralistici, furono presiedute dall’arcivescovo
o dal cardinale locale. Il 1994 fu un anno contraddittorio: da una parte, ci fu la
fine del sistema razzista in Sudafrica, ma, dall’altra, ci fu anche la tragedia del
Rwanda. Un segno che questa evoluzione degli anni Novanta aveva ancora molte contraddizioni
al suo interno. Da molte di queste guerre sono uscite nuove classi dirigenti e governi
che, senza essere democratici come spesso la retorica li ha definiti, credono nello
stato di diritto e soprattutto credono nella legalità come mezzo di sviluppo. Si può
dire che dagli anni Novanta in poi si siano affermati in molti Paesi africani dei
governi che sia pure all’interno di un sistema che li penalizza – perché l’Africa
resta la periferia del sistema e non riesce a partecipare attivamente alla globalizzazione
– credono nella internazionalizzazione dell'economia e della loro società e credono
anche nelle regole che sovrintendono al processo di integrazione e – come si dice
– di globalizzazione. Questo è l’aspetto più interessante. E’ stata elaborata una
nuova organizzazione a livello continentale, l’Unione Africana, che cerca di evitare
interferenze da parte della politica internazionale, perché la politica internazionale
spesso strumentalizza anche le crisi dell’Africa a fini che non hanno come obiettivo
la soluzione dei problemi africani. Pensiamo per esempio all’esportazione in Africa
della crisi del Medio Oriente, che ha soprattutto in Sudan e in Somalia i suoi teatri
operativi.