25 anni fa la Beatificazione di suor Gabriella Sagheddu: ha offerto la sua vita
per l’unità dei cristiani
25 anni fa, proprio a conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani,
Giovanni Paolo II proclamava Beata, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, suor
Maria Gabriella Sagheddu, monaca trappistina d’origine sarda. La religiosa era morta
venticinquenne, nel 1939 a Grottaferrata, nei pressi di Roma, dopo aver offerto la
sua vita al Signore per la causa dell’unità dei cristiani. Sulla sua figura ascoltiamo
suor Augusta Tescàri, monaca trappistina del Monastero di Vitorchiano, intervistata
da Giovanni Peduto: R.
– Era una giovane sarda di Dorgali che è entrata in Monastero a 21 anni, una monaca
come tutte le altre, soltanto che a causa di un episodio successo nella sua vita,
questa ragazza si è sentita spinta a offrire la sua vita per l’unità dei cristiani.
La sua badessa, una donna eccezionale, madre Pia Gullini, era appassionata alla causa
dell’unità e leggeva in comunità i dépliant che le venivano dall’abbé Couturier che
era suo amico: la ragazza sentendo questo appello dell’abbé Couturier alla preghiera
e al sacrificio per l’unità dei cristiani, ha chiesto alla badessa di poter offrire
la vita.
D. – La Sagheddu ha offerto tutta la sua
vita e le sue sofferenze per l’unità dei cristiani: vogliamo approfondire questo aspetto...
R.
– L’offerta indubbiamente è stata un’ispirazione dello Spirito Santo, perché non si
spiega diversamente in una ragazza ben formata, sì dell’Azione Cattolica, ma che non
aveva una grande esperienza della divisione dei cristiani. Senza dubbio, dunque, l’ispirazione
è venuta dallo Spirito Santo. La sua offerta è stata accettata con molta fatica, dopo
tante tergiversazioni da parte della badessa, che poi le ha detto: se si vuole offrire
alla volontà di Dio, io non le dico né di sì, né di no, ne parli con il cappellano.
Gabriella, dopo la sua offerta, non ha più detto niente, ma da quel momento non è
più stata bene.
D. – Quale messaggio ci lascia Gabriella
Sagheddu?
R. – Penso sia molto semplice: Gabriella
si era innamorata del Signore e ha cercato di imitarlo in tutto. Sia che viviamo,
sia che moriamo, siamo del Signore, dice San Paolo. Oggi che è proprio la festa della
Conversione di San Paolo, le parole che mi vengono in mente sono: vivere per me è
Cristo e morire un guadagno. Certo nessuno di noi è chiamato a offrire la propria
vita nel senso di accettare veramente una sofferenza volontaria, questo no, perché
questo è un dono che il Signore ha fatto a suor Maria Gabriella, però ognuno di noi
deve offrire la propria vita e la propria morte al Signore completamente.