La nota del nostro direttore dei programmi padre Andrea Koprowski sul Messaggio del
Papa per la Giornata delle comunicazioni sociali
I media giocano un ruolo sempre più importante nella vita della società contemporanea.
In politica (nelle campagne elettorali, specialmente negli USA, spesso si sente dire
che la presentazione del candidato da parte dei media si trasforma in voti molto più
che la sua personalità o il suo programma), nella formazione dell’immagine della Chiesa
(significative sono state le parole del nuovo preposito generale dei gesuiti, Adolfo
Nicolas, durante la prima omelia nella chiesa del Gesù a Roma quando ha detto: “In
questi giorni i mass media giocano con certe espressioni “il papa nero”,”il papa bianco”,
“potere”, “incontri”, “discussioni”, ma tutto in modo molto superficiale, senza toccare
la realtà. Nutrono tutti coloro che osannano la politica, non noi. Isaia ci dice che
soltanto il servizio piace al Signore. Conta soltanto il servizio. Servire la Chiesa,
servire il mondo, servire la gente, il Vangelo").
I mezzi di comunicazione
sociale giocano un ruolo sempre più importante anche nella formazione della mentalità,
del modo di pensare, plasmano la sensibilità personale. Sensibilità nei confronti
di se stessi, di altre persone, della dignità umana. Si parla del contrasto tra tempo
mediale e tempo biblico. Il tempo mediale è molto veloce, o meglio, può essere ”spostato”.
La scelta delle informazioni, il loro montaggio fa sì che nella consapevolezza di
chi riceve si confonda l’inizio e la fine, si perda la percezione del processo. Nella
mentalità di una generazione plasmata dai media, troppo spesso si offusca la causalità
degli avvenimenti, il fatto che una decisione comporti determinate conseguenze. Si
perde quindi il senso della responsabilità delle proprie decisioni.
Il
tempo biblico ha un ritmo ben diverso. Prende in considerazione le tappe e i processi
del divenire. E’ un tempo di semina, di morte del seme, un tempo di crescita, di mietitura,
di festa dei covoni raccolti. Un tempo di maturazione dell'amicizia e dell'amore,
di consapevolezza dei legami e della corresponsabilità.
L’epoca di Gutenberg
si distingueva molto dall’epoca dei mass media e di internet. Bisogna tenerlo presente
come parte della nostra realtà. Senza sbuffare, senza critiche, ma anche senza esporsi
passivamente al suo dominio.
Forse varrebbe la pena che gli ambienti giornalistici
e anche quelli pastorali si incontrassero in un tempo intermedio, compreso tra il
giorno della pubblicazione del Messaggio papale e la giornata dedicata ai media in
settembre, e partecipassero a diversi incontri. I giornalisti cattolici, o meglio
cristiani, i rappresentanti dei movimenti, le associazioni cattoliche, e anche i laici
impegnati nella vita delle comunità locali, tutti insieme per riflettere sulla “situazione
dell’uomo”, chiedendosi che cosa si può fare perché la gente smetta di avere paura
dell'Altro (e perciò non reagisca così spesso aggressivamente), per rafforzare il
clima di stima per l’Uomo e per la propria identità, in un mondo così complicato e
pieno di differenze, la cui immagine è plasmata dai media.
Agli ambienti
cristiani oso suggerire anche un tema più specifico: Comunicazione e Vangelo. L’evangelizzazione
è proprio comunicazione della Parola, comunicazione che tocca un determinato orizzonte
di vita, il modo di affrontarlo, di affrontare se stesso e gli altri uomini, di affrontare
la società in relazione al Signore e a quello che Lui ci ha detto in Gesù Cristo,
di Lui stesso, di noi, del mondo. Ciò è molto di più che una semplice trasmissione
di contenuto. Ci introduce sulla strada di “essere con Gesù”, sulla strada della salvezza.
Il tessuto culturale svolge in questo processo un ruolo importantissimo. Da sempre
la cultura cristiana, formata dal Vangelo, aveva intorno a sé degli elementi non cristiani,
pagani. A partire dall’Illuminismo, la cultura occidentale si è venuta distaccando
progressivamente dal cristianesimo. Un'immagine distorta della famiglia e del matrimonio,
il tentativo di marginalizzare la dimensione religiosa all’angolo del privato, il
relativismo nella vita pubblica e, negli ultimi anni, il tentativo di staccare i
diritti dell’individuo dagli interessi della comunità e della società, costituiscono
il contesto in cui si innesta la predicazione del Vangelo.
C’è bisogno
di riflettere sul linguaggio della comunicazione. Sul linguaggio che fa parte delle
forme di vita comunitaria. Sui movimenti, le associazioni cattoliche, il linguaggio
degli esercizi spirituali (ritiri sempre più popolari tra i giovani), dei pellegrinaggi,
sulla popolarità (più che turistica) dei santuari mariani in tutto il mondo. Il cristianesimo
è comunitario. Non è un'ideologia, non si lega con nessun partito, bensì con la società
civile. Favorisce i punti di contatto, trova un linguaggio comune in ciò che è buono
e ciò che rafforza la stima di se stessi, e quasi automaticamente è in opposizione
a tutto quello che fomenta l'egoismo e la chiusura in se stessi. Josef Ratzinger,
ancora cardinale, in un suo articolo su “Comunicazione e cultura” ha citato un gesuita
tedesco, Hugo Rahner (fratello di Karl): “Il rito del Battesimo contiene il rifiuto
dello spirito maligno, 'pompa del demonio', che nel contesto storico significava il
rifiuto del carattere pagano degli spettacoli circensi (nei quali i cristiani erano
dati in pasto alle bestie), che suscitavano violenza, crudeltà, umiliazione, fino
ad uccidere un uomo per divertire gli altri. Il rito del Battesimo ha un determinato
contenuto che riguarda l'orizzonte di vita e la cultura tipica del cristianesimo
e costituisce – se ce ne fosse bisogno – un segno di contraddizione." Non vediamo
in ciò un’analogia con la situazione di oggi e le sue forme di degenerazione culturale?
– si domandava l'allora cardinale Ratzinger.
Si potrebbero moltiplicare
i diversi aspetti degni di riflessione sull’incontro tra evangelizzazione e cultura,
sul linguaggio del messaggio mediale - tenendo conto che non si tratta di trasmissione
di idee, o di sola comunicazione intellettuale, bensì di un processo vitale per
la qualità di vita della società, anche in un mondo così pluralistico come il nostro,
nel quale i mezzi di comunicazione svolgono un ruolo così importante.