Convegno in Vaticano per celebrare i 25 anni del Codice di Diritto Canonico
Si tiene oggi e domani in Vaticano il Convegno di studio su “La legge canonica nella
vita della Chiesa. Indagine e prospettive, nel segno del recente Magistero Pontificio”.
Il Convegno è promosso dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi nel 25.mo
anniversario della promulgazione del Codice di Diritto Canonico. Giovanni Peduto
ha intervistato il dott. Alfonso Cauteruccio, membro del Pontificio Consiglio
per i testi legislativi, nonché segretario del Convegno e gli ha chiesto come sia
nato questo testo: R.
– Il testo è nato innanzitutto dalla volontà di Giovanni XXIII che, annunciando il
Concilio il 25 gennaio del ’59, annunciò anche che bisognava rivedere il Codice di
Diritto Canonico. Una commissione ha lavorato per venti anni, dal ’63 all’83, raccogliendo
tutte le indicazioni del Concilio. Sono venuti centinaia di consultori da tutto il
mondo che hanno approntato degli schemi e che sono stati mandati in consultazione
alle Conferenze episcopali, agli Episcopati, alle Università, insomma a tutte le realtà
ecclesiali più significative, e in base alle loro osservazioni sono stati poi approntati
i canoni così come li conosciamo oggi.
D. - E’ suscettibile
di ulteriori modifiche il testo? Quali sono i possibili cambiamenti?
R.
– Bisogna distinguere. Ci sono delle realtà ontologiche raccolte nel Codice che naturalmente
non sono passibili di modifiche, per esempio i sacramenti, che sono tali e rimangono
tali; però ci sono altre cose che seguono l’evoluzione dei tempi e quindi hanno bisogno
di essere riviste ogni tanto. Un possibile cambiamento nel Codice potrebbe essere
quello di regolare meglio la parte giuridica delle associazioni che svolgono attività
inerenti alla carità. Anche nell’enciclica del Papa sulla Carità è detto che forse
alcune cose vanno regolate un po’ meglio; questo è un esempio delle cose che si possono
migliorare.
D. - Il ruolo del Codice di Diritto Canonico
nell’ecumenismo …
R. – Innanzitutto quello di stabilire
delle regole, dare delle indicazioni a cui fedeli devono attenersi: per esempio la
‘Communicatio in Sacris’, e tutto quello che può essere condiviso con le altre realtà
ecclesiali.
D. - Ad alcuni può apparire arida e rigida
una tale legislazione mettendola a confronto con la libertà che si respira nel Vangelo
…
R. – Certamente. C’è sempre stata, soprattutto
negli anni postconciliari, la disputa tra Legge e Vangelo, cosa deve prevalere nella
Chiesa. E’ evidente che il Vangelo è la “Magna Charta” di ogni cristiano, questo è
indubbio. Il Codice di diritto canonico serve però a regolare anche la vita sociale
dei semplici fedeli, così come delle altre strutture della Chiesa, e si affianca al
Vangelo.
D. - Qual è lo scopo ultimo del Diritto
Canonico?
R. – Direi quello di organizzare e regolare
la vita sociale della Chiesa e di tutte le sue componenti, dalle più alte fino alle
realtà più piccole, come le diocesi e le parrocchie.
D.
- Cosa si augura per questo convegno?
R. – Mi auguro
che tutti comprendano questo: abbiamo tra gli iscritti tantissime donne, sono quasi
200, abbiamo tantissimi giovani: vorrei sfatare l’idea che il canonista è il vecchio
monsignore che studia libri in latino e che sta lì a redigere carte in latino. La
Chiesa si è trasformata tantissimo, è giovane, è viva; direi che la presenza di tutte
queste persone, siamo oltre 800 a questa ricorrenza del 25.mo del Codice, riflette
bene questa realtà così viva e vivace.