In libreria il volume "Mane nobiscum Domine", che raccoglie i canti liturgici di mons.
Liberto, direttore della Cappella musicale pontificia "Sistina"
La Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato un fascicolo dal titolo “Mane nobiscum
Domine” che continua la Collana “Litùrgica Poliphònia – I Canti della Cappella Musicale
Pontificia Sistina” iniziata da mons. Giuseppe Liberto nel 2004. Mons. Liberto
è il Maestro-direttore della Cappella Musicale Pontificia ‘Sistina’ dal 1997. Giovanni
Peduto gli ha chiesto di illustrare lo scopo di questa collana:
R. –
Lo scopo di questa collana è molto semplice. Parte da un’idea. Quando si ascoltano
per radio o televisione i canti della Cappella, arrivano subito molte telefonate ed
e-mail, che chiedono i canti nuovi che sono stati eseguiti. Quindi, mi è sorta l’idea
di aprire una collana: “Litùrgica Poliphònia”. Vogliono essere raccolte di tutti questi
canti nuovi, che ho composto per le celebrazioni del Sommo Pontefice.
D.
– In questo fascicolo sono riportati quattro mottetti. Il primo è dedicato a Benedetto
XVI. Ce ne vuole parlare?
R. – Il testo di questo
mottetto l’ho preso dal primo libro delle Confessioni di Sant’Agostino. “…
fecisti nos ad te (Domine), et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te”.
L’anno scorso abbiamo celebrato Sant’Agostino. Questo mottetto per la prima volta
è stato eseguito nella Chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia. E poi l’abbiamo
eseguito l’anno scorso nella Cappella Sistina per il secondo incontro con il Santo
Padre.
D. – Mons. Liberto, per lei cosa esprime il
canto liturgico?
R. – Innanzitutto, per me esprime
il mistero, il mistero posto nelle nostre mani. Il canto liturgico è in funzione non
di celebrare se stessi, di autocompiacersi, ma di celebrare il mistero. La celebrazione
del mistero ha quattro articolazioni. Il canto a servizio della Parola, quindi la
liturgia della Parola. Bisogna cantare la Parola di Dio, bisogna cantare i Salmi,
oppure una Parola di Dio rielaborata, però sostanziata di Parola di Dio, canti nuovi
sostanziati di Parola di Dio. E sono i Salmi che devono dirci come cantare la Parola
e che cosa cantare della Parola. Poi, musica e canto in rapporto ai riti, musica e
canto in rapporto a coloro che celebrano. Quindi, questa assemblea articolata nei
suoi vari ministeri. E lì il Gregoriano ci dà un esempio straordinario. Poi il rapporto
con l’anno liturgico. Questi sono i quattro pilastri che devono servire per poter
cantare il mistero nella bellezza.
D. – Nelle nostre
celebrazioni, che posto trova il canto liturgico?
R.
– E’ una domanda la cui risposta è difficile, perché si canta di tutto, purtroppo,
e non si prendono di mira quelle quattro proposte di cui ho parlato ora. Quando si
esce da quei quattro pilastri, allora si canta di tutto e si canta male. Ecco, allora,
è necessario riscoprire la bellezza a servizio del mistero.
D.
– Il salmista ci dice: ‘Cantate inni con arte’ ...
R.
– ‘Cantate inni con arte’: Agostino lo commenta molto bene. Canta con arte chi canta
Dio. Sant’Agostino stesso dice: ‘Cantat Deo, qui vivit Deo’, cioè sa cantare bene
Dio chi vive del mistero, chi vive di Dio”. E poi l’altra frase straordinaria: ‘Cantare
amantis est’, soltanto chi ama ha la capacità di poter cantare bene nelle celebrazioni.