I capi delle Chiese di Gerusalemme chiedono la fine all’assedio di Gaza
Nella Striscia di Gaza la popolazione è allo stremo per il blocco imposto dalle autorità
israeliane. I servizi di sicurezza egiziani hanno arrestato intanto, oltre, 500 persone
durante una manifestazione al Cairo in favore dei palestinesi della Striscia di Gaza.
Sono state abbattute, inoltre, varie sezioni del muro di confine con l’Egitto e migliaia
di palestinesi si sono riforniti di carburante e cibo prima di far ritorno nelle loro
case. I capi delle Chiese di Gerusalemme hanno lanciato un accorato appello chiedendo
di porre fine all’assedio della città palestinese. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
I patriarchi
e i capi delle Chiese di Gerusalemme chiedono alla comunità internazionale, al presidente
statunitense, George W. Bush, e al governo israeliano di "fermare in nome di Dio l’assedio
a Gaza", dove sono razionate acqua, elettricità e benzina. “Un milione e mezzo di
persone sono imprigionate e non hanno cibo e medicinali”: si tratta – scrivono i capi
religiosi – di una “punizione collettiva illegale, di un atto immorale che non può
essere più tollerato”. La comunità internazionale – aggiungono - deve agire subito
e le autorità israeliane devono assicurare forniture adeguate di generi alimentari
e combustibile. Fin quando i miliziani palestinesi lanceranno razzi verso lo Stato
ebraico - avvertono poi i leader religiosi - si incoraggerà “l’opinione pubblica,
non solo israeliana, a credere che ci sia una giustificazione all’assedio di Gaza”.
L’accorato appello dei capi delle Chiese di Gerusalemme segue quello della Caritas
che chiede la riapertura dei valichi e la revoca del blocco del traffico di merci,
imposto da giovedì dalle autorità israeliane alla Striscia di Gaza. Di fronte alle
crescenti pressioni internazionali, il governo israeliano ha comunque allentato il
blocco e martedì è arrivata nella regione palsetinese una limitata quantità di gasolio
destinata agli ospedali e ai servizi di emergenza. Ma la situazione resta critica:
dalla Striscia di Gaza, dove i soldati israeliani hanno ucciso un militante di Hamas,
prosegue il lancio di razzi da parte di estremisti palestinesi: nelle ultime ore più
di 20 missili Qassam sono stati sparati verso la città di Sderot e il Negev occidentale.
Migliaia di palestinesi sono entrati inoltre in Egitto attraverso il valico di Rafah,
dove nella notte sono state abbattute diverse sezioni del muro di confine. Dopo aver
fatto rifornimento di cibo, medicine e carburante, i palestinesi sono rientrati nella
Striscia di Gaza. Le forze di sicurezza egiziane, dispiegate lungo il confine, non
sono intervenute e sembra che l'ingresso dei palestinesi sia stato autorizzato dal
presidente egiziano Mubarak. L'esecutivo israeliano ha espresso infine il timore che
il passaggio di migliaia di cittadini dal territorio controllato dal gruppo radicale
Hamas in Egitto possa consentire anche la circolazione di armi e terroristi.
L'episodio
dell'ingresso in Egitto di migliaia palestinesi dimostra, dunque, l'estrema gravità
dell'emergenza umanitaria. Ma come si è giunti a questa situazione? Giancarlo La
Vella lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, giornalista esperto di Medio
Oriente:
R.
– E’ una situazione determinata dalla pressione che viene esercitata su questo confine
molto labile, che è visto come unica possibilità di contatto tra la Striscia di Gaza
e il mondo. Io non credo che questo aggravi ulteriormente la situazione, nel senso
che nel giro di qualche ora l’Egitto riprenderà il controllo di quel confine. Questo
conferma il fatto che la situazione politica a Gaza è insostenibile. Non si può continuare
ad andare avanti, facendo finta di mandare avanti una trattativa di pace fra Israele
ed i palestinesi e lasciando Gaza come una specie di buco nero.
D.
– E sta di fatto che c’è una popolazione ormai allo stremo. Come si può fare per far
arrivare aiuti in quella zona?
R. – C’è un’idea che
va montando un po’ in queste ore: il governo palestinese, guidato da al-Fayad, fedele
al presidente Abu Mazen, ha lanciato in queste ore una proposta perché le forze di
sicurezza fedeli ad Abu Mazen siano coinvolte, in prima persona, nella gestione del
confine fra Israele e la Striscia di Gaza. Si tratta di una proposta che nella Comunità
internazionale si guarda con una certa attenzione, perché si capisce che è insostenibile
la situazione attuale. Una situazione in cui Israele controlla completamente quel
confine senza rendere conto a nessuno ed usando di fatto come arma di ritorsione l’apertura
del confine tra Israele e la Striscia di Gaza.
D.
– Le azioni israeliane sono, comunque, motivate – a detta del governo dello Stato
ebraico – dagli attacchi continui degli estremisti palestinesi con i razzi kassam
…
R. – Certamente è così. Però il problema vero,
secondo me, è osservare come di fatto queste azioni non risolvono neanche il problema
del lancio dei missili kassam. Da quando questa nuova stretta sul confine è iniziata,
i lanci di razzi non sono diminuiti, ma sono aumentati.