Migliaia di fedeli ma anche tanti non credenti attesi domani al’Angelus in segno di
solidarietà col Papa: i commenti di mons. Mauro Parmeggiani e Salvatore Martinez
Un momento di preghiera da vivere con gioia assieme al Santo Padre, senza strumentalizzazioni.
Si prevede una Piazza San Pietro gremita di fedeli, ma anche di tanti non credenti,
domani, per l’Angelus di Benedetto XVI. Intanto, di ora in ora, crescono le adesioni
all’invito del cardinale vicario Camillo Ruini ad esprimere vicinanza a Benedetto
XVI, dopo l’annullamento della visita a “La Sapienza”. “Non sarà un comizio”, come
ha tenuto a ribadire il porporato, ma un “gesto d'affetto e di serenità, espressione
della gioia che proviamo nell’avere Benedetto XVI come nostro vescovo e nostro Papa”.
Al microfono di Alessandro Gisotti, il responsabile della pastorale giovanile
del Vicariato, mons. Mauro Parmeggiani, mette l’accento sul significato autentico
dell’Angelus di domani:
R. -
Noi vogliamo soltanto unirci a lui nella preghiera: non è una manifestazione politica,
non deve essere strumentalizzata per nessun fine politico. E’ l’Angelus, quindi è
una preghiera mariana alla quale partecipiamo per testimoniare la nostra vicinanza
al Successore di Pietro, logicamente senza rivendicare nulla contro nessuno, senza
manifestare contro qualcuno ma a favore del Papa, a favore della sua parola, del suo
esempio, della sua missione.
D. - Tantissimi giovani
pregheranno domani all’Angelus in una dimensione di festa, in un momento di gioia,
di serenità: la risposta migliore all’intolleranza manifestata nei giorni scorsi a
“La Sapienza”?
R. - Io direi proprio di sì: i giovani
sono positivi e non dobbiamo credere che siano tutti come quei pochi giovani - e neanche
tanto giovani, direi, perché guardando le immagini l’altro giorno, vedevo che in mezzo
alla folla c’erano anche dei giovani abbastanza cresciuti, abbastanza "fuori corso",
a mio avviso. I giovani non sono così, i giovani anzi apprezzano l’insegnamento del
Papa che sa andare al cuore dei problemi e quindi è molto ascoltato dai giovani. Per
cui, credo che i giovani partecipino per questo, perché sono rispettosi e perché appunto
ammirano il Santo Padre.
D. - Per sintetizzare, dunque,
l’invito è ad andare domani a Piazza San Pietro con il Rosario in mano e non certo
con bandiere di partito…
R. - I credenti, con i Rosari;
chi non è credente, ugualmente è invitato ad un momento di preghiera: la preghiera
dell’Angelus sono tre Ave Maria intercalate dal ricordo del Verbo che si è fatto carne,
quindi Dio stesso che in Cristo è entrato nella storia dell’umanità. Quindi, vogliamo
essere presenti a questa preghiera di grandissimo significato ma non certo per manifestare
contro qualcuno, per fare polemiche, ma deve essere una manifestazione gioiosa, serena,
di affetto. In questi giorni, tanta gente che non sa neanche il ruolo che svolgo,
ma solo perché mi vedevano vestito da prete, mi ha avvicinato per dire: “No, al Papa
queste cose non si fanno”. Mi ha stupito sentire anche tante persone, in genere tiepide
verso la Chiesa, che si sono sentite ferite, ferite nella loro "romanità", che avvertono
profondamente il fatto di appartenere a Roma e all’Italia dove la cultura è profondamente
cristiana.
Tra i primi ad aderire con entusiasmo all’invito del cardinale
Ruini, sono stati i movimenti ecclesiali e le parrocchie della diocesi di Roma. Al
microfono di Alessandro Gisotti, il presidente di “Rinnovamento nello Spirito”,
Salvatore Martinez spiega l’importanza dell’essere domani in Piazza San Pietro
per ascoltare Benedetto XVI:
R. -
Un gesto filiale, un gesto d’amore verso un padre ed è anche un gesto di fraternità
condivisa con quanti, e sono tanti - direi la stragrande maggioranza degli italiani
- riconosce laicamente il desiderio di ascoltare una guida illuminata. Un uomo, Benedetto
XVI che ha speso la sua vita per rendere la sapienza divina, la ragione umana, amica,
amica vera degli uomini. Io ritengo che in un tempo che rigetta sempre più violentemente
ogni forma di autorità, di paternità costituita, il Papa si erge ancora nel mondo
come uno dei pochi riferimenti morali e spirituali certi e andiamo quindi numerosi
in piazza per pregare con il Papa. Questa è la forma con la quale i cristiani sanno
strare in comunione tra di loro e in comunione con il cielo.
D.
– Da questa vicenda, sicuramente triste, dell'Università "La Sapienza", può nascere
però una possibilità di dialogo fecondo tra i cattolici e i laici, gli autenticamente
laici?
R. – Noi vogliamo riaffermare la laicità piena
che è nella nostra fede, la laicità piena, umanizzante dei cattolici. La Chiesa ha
promosso la vera laicità che include ogni differenza, che promuove lo sviluppo, la
ricerca. Pertanto, io direi che proprio quando i cristiani sono visibilmente rifiutati,
oltraggiati, non perdono la misura della loro fede, la misura della loro testimonianza,
in fondo il martirio è sempre stato e rimane il sale della vita cristiana. Per questo
noi ribadiamo, domenica, una responsabilità nei confronti del nostro Paese; è facile
protestare mentre è molto più difficile proporre, costruire. E noi possiamo essere,
dobbiamo essere per il nostro Paese questi “costruttori della civiltà dell’amore”,
questi testimoni della cultura della Pentecoste. Benedetto XVI ci ha invitato a sperare
e diceva che chi spera, nella sua Enciclica, è portatore di uno stile di vita nuova
ed è in fondo questo, la gioia, la serenità, il desiderio di pace, di dialogo che
i cristiani hanno sempre testimoniato.