Migliaia di giovani si preparano a pregare col Papa domenica in San Pietro per l'Angelus,
in segno di affetto e solidarietà dopo la vicenda della Sapienza
Una mobilitazione di solidarietà e di affetto nei riguardi di Benedetto XVI, con una
finalità spirituale e non certo politica o di protesta, come alcuni media hanno provato
a definirla. E’ l’appuntamento che migliaia di giovani stanno dandosi per domenica
prossima in Piazza San Pietro, per salutare il Papa all’Angelus. Dietro il passa-parola
di queste ore c’è l’invito esplicito fatto ai ragazzi dal cardinale vicario, Camillo
Ruini, all’indomani delle contestazioni che hanno indotto il Pontefice a soprassedere
alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università romana “La Sapienza”,
svoltasi ieri. A coonfermare il fermento giovanile in vista di domenica è Savino
Pezzotta, uno dei fondatori di “Retinopera”, cartello di coordinamento dell’associazionismo
cattolico, intervistato da Luca Collodi:
R.
- Seguendo l’indicazione del cardinal Ruini è un andare in piazza per manifestare
una vicinanza al Santo Padre. Io aggiungo che vado in piazza come italiano per riscattare
quello che è successo in questi giorni perché non rappresenta solo un’offesa a me
come cattolico ma anche a me come italiano, perchè si è messo in cattiva luce il
mio Paese e la sua cultura e non si è tenuto conto di milioni di persone che hanno
un certo sentire, una certa attenzione. Io vado in piazza per dire che gli italiani
non sono così, gli italiani hanno una venerazione, un’attenzione al Papa e hanno rispetto
per la libertà, per la laicità, per la possibilità di tutti di parlare.
D.
– Pezzotta, c’è il rischio che questa manifestazione di solidarietà al Papa, di preghiera
comune, possa trasformarsi in qualche modo in una manifestazione politica?
R.
- Ci sarà qualcuno che tenderà a strumentalizzarla politicamente, ma questi non fanno
un favore al Papa. Credo che dobbiamo andare proprio al di là delle nostre collocazioni
politiche, non per mostrare i nostri “gagliardetti”, ma per mostrare il nostro affetto,
la nostra amicizia, la voglia di pregare col Papa per il bene del nostro Paese. Credo
che sia importante proprio in questo tempo in cui la confusione, l’incertezza, l’insicurezza,
è alta. Bisogna andare in Piazza San Pietro per pregare, non per manifestare.
D.
- Di fatto sta crescendo la mobilitazione che va oltre Roma. Perché, secondo lei,
questa sensibilità così spontanea verso Papa Benedetto?
R.
- Gli italiani, al di là di quattro intellettuali che ragionano più di libri che di
cose concrete, la gente comune, quella che tutte le mattine si alza e va a lavorare,
quella che ha una famiglia da condurre, quella che ha le sue difficoltà, ha sempre
visto la figura del Papa come una figura importante, oserei dire protettiva per la
nostra realtà. Certo c’è verso Benedetto XVI un elemento di affettività alto: l’immagine
di questo Papa è quella di un Papa dolce, mite, che trasmette il senso della mitezza
e, sottoposto a un attacco di questo genere, oserei dire violento, può far scattare
un meccanismo di identificazione molto alto. C’è sempre questo legame tra il Papa
e l’Italia che nessuno riuscirà a rompere. Io adesso non voglio tirar fuori il primato,
come avrebbe detto il Gioberti, per carità, ma bisogna prendere atto che c’è un legame
indissolubile tra il Pontefice, indipendentemente dalla sua nazionalità, e il nostro
Paese, è un modo per avere un’idea di cosa sia l’Italia e io credo che da questo punto
di vista si stanno commettendo dei grandi errori, si stanno creando delle scissioni
che sono inutili. Andare in piazza all’Angelus domenica significa andare per dire
che abbiamo bisogno di una ricomposizione dell’identità nazionale e l’identità nazionale
non può fare a meno di guardare con attenzione a una figura come quella del Pontefice.