2008-01-17 14:56:08

Italia: confermate le dimissioni del ministro della Giustizia Mastella. L'UDEUR appoggerà dall'esterno il governo Prodi


Dimissioni confermate e accettate dal presidente italiano, Giorgio Napolitano, per il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Il guardasigilli ieri ha rimesso il mandato dopo gli arresti domiciliari alla moglie per tentata concussione e in seguito alla sua iscrizione nel registro degli indagati. Intanto, il leader dell’UDEUR ha confermato il suo appoggio esterno al governo ma senza più sconti. La politica italiana guarda però anche al referendum sulla legge elettorale che si svolgerà tra il 15 aprile e il 15 giugno; ieri il via libera della Corte Costituzionale a tre quesiti referendari. Il nostro servizio:RealAudioMP3


“Non voglio essere un cittadino della casta ma uno comune”. E’ la dichiarazione che mette la parola fine sui tentativi del premier Prodi di far restare l’ormai ex ministro della Giustizia Mastella al suo posto. In un’affollata conferenza stampa a Benevento, il leader dell’UDEUR ha difeso prima la moglie che - ha detto - "dimostrerà la sua innocenza” e poi il partito dalle accuse di tangenti. Sul riacceso confronto tra magistratura e politica ha precisato che ci sono giudici seri ma anche GIP “particolari”. Una risposta a distanza all’ANM, Associazione Nazionale Magistrati, che aveva parlato di “aggressione” alle toghe. “Ci sono magistrati che possono mandare a casa un governo”: è il duro affondo del politico centrista che parla anche di una “crisi di sistema”. Intanto, si apre una nuova grana per il premier Prodi: l’UDEUR ha garantito l’appoggio esterno all’esecutivo, senza più “compromessi”. Alle 14.30 il presidente del Consiglio riferirà in aula sulle dimissioni di Mastella e sarà lui ad assumere l’interim al ministero della Giustizia. Alle 17 audizione poi in Senato. Intanto, il mondo politico cerca ancora un’intesa sulla riforma elettorale ma la “bozza Bianco” non convince né maggioranza né opposizione. Un accordo scongiurerebbe il referendum che ieri ha ricevuto il via libera dalla Corte Costituzionale. La consultazione, che si dovrebbe tenere in una data decisa dal governo e compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno, ruota intorno ai seguenti quesiti: l’abrogazione delle candidature multiple e attribuzione del premio di maggioranza, alla Camera e al Senato, non più alla coalizione ma alla lista che ha ottenuto più voti. Il referendum passerà solo se sarà raggiunto il quorum cioè il 50 per cento più uno. In caso di fine anticipata della legislatura, la consultazione sarà rimandata di un anno.

Italia-rifiuti
L’emergenza rifiuti al centro stamani dell’intervento del ministro dell'Attuazione del programma Santagata che, riferendo in Senato, ha denunciato l’interesse di molti a “mantenere” in Campania uno stato di crisi. Il ministro ha anche annunciato l’installazione di tre termovalorizzatori ad Acerra, Santa Maria La Fossa e a Salerno. Infine ieri Palazzo Chigi ha dato il via libera alla nascita di un’unità di crisi gestita dal Supercommissario per i rifiuti De Gennaro.

Medio Oriente
Sono due i miliziani uccisi in un raid aereo israeliano nei pressi di Bet Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza. Prosegue, intanto, l’intenso lancio di razzi Qassam sulla città israeliana di Sderot. Sarebbero almeno cento, nelle ultime 48 ore, i missili sparati sul territorio ebraico dalle milizie palestinesi. Una donna è rimasta leggermente ferita. Il premier israeliano Olmert ha assicurato che la “lotta contro il terrorismo” va avanti soprattutto per far cessare i lanci di razzi contro il territorio ebraico. Paura infine tra la popolazione di Tel Aviv dopo un test missilistico da parte dell’aeronautica nel quadro di un programma di difesa per neutralizzare diversi tipi di minacce: da aerei e razzi a missili balistici. Si temeva un attacco.

Iran – dossier sul nucleare
Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, è arrivato oggi a Vienna per incontrare il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), Mohamed El Baradei. Sul tavolo la questione del nucleare in Iran. Il ministro tedesco ha mostrato la sua determinazione nell’impedire che Teheran sviluppi armi atomiche. Intanto, è arrivato oggi a Pechino il capo negoziatore nucleare iraniano, Saeed Salili. La Cina ha auspicato piena collaborazione da parte del governo di Ahmadinejad nel rispetto dei provvedimenti ONU.

Sri Lanka
All’indomani della fine della tregua siglata nel 2002 tra il governo srilankese e i ribelli tamil, l’aeronautica ha bombardato un rifugio di insorti provocando diverse vittime. Intanto solo oggi si è appreso che la maggior parte di 27 persone, uccise ieri in un attacco contro un autobus, hanno perso la vita non a causa di un’esplosione ma per i colpi sparati dai ribelli mentre tentavano la fuga. In questo clima di rinnovata e forte tensione, qual è la situazione oggi in Sri Lanka? Risponde il nunzio apostolico a Colombo, l’arcivescovo Mario Zenari, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3


R. – Questo conflitto ha distrutto ponti, strade, case, ma ha distrutto in particolare la comunicazione tra le persone. E’ ben inteso che occorrerebbe anche prestare attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio. Ad esempio, a livello individuale, la gente non distingue tra un’etnia e un’altra, tra una lingua o un’altra: ci sono esempi di amicizia e intesa ammirevoli. In generale, però, questo conflitto ha veramente danneggiato la comunicazione tra gruppi etnici.

 
D. – La guerra civile in Sri Lanka dura a fasi alterne dagli anni ’70 e ha già provocato più di 60 mila morti. La popolazione oggi in quali condizioni vive?

 
R. – La popolazione che più ha sofferto e più soffre è quella del nord-est, proprio quella che tre anni fa è stata colpita dallo tsunami e quindi colpita dalla violenza della natura e dalla più terribile violenza umana. Non vanno poi tralasciati i problemi degli sfollati, delle persone che sono state costrette ad abbandonare i villaggi di origine. Vedo, però, anche gente che ha una certa capacità di sopportare e ciò mi dà fiducia nel futuro.

 
D. – Continuano da una parte gli attentati, dall’altra i bombardamenti. Come si potrà arrivare ad una pacificazione in Sri Lanka?

 
R. – Le notizie che circolano fanno pensare che i prossimi mesi saranno alquanto ‘nuvolosi’. L’auspicio della Chiesa e il messaggio continuo che diffondiamo sono quelli della riconciliazione, della fine della violenza, della speranza.

Kenya
Sarebbero mille le vittime dell’ondata di violenza in Kenya dopo le elezioni di dicembre che hanno consegnato il Paese nelle mani del presidente Kibaki. Lo ha rivelato il leader dell’opposizione Odinga. Intanto, altre due persone sono state uccise dalla polizia in una baraccopoli di Nairobi, teatro di accesi disordini. Le forze dell’ordine hanno poi ferito un uomo nella città di Kisumu dove ieri altre due persone avevano perso la vita. Intanto, secondo il segretario generale del Commonwealth Don McKinnon, le elezioni keniane non hanno rispettato i canoni internazionali.

Camerun – Nigeria
Almeno dieci persone sono morte al confine fra Camerun e Nigeria negli scontri fra etnie rivali che si contendono la terra. Secondo testimoni e politici locali, si tratta della comunità degli Oliti del Camerun e degli Yive nigeriani. Centinaia di persone sono state costrette a fuggire. Secondo un parlamentare della regione, malgrado le lotte fra Oliti e Yive per il possesso del territorio durino da decenni, il problema è stato sempre trascurato dalle autorità camerunesi.

Kosovo
Si riaccende il dibattito sull’indipendenza della regione serba del Kosovo, amministrata dall’ONU, in occasione del Consiglio di sicurezza. Alla riunione, a porte chiuse, prenderà parte anche il primo ministro kosovaro, Hashim Thaci. Nella comunità internazionale solo la Russia è schierata al fianco della Serbia in una strenua opposizione all’indipendenza kosovara. Tra le preoccupazioni espresse da Belgrado anche l’incertezza per la sorte dei 100 mila serbi del Kosovo. Stefano Leszczynski ne ha parlato con Roberto Morozzo Della Rocca, esperto della questione kosovara per la Comunità di Sant’Egidio:RealAudioMP3


R. – Resta l’incognita di cosa accadrà in Serbia. Proprio fra pochi giorni avremo le presidenziali e parlare tanto di indipendenza del Kosovo, se non dichiararla, potrebbe significare per Belgrado la vittoria dell’estrema destra nazionalista di Nikolic, che è l’uomo di Shesheli.

 
D. – Professore, formalmente il Kosovo è ancora una provincia serba. Ci sono delle basi di diritto internazionale per provocare un distacco di questa provincia e renderla indipendente rispetto a Belgrado o sarebbe una decisione di autorità data dalla forza della maggioranza internazionale?

 
R. – Io credo che sarebbe una decisione di autorità, dovuta al fatto che la popolazione di questa regione è al 90 per cento albanese, quindi si vorrebbe riconoscere a quasi due milioni di albanesi in Kosovo il diritto all’autodeterminazione. E’ una cessione di autorità che potrebbe provocare contraccolpi in altre aree; è quello che temono, per esempio, i russi o gli spagnoli per i Paesi Baschi.

 
D. – Professore, quando si parla di Kosovo, si parla spesso di indipendenza, si ricordano i drammi della guerra, si parla molto meno di quelle che sono le minoranze etniche all’interno della provincia, in particolare le enclave serbe...

 
R. – In Kosovo sono rimasti circa 100 mila serbi dei 200 mila che vi erano prima del ’99, gli altri si sono rifugiati in Serbia. Quelli che sono rimasti, in parte sono nel nord, nella striscia sopra Mitrovica, e lì vivono abbastanza liberi di spostarsi, di fare attività economiche. Invece, alcune decine di migliaia sono nelle enclave sparse a macchia di leopardo nel Kosovo centrale, meridionale, dell’Ovest; qui vivono in maniera piuttosto sacrificata con difficoltà a spostarsi se non hanno scorta, con difficoltà a lavorare, con molta disoccupazione. Qui mancano le risorse e sono praticamente una specie protetta dalle forze internazionali.

 
D. – Queste minoranze sono per la maggior parte cristiane. Le tensioni all’interno del Kosovo possono essere riconducibili anche a motivi religiosi o sono prettamente etniche e politiche?

 
R. – No, sono prettamente etnico-politiche. I motivi religiosi sono invocati, ma non è la questione religiosa la contesa per il Kosovo.

Venezuela
Dure accuse del presidente venezuelano Chavez a Stati Uniti e Colombia. Entrambi i Paesi lo vorrebbero uccidere per poi scatenare un conflitto tra Bogotà e Caracas. Washington ha respinto le accuse del capo di stato.

Colombia - scontri tra FARC ed ELN
Scontri armati nel nord-est della Colombia fra due fazioni che si oppongono al Governo: le FARC, forze armate rivoluzionarie di stampo marxista e l’ELN, l’esercito di liberazione nazionale guevarista. Il bilancio degli ultimi dieci giorni è di 11 civili uccisi e 2 mila persone costrette alla fuga. Motivo della contesa, sarebbe il controllo di una vasta regione petrolifera nel dipartimento di Arcua, al confine con il Venezuela. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Chiara Calace)



Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 17 

 

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