Guerra civile in Sri Lanka: il nunzio chiede la fine delle violenze
All’indomani della fine della tregua siglata nel 2002 tra il governo srilankese e
i ribelli tamil, l’aeronautica ha bombardato un rifugio di insorti provocando diverse
vittime. Intanto solo oggi si è appreso che la maggior parte di 27 persone, uccise
ieri in un attacco contro un autobus, hanno perso la vita non a causa di un’esplosione
ma per i colpi sparati dai ribelli mentre tentavano la fuga. In questo clima di rinnovata
e forte tensione, qual è la situazione oggi in Sri Lanka? Risponde il nunzio apostolico
a Colombo, l’arcivescovo Mario Zenari, intervistato da Giada Aquilino:
R. –
Questo conflitto ha distrutto ponti, strade, case, ma ha distrutto in particolare
la comunicazione tra le persone. E’ ben inteso che occorrerebbe anche prestare attenzione
a non fare di tutta l’erba un fascio. Ad esempio, a livello individuale, la gente
non distingue tra un’etnia e un’altra, tra una lingua o un’altra: ci sono esempi di
amicizia e intesa ammirevoli. In generale, però, questo conflitto ha veramente danneggiato
la comunicazione tra gruppi etnici.
D. – La guerra
civile in Sri Lanka dura a fasi alterne dagli anni ’70 e ha già provocato più di 60
mila morti. La popolazione oggi in quali condizioni vive?
R.
– La popolazione che più ha sofferto e più soffre è quella del nord-est, proprio quella
che tre anni fa è stata colpita dallo tsunami e quindi colpita dalla violenza della
natura e dalla più terribile violenza umana. Non vanno poi tralasciati i problemi
degli sfollati, delle persone che sono state costrette ad abbandonare i villaggi di
origine. Vedo, però, anche gente che ha una certa capacità di sopportare e ciò mi
dà fiducia nel futuro.
D. – Continuano da una parte
gli attentati, dall’altra i bombardamenti. Come si potrà arrivare ad una pacificazione
in Sri Lanka?
R. – Le notizie che circolano fanno
pensare che i prossimi mesi saranno alquanto ‘nuvolosi’. L’auspicio della Chiesa e
il messaggio continuo che diffondiamo sono quelli della riconciliazione, della fine
della violenza, della speranza.