Nelle Filippine Norberto Manero, che nel 1985 uccise un missionario del PIME, esce
dal carcere e si dice pronto a dedicare il resto della sua vita ai poveri
Dopo 22 anni, esce oggi dal carcere Norberto Manero che nel 1985 ha ucciso nelle Filippine
padre Tullio Favali, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere. L’uomo,
che afferma di essersi profondamente pentito per quello che ha fatto, dichiara di
voler dedicare il resto della sua vita al servizio dei poveri. Nel 2005 si è anche
impegnato con il PIME per divenire strumento di pace. Mons. Romulo Valles, arcivescovo
di Zamboanga, ha sottolineato all’agenzia AsiaNews che Norberto Manero “ha scontato
una lunga pena, ed è giusto che gli venga data la possibilità di dimostrare il suo
cambiamento”. Rimane il dolore per la morte di un sacerdote – ha aggiunto il presule
- ma questo non deve impedire la strada al perdono”. Questo rilascio costituisce poi
un ulteriore, importante tappa nel processo di riconciliazione nel Paese. La situazione
resta tesa in particolare, nella diocesi di Kidapawan, che si trova nella parte meridionale
dell’isola di Mindanao. Negli anni ’70 è scoppiato un sanguinoso conflitto che ha
provocato un numeroso imprecisato di morti tra persone appartenenti sia alla comunità
cattolica, maggioritaria in questa area, sia a quella musulmana. A queste drammatiche
ferite si aggiunge inoltre la cosiddetta “guerra delle terre”, una battaglia fra bande
paramilitari che, secondo diversi osservatori, in nome della “guerra al comunismo”
diffonde odio e violenza. Fra le vittime di questa guerra vi è proprio padre Tullio
Favali. La situazione dei cattolici nel sud delle Filippine non è omogenea: vi sono
zone come Ipil e Jolo, dove venne rapito padre Bossi e dove ieri è stato ucciso padre
Roda, in cui è estremamente arduo diffondere il Vangelo. Altre aree, come Zamboanga,
sono invece più tranquille: da qui si cerca di portare conforto a chi opera nelle
zone a rischio. (A.L.)