Diplomazia al lavoro per risolvere il caso di don Sandro De Pretis, missionario italiano
in carcere a Gibuti da oltre due mesi
Prosegue la drammatica vicenda di don Sandro De Pretis, missionario trentino in carcere
a Gibuti, in Africa, con l'accusa di pedofilia: il religioso sta reclamando invano
la propria innocenza. Dietro le accuse ci sarebbero in realtà altri motivi, legati
a casi di corruzione e ad affari illeciti avvenuti a Gibuti e al centro delle indagini
di un giudice francese, trovato morto in circostanze misteriose nel 1995. Oggi si
sono attivati anche il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi ed il presidente
francese Nicolas Sarkozy. L’obiettivo è quello di un rapido chiarimento di questo
caso, non ad opera della magistratura locale ma dello stesso presidente di Gibuti.
Intanto, don Sandro De Pretis si trova in un'angusta cella dove peggiorano le sue
condizioni di salute. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Crescono
i timori per le condizioni di salute di don Sandro De Pretis, in carcere da oltre
due mesi e mezzo a Gibuti, in balia di accuse che cambiano continuamente. E’ quanto
sottolinea don Ivan Maffeis, direttore del settimanale della
diocesi di Trento, “Vita Trentina”, che recentemente ha incontrato il missionario
in carcere: "Per rispondere con le sue stesse parole, don Sandro
oggi è un uomo profondamente provato. E’ in prigione ormai da due mesi e mezzo. Sta
affrontando con grande spirito di fede, con grande coraggio ed anche con fiducia questa
prova, ma nel contempo – come lui stesso dice – ci sono dei giorni in cui conosco
veramente l’abisso e la disperazione".
Le accuse contro don Sandro
De Pretis cambiano continuamente: dal presunto coinvolgimento in una rete di pedofilia,
si passa alla propagazione di immagini pedopornografiche e quindi all’incitamento
alla depravazione e alla corruzione di minori. A questa allarmante girandola di accuse
si aggiungono poi inquietanti critiche di mezzi di informazione locali contro la Francia
e la Chiesa. Ancora don Ivan Maffeis: "Nei giorni in cui sono stato a Gibuti
ho avuto la possibilità di incontrare diverse persone, tra cui il vescovo, il console.
Ho avuto la possibilità anche di sfogliare 'La Nation', il giornale governativo; ho
visto come in ottobre questo quotidiano abbia condotto una campagna molto dura, innanzitutto
contro la Francia e, due giorni dopo, anche contro la Chiesa, denunciando presunti
casi di abusi sessuali. Il giorno successivo a questa denuncia, è spuntato il nome
di don Sandro come quello di uno dei personaggi coinvolti. A Gibuti ci sono solo tre
sacerdoti e don Sandro è uno di questi". In questo difficile contesto si
devono comunque sottolineare gli sforzi della diplomazia internazionale, e in particolare
dei governi di Francia e Italia, per cercare di risolvere l’intricato caso di don
Sandro De Pretis: "La diplomazia si è mossa bene, si è mossa subito. In
realtà, tutto questo non è servito a nulla, come ci è stato confermato a Gibuti. Oggi,
anche in seguito alla ‘pressione’ fatta dal settimanale diocesano ‘Vita Trentina’
e poi dalle agenzie e da altri giornali, possiamo dire che si è mosso il presidente
del Consiglio italiano; sta cercando con il presidente francese di arrivare alla soluzione
del caso. Ma è troppo presto per festeggiare".
Il vescovo di Gibuti,
mons. Giorgio Bertin, è attualmente a Roma per incontrare il Papa in occasione della
visita ad limina in questi giorni della Conferenza dei vescovi latini delle regioni
arabe. Durante l’incontro con Benedetto XVI, mons. Giorgio Bertin illustrerà anche
la situazione di don Sandro De Pretis. Don Ivan: "Nei giorni in cui mons.
Bertin è stato ospitato a Gibuti, più volte mi ha ricordato questa visita e quanto
ce l’abbia nel cuore per poter portare a Roma la condizione della sua Chiesa e, in
particolare di questo suo prete, che è a Gibuti dal 1993; spera di poterla portare
al Santo Padre, confidando che anche la diplomazia vaticana, che già si è mossa, possa
contribuire alla soluzione di questo caso così difficile e così penoso". Il
lavoro svolto dal missionario trentino a Gibuti è stato sempre prezioso e si spera
possa continuare anche in futuro. E’ quanto auspica don Ivan Maffeis: "Abbiamo
avuto la possibilità di visitare la missione in cui don Sandro è impegnato e posso
testimoniare come sia espressione di una Chiesa veramente protesa verso gli ultimi.
Don Sandro si muove all’interno di una comunità che è completamente islamica. C’è
una sola famiglia cristiana. Nonostante questo, don Sandro è rispettato e amato proprio
per la sua porta aperta, per la sua generosità, per la sua attenzione agli ultimi.
E anche perché è visto come un uomo di Dio, un uomo di preghiera". L’auspicio
è che questa drammatica esperienza possa concludersi al più presto con un lieto fine:
prendo questo tempo in prigione – si legge in una recente lettera proprio di don Sandro
De Pretis – come un monaco nella sua cella: “la preghiera, la presenza del Santissimo
Sacramento e la lettura – aggiunge il missionario – riempiono gran parte della giornata;
ho fiducia nel Signore, molto più forte di tutto il male”.