Dedicata ai giovani la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Intervista
con mons. Marchetto
Si celebra oggi la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che quest’anno è
dedicata, in modo particolare, ai giovani migranti che, volontariamente o forzatamente,
lasciano i loro Paesi. Nel suo Messaggio per l’occasione, il Papa chiede alla comunità
internazionale di valorizzare l’apporto dei giovani immigrati e ai giovani di “costruire
una società più giusta e fraterna”. Sui punti chiave del Messaggio pontificio ascoltiamo
l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della
pastorale per i migranti e gli itineranti, al microfono di Giovanni Peduto:
R. - Il
Santo Padre invita a riflettere in concreto sui giovani migranti, a partire dalla
constatazione che “il processo di globalizzazione in atto nel mondo porta con sé un’esigenza
di mobilità, che spinge anche numerosi giovani ad emigrare e a vivere lontano dalle
loro famiglie e dai loro Paesi. La conseguenza è che dai Paesi d’origine se ne va
spesso la gioventù dotata delle migliori risorse intellettuali, mentre nei Paesi che
ricevono i migranti vigono normative che rendono difficile il loro effettivo inserimento”.
Da ciò il Papa deduce che “giustamente le pubbliche istituzioni, le organizzazioni
umanitarie ed anche la Chiesa cattolica dedicano molte delle loro risorse per venire
incontro a queste persone in difficoltà”. I giovani migranti sono particolarmente
sensibili – dice il Santo Padre – ai problemi derivati dalla cosiddetta “difficoltà
della duplice appartenenza”. Tra loro, segnala Benedetto XVI, le ragazze sono “più
facilmente vittime di sfruttamento, di ricatti morali e persino di abusi di ogni genere”,
mentre gli adolescenti e i minori non accompagnati “finiscono spesso in strada abbandonati
a se stessi e preda di sfruttatori senza scrupoli”. Particolare attenzione, poi, viene
data ai giovani rifugiati e agli studenti internazionali. Per quanto riguarda i primi,
per limitarmi alla importante questione educativa, il Santo Padre afferma che “si
dovranno approntare adeguati programmi, nell’ambito scolastico e altresì in quello
lavorativo, in modo da garantire la loro preparazione fornendo le basi necessarie
per un corretto inserimento nel nuovo mondo sociale, culturale e professionale”. Per
gli studenti internazionali il Papa auspica che “abbiano modo di aprirsi al dinamismo
dell’interculturalità, arricchendosi nel contatto con altri studenti di culture e
religioni diverse. Per i giovani cristiani quest’esperienza di studio e di formazione
può essere un utile campo di maturazione della loro fede, stimolata ad aprirsi a quell’universalismo
che è elemento costitutivo della Chiesa cattolica”.
D. - Come affrontare, a
tale proposito, i drammi dei giovanissimi migranti?
R. - In effetti, questi
sono tre volte indifesi, perché minori, stranieri e molte volte soli. Queste tre espressioni
di vulnerabilità devono aiutarci a creare una nuova sensibilità, per “vedere” un’infanzia
che è magari sulle nostre strade e di cui non si parla abbastanza. Per essa è urgente
approntare piani adeguati di accoglienza e di integrazione, anche specialmente con
la predisposizione di un sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati.
Per fare un esempio, in Italia sono 6.572 i minori non accompagnati. In prevalenza
si tratta di minori provenienti dal Marocco, dall’Albania e dalla Palestina. Il Santo
Padre, in tale contesto, ha dato una “spallata” – mi si scusi l’espressione – alla
coscienza internazionale ponendo fondamentali interrogativi, soprattutto per i bambini
nei campi di rifugiati, così: “Come non pensare che quei piccoli esseri sono venuti
al mondo con le stesse legittime attese di felicità degli altri? E, al tempo stesso,
come non ricordare che la fanciullezza e l’adolescenza sono fasi di fondamentale importanza
per lo sviluppo dell’uomo e della donna, e richiedono stabilità, serenità e sicurezza?”.
D.
- Cosa si auspica dalla celebrazione cattolica della Giornata Mondiale del Migrante
e del Rifugiato?
R. - La Giornata è un’opportunità per riconoscere l’apporto
che milioni di migranti, in maggioranza giovani, danno allo sviluppo, nelle sue varie
forme, e quindi al benessere, soprattutto economico, in molti Paesi del mondo. Essa
è pure un appello a porre fine a tutte le forme di abuso e violenza compiute contro
di loro e le loro famiglie – e penso ai giovanissimi e ai bambini –. Un impegno concreto
potrebbe essere la ratifica della Convenzione dell’ONU sulla protezione dei diritti
di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, espressamente menzionata
nel Messaggio Pontificio dello scorso anno. Dal canto suo l’autorevole voce di Benedetto
XVI, in continuità con il predecessore di cui porta il nome, Benedetto XV, ricorda
che i migranti, i rifugiati e gli studenti internazionali sono spesso vittime di un
mondo ingiusto. In effetti, ancor oggi soprattutto la fame e situazioni di vita disumane
spingono specialmente i giovani a correre gravi rischi per cercare all’estero una
vita migliore. La comunità internazionale non può ignorare le sue responsabilità a
questo riguardo ed è chiamata a provvedere ad una corretta integrazione dei migranti
nei Paesi d’arrivo e alla tutela della loro dignità.