Rapporto sull’economia mondiale: c’è il serio rischio di una recessione globale
Le riserve globali per il 2008 sono ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni e le
forniture mondiali sono particolarmente esposte a crisi e a disastri naturali a causa
dell’accentuazione di fattori critici. Tra questi, ci sono la crescita della popolazione,
il cambiamento degli stili di vita, i mutamenti climatici, le emergenze legate al
petrolio e gli effetti della globalizzazione. E’ il quadro emerso dall’ultimo rapporto
“Global Risks 2008” del World Economic Forum. Ma le prospettive per il futuro sono
realmente preoccupanti? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore
della Fondazione Giustizia e Solidarietà della Conferenza episcopale italiana, Riccardo
Moro:
R. – Io credo
che viviamo una situazione di particolare delicatezza. Non vi è probabilmente, alla
soglia della nostra porta, la possibilità di una degenerazione immediata. Se non si
interviene subito, però, il rischio è che la situazione che ci dovremo trovare a fronteggiare
fra una decina di anni - e non fra 50 - sarà veramente estremamente difficile.
D.
– In particolare, cosa emerge da questo ultimo rapporto del World Economic Forum?
R.
– Il rapporto fotografa alcuni rischi in modo particolare. Si tratta di rischi sistemici
del sistema finanziario, quello della sicurezza alimentare, del ruolo dell’energia
e delle modalità con cui la globalizzazione alimenta il sistema industriale. A me
onestamente colpisce una cosa: in questo dossier si parla molto precisamente di rischi
ma non si parla mai di diritti. Da un lato, vi è effettivamente l’esistenza di una
minaccia al benessere complessivo della popolazione mondiale, ma è veramente necessario
– forse – sottolineare l’importanza e il ruolo della politica sia in termini di titolarità
dei diritti, sia in termini di responsabilità dell’intervento.
D.
– Un’eventuale recessione negli Stati Uniti può influire in modo pesante nelle dinamiche
della globalizzazione?
R. – E’ un fatto che l’economia
americana sta affrontando una situazione di particolare delicatezza. Gli ultimi dati,
anche sull’occupazione, mostrano un declino. Vi è sicuramente una situazione di incertezza
che può comportare una inquietudine complessiva nell’economia mondiale e, dunque,
anche in quella europea.
D. – Domenica scorsa il
Papa, nell’omelia per la solennità dell’Epifania, ha sottolineato come non si possa
dire che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale. Perché e quando questo
fenomeno produce ed accentua disuguaglianze?
R. –
La globalizzazione non è un sistema, non è un ordine. Se non è governata attraverso
regole, il rischio è quello di creare una situazione di giungla. Il Papa ha fatto
una bellissima riflessione sulla necessità di stili di vita e di sobrietà, intendendo
la sobrietà e la globalizzazione non come uno strumento di ascesi, ma come uno strumento
concreto di salvezza dell’umanità. O noi riusciamo a governare, tra comportamenti
dei cittadini e linee della politica, o ci votiamo ad una situazione – come alcuni
propongono – di competizione estrema, lasciando fare al mercato. Quando però si lascia
agire il mercato, i più forti, i più spregiudicati, e qualche volta addirittura i
più disonesti, riescono a tutelare se stessi, senza tutelare la comunità e in particolare
gli ultimi.