L'attenzione del mondo laico all'auspicio del Papa per un dibattito internazionale
sulla sacralità della vita umana. L'opinione di Pierluigi Battista, vicedirettore
del Corriere della Sera
Due giorni fa, nell’atteso discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa
Sede, Benedetto XVI si era tra l’altro riferito alla moratoria della pena di morte,
di recente adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, accompagnando l’apprezzamento
per la scelta dell’ONU con questo auspicio: “Faccio voti che tale iniziativa stimoli
il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita umana”. Per la Chiesa, e per
la coscienza cristiana, la vita è sempre stata dichiarata e difesa dal suo concepimento
fino alla morte naturale. Su questo tema, anche il mondo laico sta mostrando una rinnovata
attenzione, come nel caso della moratoria dell’aborto proposta dal direttore del quotidiano
italiano Il Foglio, Giuliano Ferrara. E analoga condivisione delle parole del Papa
si coglie anche nell’opinione del vicedirettore del Corriere della Sera, Pierluigi
Battista. Fabio Colagrande lo ha intervistato:
R. –
Sono assolutamente d’accordo. Non occorreva aspettare la risoluzione dell’ONU sulla
pena di morte, per discutere dell’aborto, discutere dei problemi della vita, di capire
– insomma – quali sono le implicazioni etiche, antropologiche, culturali, religiose
di un problema così gigantesco: questa riflessione è assolutamente essenziale e fondamentale.
D.
– Come non-credente, cosa pensa della proposta del direttore de “Il Foglio” di chiedere
una moratoria anche sull’aborto?
R. – Guardi, io
non so quali siano le soluzioni concrete, che cosa questo significhi, se basti un’aggiunta
a qualche comma della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo; io ho sostenuto che dobbiamo
sgomberare il terreno da un grande equivoco: pensare che discutere dell’aborto, dell’orrore
dell’aborto, significhi immediatamente la rimozione di una legge. Cominciamo dal poco
che si può fare. Il poco che si può fare è che si può passare da un clima di indifferenza,
di faciloneria, come se tutto fosse normale e naturale, cominciare a pensare quali
sono appunto le implicazioni di un aborto, che cosa significhi sopprimere una vita.
Dato che questo non riesce a passare, non riesce a perforare la corazza dell’indifferenza,
atteniamoci a questo. Se si ricominciasse a discutere, in ambienti che non sono necessariamente
ambienti – appunto – di credenti, ma tra noi, laici, lasciare – come diceva Norberto
Bobbio in un’intervista del 1981 – lasciare il monopolio della difesa della vita solo
ai credenti, forse per chi oggi si sente laico costituisce una grande sconfitta.
D.
– Secondo lei, perché la difesa della vita nascente, così come pure la difesa della
vita del malato terminale, è restata – come scrive lei – monopolio morale dei credenti?
R.
– Perché la cultura laica non è stata sufficientemente laica da capire che i progressi
della scienza cambiano i quadri di riferimento, e quindi la possibilità da parte dell’uomo,
attraverso gli strumenti della scienza e della tecnica, in modo così massiccio, di
poter incidere sui fattori fondamentali della vita e sui fattori fondamentali della
morte: a questo grande cambiamento la cultura laica non è riuscita ad adeguarsi mentalmente.
D.
– Lei crede che, così come auspicato più volte da Joseph Ratzinger anche prima di
diventare Papa, sia possibile stabilire un dialogo sereno, costruttivo, tra cristiani
e non-credenti?
R. – Assolutamente sì. Dialogo costruttivo,
anche conflitto, quando occorre, ma avere un atteggiamento di apertura mentale: questo
sì!
D. – Quindi, lei in conclusione dice: 'noi laici
non possiamo chiamarci fuori da questi dibattiti!'
R.
– Noi laici ci chiamiamo fuori, purtroppo, e non solo, ma lanciamo invettive contri
chi invece solleva problemi. C’è una clamorosa inversione di ruoli. Nel senso comune,
il laico è chi è aperto al dubbio, è aperto alla discussione, è aperto al confronto,
è aperto al dialogo; e invece, oggi i laici sembrano mossi da una crociata, da una
guerra di religione e questo a me sembra poco laico.