CAVALLINO, 8gen07 - Come è vissuta la Santa Messa nelle parrocchie? Quale tipo di
partecipazione si realizza rispetto al mistero celebrato nell’Eucaristia che ogni
domenica conduce in chiesa almeno il 20 per cento della popolazione del Nordest? Come
aiutare le comunità a vivere al meglio il rito che da 2000 anni definisce il volto
della Chiesa? Sono state queste alcune delle domande rimbalzate nella “due giorni”
che, come ad ogni inizio d’anno, dal 7 all’ 8 gennaio ha impegnato i vescovi della
Conferenza Episcopale Triveneta e numerosi rappresentanti delle 15 diocesi delle 3
regioni (Veneto, Friuli Venezia-Giulia e Trentino Alto-Adige) presso la Casa diocesana
di spiritualità Maria Assunta a Cavallino (Venezia). Il tema “La celebrazione
domenicale dei santi misteri, fonte e culmine dell’appartenenza ecclesiale e della
missione nelle Chiese del Triveneto” è stato introdotto dalla relazione del monaco
Giorgio Bonaccorso, preside dell’Istituto di Liturgia pastorale S. Giustina di Padova,
che ha messo a fuoco l’intreccio tra orientamenti di fede e concreta esperienza liturgica
del Nordest sotto il profilo antropologico e teologico. Le recenti indagini sociologiche
e le statistiche condotte sul territorio triveneto - ha affermato - mettono in evidenza
che esiste anche qui, come ad esempio negli Stati Uniti e in Inghilterra, una discrepanza:
la pratica religiosa dichiarata dalle persone risulta maggiore dell’effettiva partecipazione
riscontrata alla Messa. Questo dato conduce a ritenere che “l’immaginario cristiano”
abbia più una valenza culturale che ecclesiale “perché si qualifica come appartenenza
alla religione prevalente nella propria cultura”. Accanto a ciò emerge un altro dato:
chi effettivamente partecipa alla messa spesso la considera dotata di “bassa capacità
di comunicare”. In definitiva, tali indagini confermano l’idea che la pratica “rituale”
abbia bisogno di essere rivalorizzata per evitare il rischio che sia considerata di
minore importanza, per l’identità del cristiano, rispetto alla pratica “etica”. Sollecitato
da queste provocazioni, si è aperto un intenso lavoro dei gruppi di studio e il vivace
dibattito dell’assemblea: è stata espressa, tra l’altro, la necessità di non ridurre
la fede ad una sola dimensione poiché l’identità cristiana riguarda tutto l’uomo e
va quindi mediata attraverso tutti i linguaggi (non solo verbali) in modo che la liturgia
diventi effettivamente il “luogo di saldatura” tra ciò che si crede e ciò che si vive. L’Eucaristia
– si è ribadito - è l’elemento che più preserva la Chiesa da tutti i tentativi di
riduzione dell’evento cristiano a una pura teoria o morale. E’ la liturgia che, da
duemila anni, la mantiene “evento”, nonostante tutti i difetti di chi la pratica,
come ben evidenzia l’esortazione apostolica Sacramentum Caritatis che i vescovi del
Triveneto hanno riaffidato alle comunità perché la diffondano e la facciano propria.
(Comunicato-MANCINI)