2008-01-07 14:14:57

Il Papa incontra il Corpo diplomatico: appello per la fine dei conflitti. Dopo la moratoria sulla pena di morte Benedetto XVI chiede un dibattito sul carattere sacro della vita umana


Le crisi in Africa e la violenta instabilità del Medio Oriente, dalla Palestina al Pakistan, che ieri è tornata a minacciare anche i cristiani in Iraq. La solidarietà verso i Paesi devastati dalle catastrofi naturali e una nuova difesa della radici cristiane europee. L’aspirazione del mondo alla pace e la necessità che i Paesi lavorino di concerto per aumentare la sicurezza. La moratoria sulla pena di morte e l'invito ad un dibattito pubblico sul carattere sacro della vita. Con un discorso tradizionalmente allargato sull’attualità del pianeta - di denuncia dei drammi che lo attraversano e di speranza per i passi avanti compiuti a varie latitudini - Benedetto XVI ha accolto questa mattina in udienza gli ambasciatori dei 176 Stati accreditati presso la Santa Sede, affiancati dai rappresentanti di altri organismi sovranazionali facenti parte del Corpo diplomatico, nella consueta udienza di inizio d’anno, tenutasi nella Sala Regia del Palazzo Apostolico. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3


Otto cartelle - tra le più attese fra i pronunciamenti annuali di un Pontefice - per passare in rassegna ciò che il mondo vive, patisce, costruisce, spera. Otto cartelle per ammettere con sofferto realismo che, otto anni dopo l’inizio del Duemila, la “sicurezza e la stabilità del mondo permangono fragili”. Ma anche per definire - con echi che rimandano all’enciclica Spe Salvi - un’“arte della speranza” il lavorio svolto dalla diplomazia, perché essa, secondo il Papa, “vive della speranza e cerca di discernerne persino i segnali più tenui”. Entrato poco dopo le undici fra gli applausi degli ambasciatori schierati in due file nella Sala Regia in Vaticano, Benedetto XVI ha dapprima ascoltato in piedi l’indirizzo di saluto rivoltogli da Giovanni Galassi, ambasciatore della Repubblica di San Marino e decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Quindi, per i primi sette paragrafi del suo intervento, ha “fotografato” la situazione dei vari continenti, intrecciandola con i suoi appelli, le sua preoccupazioni, i suoi auspici.

 
A farsi largo, quasi, con gli strascichi dolorosi della cronaca internazionale più recente sono stati i fatti in arrivo dall’Iraq. Dopo le autobomba scagliate ieri contro alcune chiese di Baghdad e di Mossul, così si è espresso Benedetto XVI:

 
"Actuellement, les attentats terroristes, les menaces et les violences continuent, ..."

 
“Attualmente gli attentati terroristici, le minacce e le violenze continuano, in particolare contro la comunità cristiana, e le notizie giunte ieri confermano la nostra preoccupazione; è evidente che resta da tagliare il nodo di alcune questioni politiche. In tale quadro, una riforma costituzionale appropriata dovrà salvaguardare i diritti delle minoranze”.
 
Se gli attentati di ieri richiamano una realtà che, più avanti, il Papa stigmatizzerà parlando della libertà religiosa “spesso compromessa” in molte parti del mondo, la parola “riconciliazione”, declinata nei suoi vari aspetti, è stata la chiave di lettura di quasi tutte le osservazioni del Pontefice, ritenuta di “emergenza” non solo per l’Iraq. Nel complesso scacchiere mediorientale, Benedetto XVI l’ha invocata, anzitutto e di nuovo, per il conflitto israelo-palestinese, da poco riconsiderato alla Conferenza di Annapolis:

 
"Je fais appel, une fois encore, aux Israeliens et aux Palestiniens..."
 
“Faccio appello, ancora una volta, ad Israeliani e Palestinesi, affinché concentrino le proprie energie per l'applicazione degli impegni presi in quella occasione e non fermino il processo felicemente rimesso in moto. Invito inoltre la comunità internazionale a sostenere questi due popoli con convinzione e comprensione per le sofferenze e i timori di entrambi”.

 
E sempre guardando al Medio e all’Estremo Oriente, riconciliazione e dialogo il Papa ha chiesto per il Libano, per il Pakistan “duramente colpito - ha detto - dalla violenza negli ultimi mesi”. Per l’Afghanistan, nel quale “alla violenza si aggiungono - ha rilevato - altri gravi problemi sociali, come la produzione di droga”. Per lo Sri Lanka e per il Myanmar, perché in questo caso i contrasti si sciolgano in una stagione di confronto fondata sul rispetto dei diritti umani. L’apertura del discorso, tuttavia, è stata dedicata dal Pontefice all’America Latina. Dieci anni fa, Giovanni Paolo II si recava a Cuba e quell’evento - che L’Avana si appresta a celebrare - è stato messo da Benedetto XVI come leit-motiv di “speranza” per il tutto il continente, peraltro ricordato dal Papa nelle tragedie naturali che l’hanno più volte colpito nel 2007: dal Messico, all’America centrale al Perù.

 
Il paragrafo sei ha riguardato l’Africa. Forti le parole con le quali Benedetto XVI ha rammentato la “profonda sofferenza” del Darfur, nel quale la speranza appare - ha detto - “quasi vinta dal sinistro corteo di fame e morte”. Soffermandosi sulle violenze della Somalia e il processo di pace nella Repubblica Democratica del Congo, ancora la cronaca più “calda”, in arrivo dal Kenya, ha spinto il Pontefice a questo appello:

 
"...j'invite tous les habitants, en particulier les responsables politiques, ..."

 
“Invito tutti gli abitanti, e in particolare i responsabili politici, a ricercare mediante il dialogo una soluzione pacifica, fondata sulla giustizia e sulla fraternità. La Chiesa cattolica non è indifferente ai gemiti di dolore che si innalzano da queste regioni. Ella fa proprie le richieste di aiuto dei rifugiati e degli sfollati, e si impegna per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace".
 
L’Africa del 2008 è anche quella dell’Etiopia, che ricorda il suo terzo millennio cristiano. Un evento al quale Benedetto XVI ha fatto seguire il suo sguardo all’Europa, che registra miglioramenti in Kosovo e chiede attenzione per la crisi di Cipro ma soprattutto prova a riscrivere i suoi principi comunitari col Trattato di Lisbona, fra i quali il Papa invoca maggiore rispetto per l’eredità del Vangelo:

 
"Cette étape relance le processus de construction de la "maison Europe"..."

 
“Tale tappa rilancia il processo di costruzione della ‘casa Europa’, che ‘sarà per tutti gradevolmente abitabile solo se verrà costruita su un solido fondamento culturale e morale di valori comuni che traiamo dalla nostra storia e dalle nostre tradizioni’ e se essa non rinnegherà le proprie radici cristiane”.

 
Alla fine del suo giro d’orizzonte, Benedetto XVI è passato a riflettere sui valori assoluti della pace, della libertà e della giustizia:

 
"...l'ordre et le droit en sont des éléments qui la garantissent...."

 
“L'ordine e il diritto ne sono elementi di garanzia. Ma il diritto può essere una forza di pace efficace solo se i suoi fondamenti sono solidamente ancorati nel diritto naturale, dato dal Creatore. È anche per tale ragione che non si può mai escludere Dio dall'orizzonte dell'uomo e della storia. Il nome di Dio è un nome di giustizia; esso rappresenta un appello pressante alla pace”.

 
In quest’ottica, il dialogo interculturale e religioso contribuiscono con forza alla costruzione del rispetto reciproco e della comprensione, come dimostra il recente e apprezzato scambio di missive con i 138 leader musulmani. Tuttavia, ha affermato il Papa:

 
"Pour etre vrai, ce dialogue doit etre clair, evitant relativisme et syncrétisme, ..."

 
“Per esser vero, questo dialogo deve essere chiaro, evitando relativismi e sincretismi, ma animato da un sincero rispetto per gli altri e da uno spirito di riconciliazione e di fraternità”.

 
La Chiesa, ha proseguito Benedetto XVI, non dimentica mai che qualsiasi valore o diritto ha per centro l’uomo e la sua inviolabile dignità. E dunque la sacralità della sua vita, troppo spesso ancora - ha deplorato il Pontefice - oggetto di “attacchi” prima e dopo la nascita:

 
"Je voudrais rappeler, avec tant de chercheurs et de scientifiques, ..."

 
“Vorrei richiamare, insieme con tanti ricercatori e scienziati, che le nuove frontiere della bioetica non impongono una scelta fra la scienza e la morale, ma che esigono piuttosto un uso morale della scienza. D'altra parte (…) mi rallegro che lo scorso 18 dicembre l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia adottato una risoluzione chiamando gli Stati ad istituire una moratoria sull'applicazione della pena di morte ed io faccio voti che tale iniziativa stimoli il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita umana”.
 
E invocando, come sempre in queste circostanze, tutele per “l'integrità della famiglia, fondata sul matrimonio”, il Papa ha esortato i Paesi ricchi ad aiutare quelli meno abbienti nell’accesso alle risorse naturali e soprattutto ha invitato a uno “sforzo congiunto” in materia di sicurezza. Sforzo, ha soggiunto, che impedirebbe “l'accesso dei terroristi alle armi di distruzione di massa” e che “rinforzerebbe, senza alcun dubbio, il regime di non proliferazione nucleare e lo renderebbe più efficace”. E se poco prima, Benedetto XVI aveva chiesto un impegno diplomatico “senza sosta” per dirimere la vertenza sul nucleare iraniano, qui il Papa ha salutato con piacere l'accordo per lo smantellamento del programma di armamento nucleare in Corea del Nord: “Incoraggio - ha asserito - l'adozione di misure appropriate per la riduzione degli armamenti di tipo classico, e per affrontare il problema umanitario posto dalle munizioni a grappolo”.

 
Il pensiero conclusivo è stato per la diplomazia, “arte della speranza”, che non si stanca di ricercare anche le più labili possibilità di dialogo:

 
"La diplomatie doit donner de l'espérance. La celebration de Noël vient chaque..."

 
“La diplomazia deve dare speranza. La celebrazione del Natale viene ogni anno a ricordarci che, quando Dio si è fatto piccolo bambino, la Speranza è venuta ad abitare nel mondo, al cuore della famiglia umana. Questa certezza diventa oggi preghiera: che Dio apra il cuore di quanti governano la famiglia dei popoli alla Speranza che mai delude”.







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