2008-01-06 14:49:56

Si apre a Goma, in Repubblica Democratica del Congo, la Conferenza internazionale di pace


Dopo due settimane di rinvio, si è aperta a Goma, in Repubblica Democratica del Congo, la Conferenza internazionale di pace per le regioni del nord e sud Kivu, una zona dal 1998 in preda ad una sanguinosa guerra civile che ha causato almeno quattro milioni di morti. Molte le speranze rivolte a questo appuntamento che deve tuttavia affrontare una situazione difficilissima dal punto di vista politico e soprattutto umanitario. Giancarlo La Vella ne ha parlato con la giornalista Giusy Baioni dell’associazione “Beati i costruttori di pace”:

R. – La situazione in questo momento è in sospeso proprio perché da quando è stata annunciata la Conferenza di pace anche il generale ribelle Inkunda, ha annunciato un cessate il fucoco che però è una cosa del tutto temporanea. In ogni caso la situazione, in particolare nel nord Kivu, è molto critica e a livello umanitario l’emergenza è davvero notevole. Si parla addirittura di 400 mila persone che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni e in questo momento sono sfollati.

 
D. – Quali sono le richieste dei ribelli?

 
R. – Questo generale, che una volta faceva parte dell’esercito regolare congolese e ora considerato dissidente, ha come obiettivo dichiarato quello della difesa della minoranza Tutsi, che in Congo è concentrata in questa area che è a ridosso del Randa. Lui sostiene che i Tutsi presenti in Congo siano minacciati e quindi che vadano difesi perché nessuno prende le loro parti. Ovviamente tutto questo lo fa con le armi, causando poi tutta una serie di problemi alla popolazione civile.

 
D. – C’è anche un discorso di spartizione delle ricchissime materie prime che ci sono in questa zona?

 
R. – Sicuramente. Tutto il Congo e in particolare il Kivu è ricchissimo di materie prime: dal legname all’acqua. Tutte queste cose messe insieme – tra l’altro si parla di possibili giacimenti di petrolio ancora più da esplorare – rendono il Kivu una zona molto appetibile.

 
D. – Quali sono i motivi per cui è resa urgente la convocazione di una Conferenza internazionale per il Kivu?

 
R. – Il presidente congolese, Kabila, e il governo in generale si sono decisi a convocare una Conferenza di pace direi per due motivi: uno è lo scontento della popolazione e l’altro è probabilmente da ricercarsi nell’incontro che all’inizio del mese di dicembre c’è stato ad Adis Abeba tra il presidente ugandese Museweni, il presidente rwandese Kagame, il ministro degli esteri congolese e Condoleezza Rice. Dopo questo incontro è stata lanciata questa Conferenza di pace. Quindi c’è un nesso da ricercare anche negli interessi degli Stati Uniti che spingono per una soluzione della tensione locale. La popolazione si è vista un po’ piovere dall’alto questa Conferenza di pace e la società civile aveva, in un primo tempo, espresso forti perplessità. Per questo la Conferenza è stata rinviata di due settimane e in questo periodo alcune persone autorevoli sono state inviate nel Kivu per sensibilizzare l’opinione pubblica e spiegare i motivi di questa Conferenza, in particolare è stato invitato a compiere questa operazione l’abbé Apollinaire MaluMalu che – lo ricordiamo- è stato il principale fautore delle elezioni che si sono svolte lo scorso anno e che ha un grosso credito presso la popolazione. Al tavolo sono stati invitati tutti i politici congolesi, la società civile, rappresentanti delle istituzioni internazionali e anche tutti i gruppi armati. Questo l’abbé Malumalu lo ha sottolineato dicendo che Conferenza vuole essere inclusiva e vuole gettare le basi per una pace durevole. Speriamo che questo sia davvero possibile.  







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