Si apre a Goma, in Repubblica Democratica del Congo, la Conferenza internazionale
di pace
Dopo due settimane di rinvio, si è aperta a Goma, in Repubblica Democratica del Congo,
la Conferenza internazionale di pace per le regioni del nord e sud Kivu, una zona
dal 1998 in preda ad una sanguinosa guerra civile che ha causato almeno quattro milioni
di morti. Molte le speranze rivolte a questo appuntamento che deve tuttavia affrontare
una situazione difficilissima dal punto di vista politico e soprattutto umanitario.
Giancarlo La Vella ne ha parlato con la giornalista Giusy Baioni dell’associazione
“Beati i costruttori di pace”:
R. – La situazione in questo momento è in
sospeso proprio perché da quando è stata annunciata la Conferenza di pace anche il
generale ribelle Inkunda, ha annunciato un cessate il fucoco che però è una cosa del
tutto temporanea. In ogni caso la situazione, in particolare nel nord Kivu, è molto
critica e a livello umanitario l’emergenza è davvero notevole. Si parla addirittura
di 400 mila persone che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni e in questo momento
sono sfollati.
D. – Quali sono le richieste dei
ribelli?
R. – Questo generale, che una volta faceva
parte dell’esercito regolare congolese e ora considerato dissidente, ha come obiettivo
dichiarato quello della difesa della minoranza Tutsi, che in Congo è concentrata in
questa area che è a ridosso del Randa. Lui sostiene che i Tutsi presenti in Congo
siano minacciati e quindi che vadano difesi perché nessuno prende le loro parti. Ovviamente
tutto questo lo fa con le armi, causando poi tutta una serie di problemi alla popolazione
civile.
D. – C’è anche un discorso di spartizione
delle ricchissime materie prime che ci sono in questa zona?
R.
– Sicuramente. Tutto il Congo e in particolare il Kivu è ricchissimo di materie prime:
dal legname all’acqua. Tutte queste cose messe insieme – tra l’altro si parla di possibili
giacimenti di petrolio ancora più da esplorare – rendono il Kivu una zona molto appetibile.
D. – Quali sono i motivi per cui è resa urgente
la convocazione di una Conferenza internazionale per il Kivu?
R.
– Il presidente congolese, Kabila, e il governo in generale si sono decisi a convocare
una Conferenza di pace direi per due motivi: uno è lo scontento della popolazione
e l’altro è probabilmente da ricercarsi nell’incontro che all’inizio del mese di dicembre
c’è stato ad Adis Abeba tra il presidente ugandese Museweni, il presidente rwandese
Kagame, il ministro degli esteri congolese e Condoleezza Rice. Dopo questo incontro
è stata lanciata questa Conferenza di pace. Quindi c’è un nesso da ricercare anche
negli interessi degli Stati Uniti che spingono per una soluzione della tensione locale.
La popolazione si è vista un po’ piovere dall’alto questa Conferenza di pace e la
società civile aveva, in un primo tempo, espresso forti perplessità. Per questo la
Conferenza è stata rinviata di due settimane e in questo periodo alcune persone autorevoli
sono state inviate nel Kivu per sensibilizzare l’opinione pubblica e spiegare i motivi
di questa Conferenza, in particolare è stato invitato a compiere questa operazione
l’abbé Apollinaire MaluMalu che – lo ricordiamo- è stato il principale fautore delle
elezioni che si sono svolte lo scorso anno e che ha un grosso credito presso la popolazione.
Al tavolo sono stati invitati tutti i politici congolesi, la società civile, rappresentanti
delle istituzioni internazionali e anche tutti i gruppi armati. Questo l’abbé Malumalu
lo ha sottolineato dicendo che Conferenza vuole essere inclusiva e vuole gettare le
basi per una pace durevole. Speriamo che questo sia davvero possibile.