Spiragli di dialogo tra Kibaki e Odinga sull’ipotesi di tornare al voto
“Negoziare per giungere ad una soluzione non violenta della crisi politica in Kenya”.
E’ l’appello lanciato ieri dal segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese,
il pastore metodista, Samuel Kobia, di nazionalità keniota, di fronte alle violente
manifestazioni dell’opposizione contro il presidente rieletto, Mwai Kibaki, accusato
di aver manipolato il voto del 27 dicembre scorso ai danni del candidato Raila Odinga.
Intanto, le autorità hanno sospeso il coprifuoco nella città di Kisumu, mentre quella
di ieri è stata una giornata interlocutoria, che ha lasciato intravedere spiragli
di dialogo. Alla richiesta dell’opposizione di votare nuovamente, il governo ha risposto
con una moderata disponibilità:
E, a proposito
di interventi internazionali nella crisi keniana, è partito il tentativo di mediazione
dell'assistente del segretario di Stato americano, Frazer. L'inviato americano, giunto
ieri sera a Nairobi, ha già incontrato Odinga e si appresta ad un colloquio con Kibaki.
Intanto, lo stato di agitazione sta avendo una preoccupante ricaduta umanitaria. Secondo
le cifre fornite da Caritas Internationalis, sarebbero quasi 200 mila gli sfollati
in fuga dalle violenze. Di questa grave emergenza abbiamo parlato con Giovanni Sartor,
coordinatore dell’Ufficio Africa della Caritas italiana:
E per
fare maggiore luce sulla figura del contestato presidente keniano, Mwai Kibaki, che
anche prima del suo mandato aveva avuto un ruolo di potere durante la lunga presidenza
di Moi, sentiamo Giampaolo Calchi Novati, docente di Storia moderna e contemporanea
dell’Africa all’Università di Pavia, intervistato da Fausta Speranza: