Primo appuntamento negli Stati Uniti delle primarie per la corsa alla Casa Bianca.
Si parte con l’Iowa. Un lungo cammino che porterà alla scelta del nuovo presidente
degli Stati Uniti in novembre. Gli ultimi sondaggi sottolineano un testa a testa tra
Barack Obama e Hillary Clinton in campo democratico; per i repubblicani, invece, il
conservatore Mike Huckabee è leggermente avanti rispetto a Mitt Romney. Ma qual è
il valore di questa prima tornata elettorale: più simbolica o reale? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto a Paolo Mastrolilli, responsabile della redazione esteri del TG1 RAI:
R.
– In termini numerici è piccolo il significato, perchè si tratta di circa 250 mila
abitanti. Ci sono degli editorialisti che, scherzando, hanno detto che in Iowa ci
sono più maiali che esseri umani, perchè ci sono molti allevamenti. Dal punto di vista
politico, però, ha molto significato, perché è il primo voto, il primo risultato.
E’ molto importante avere quello che gli americani chiamano “il momentum”, cioè per
un candidato dimostrare che è un candidato vincente, per poi proseguire con il piede
giusto nel resto del cammino elettorale.
D. – Le
primarie in Iowa sono costate ai candidati una cifra record, circa 50 milioni di dollari,
più o meno 200 dollari a voto. La vittoria alla Casa Bianca è ancora legata agli investimenti
dei candidati o possiamo aspettarci sul breve e lungo termine qualche colpo di scena?
R.
– I colpi di scena sono sempre possibili, anzi già ci sono, perchè in questo voto
risultano favoriti dei personaggi che all’inizio erano nettamente indietro, come per
esempio l’ex governatore dell’Arkansas, Huckabee, tra i repubblicani. Naturalmente,
però, i soldi sono molto importanti, perché per raggiungere gli elettori bisogna fare
la pubblicità, soprattutto la pubblicità televisiva e quindi è fondamentale avere
i fondi per fare queste campagne che sono molto dispendiose, perchè gli Stati Uniti
sono grandi come un continente. Hanno cercato di riformare queste leggi per il finanziamento
delle elezioni, ma molti sostengono che la capacità in un candidato di ottenere finanziamenti
dimostra anche il suo apprezzamento fra gli elettori e quindi ha anche una forma di
misurazione del consenso democratico nei suoi confronti.
D.
– Tra i democratici a contendersi la scena sono due candidati che porterebbero a Washington
comunque una ventata di novità. Hilary Clinton sarebbe il primo presidente donna e
Barak Obama, il primo presidente di colore. Ma gli statunitensi sono pronti a questi
cambiamenti?
R. – Questo lo vedremo durante le elezioni.
Già il fatto che queste due persone possano essersi candidate, diventando i front
runners del partito democratico indica che c’è chiaramente un’evoluzione nella società
americana. Che poi riescano ad arrivare fino alla Casa Bianca è un altro discorso
e lo vedremo a partire da oggi.
D. – La campagna
elettorale si giocherà su alcuni punti chiave, tra cui ovviamente la guerra in Iraq
che continua ad essere una spina nel fianco dell’amministrazione Bush. Ci sarà un
cambio di rotta?
R. – In realtà, gli ultimi sondaggi
indicano che la questione Iraq è scesa nell’attenzione degli elettori. Ora si parla
molto dell’economia, della paura di una recessione negli Stati Uniti, del problema
dei mutui. Tale questione sta un po’ equilibrando quella dell’Iraq.