Il Papa implora, per intercessione di Maria, Madre di Dio, il dono della pace per
le famiglie e per il mondo intero e avverte: chi nega i diritti della famiglia minaccia
la pace
Il Papa invoca la pace sulle famiglie e sul mondo intero nella Messa presieduta nella
Basilica di San Pietro nella Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio, e nella
41.ma Giornata Mondiale della Pace. Durante l’omelia ha ricordato che negare o restringere
i diritti della famiglia significa minacciare gli stessi fondamenti della pace. Ecco
il testo integrale dell’omelia del Pontefice: Cari fratelli
e sorelle!
Iniziamo quest’oggi un nuovo anno e ci
prende per mano la speranza cristiana; lo iniziamo invocando su di esso la benedizione
divina ed implorando, per intercessione di Maria, Madre di Dio, il dono della pace:
per le nostre famiglie, per le nostre città, per il mondo intero. Con questo auspicio
saluto tutti voi qui presenti ad iniziare dagli illustri Ambasciatori del Corpo Diplomatico
accreditato presso la Santa Sede, convenuti a questa celebrazione in occasione della
Giornata Mondiale della Pace. Saluto il Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario
di Stato, il Cardinale Renato Raffaele Martino e tutti i componenti del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace. Ad essi sono particolarmente grato per il
loro impegno nel diffondere il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che
quest’anno ha come tema: “Famiglia umana, comunità di pace”.
La
pace. Nella prima Lettura, tratta dal Libro dei Numeri, abbiamo ascoltato l’invocazione:
“Il Signore ti conceda pace” (6,26); il Signore doni pace a ciascuno di voi, alle
vostre famiglie, al mondo intero. Tutti aspiriamo a vivere nella pace, ma la pace
vera, quella annunciata dagli angeli nella notte di Natale, non è semplice conquista
dell’uomo o frutto di accordi politici; è innanzitutto dono divino da implorare costantemente
e, allo stesso tempo, impegno da portare avanti con pazienza restando sempre docili
ai comandi del Signore. Quest’anno, nel Messaggio per l’odierna Giornata Mondiale
della Pace, ho voluto porre in luce lo stretto rapporto che esiste tra la famiglia
e la costruzione della pace nel mondo. La famiglia naturale, fondata sul matrimonio
tra un uomo e una donna, è “culla della vita e dell’amore” e “la prima e insostituibile
educatrice alla pace”. Proprio per questo la famiglia è “la principale ‘agenzia’ di
pace” e “la negazione o anche la restrizione dei diritti della famiglia, oscurando
la verità dell’uomo, minaccia gli stessi fondamenti della pace” (cfr nn. 1-5). Poiché
poi l’umanità è una “grande famiglia”, se vuole vivere in pace non può non ispirarsi
a quei valori sui quali si fonda e si regge la comunità familiare. La provvidenziale
coincidenza di varie ricorrenze ci sprona quest’anno ad uno sforzo ancor più sentito
per realizzare la pace nel mondo. Sessant’anni or sono, nel 1948, l’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite rese pubblica la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”;
quarant’anni fa il mio venerato Predecessore Paolo VI celebrò la prima Giornata Mondiale
della Pace; quest’anno inoltre ricorderemo il 25° anniversario dell’adozione da parte
della Santa Sede della “Carta dei diritti della famiglia”. “Alla luce di queste significative
ricorrenze – riprendo qui quanto ho scritto proprio a conclusione del Messaggio –
invito ogni uomo e ogni donna a prendere più lucida consapevolezza della comune appartenenza
all’unica famiglia umana e ad impegnarsi perché la convivenza sulla terra rispecchi
sempre più questa convinzione da cui dipende l’instaurazione di una pace vera e duratura”.
Il nostro pensiero si volge ora naturalmente alla
Madonna, che oggi invochiamo come Madre di Dio. Fu il Papa Paolo VI a trasferire al
primo gennaio la festa della Divina Maternità di Maria, che un tempo cadeva l’11 di
ottobre. Prima infatti della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, nel
primo giorno dell’anno si celebrava la memoria della circoncisione di Gesù nell’ottavo
giorno dopo la sua nascita - come segno della sottomissione alla legge, il suo inserimento
ufficiale nel popolo eletto - e la domenica seguente si celebrava la festa del nome
di Gesù. Di queste ricorrenze scorgiamo qualche traccia nella pagina evangelica che
è stata poco fa proclamata, in cui san Luca riferisce che otto giorni dopo la nascita
il Bambino venne circonciso e gli fu posto il nome di Gesù, “come era stato chiamato
dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre” (Lc 2,21). Quella odierna
pertanto, oltre che essere una quanto mai significativa festa mariana, conserva pure
un contenuto fortemente cristologico, perché, potremmo dire, prima della Madre, riguarda
proprio il Figlio, Gesù vero Dio e vero Uomo.
Al
mistero della divina maternità di Maria, la Theotokos, fa riferimento l’apostolo Paolo
nella Lettera ai Galati. “Quando venne la pienezza del tempo, - egli scrive - Dio
mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge” (4,4). In poche parole troviamo
sintetizzati il mistero dell’incarnazione del Verbo eterno e la divina maternità di
Maria: il grande privilegio della Vergine sta proprio nell’essere Madre del Figlio
che è Dio. A otto giorni dal Natale trova pertanto la sua più logica e giusta collocazione
questa festa mariana. Infatti, nella notte di Betlemme, quando “diede alla luce il
suo figlio primogenito” (Lc 2,7), si compirono le profezie concernenti il Messia.
“Una Vergine concepirà e partorirà un figlio”, aveva preannunciato Isaia (7,14); “ecco
concepirai nel seno e partorirai un figlio”, disse a Maria l’angelo Gabriele (Lc 1,31);
e ancora un angelo del Signore - narra l’evangelista Matteo -, apparendo in sogno
a Giuseppe, lo rassicurò dicendogli: “non temere di prendere con te Maria, tua sposa,
perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio”(Mt
1,20-21).
Il titolo di Madre di Dio è, insieme a
quello di Santa Vergine, il più antico ed è il fondamento di tutti gli altri titoli
con cui la Madonna è stata venerata e continua ad essere invocata di generazione in
generazione, in Oriente e in Occidente. Al mistero della sua divina maternità fanno
riferimento tanti inni e tante preghiere della tradizione cristiana, come ad esempio
un’antifona mariana del tempo natalizio, l’Alma Redemptoris mater con la quale così
preghiamo: “Tu quae genuisti, natura mirante, tuum sanctum Genitorem, Virgo prius
ac posterius – Tu, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore,
Madre sempre vergine”. Cari fratelli e sorelle, contempliamo quest’oggi Maria, madre
sempre vergine del Figlio unigenito del Padre; impariamo da Lei ad accogliere il Bambino
che per noi è nato a Betlemme. Se nel Bimbo nato da Lei riconosciamo il Figlio eterno
di Dio e lo accogliamo come il nostro unico Salvatore, possiamo essere detti e lo
siamo realmente figli di Dio: figli nel Figlio. Scrive l’Apostolo: “Dio mandò il suo
Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto
la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4).
L’evangelista
Luca ripete più volte che la Madonna meditava silenziosa su questi eventi straordinari
nei quali Iddio l’aveva coinvolta. Lo abbiamo ascoltato anche nel breve brano evangelico
che quest’oggi la liturgia ci ripropone. “Maria serbava queste cose meditandole nel
suo cuore” (Lc 2,19). Il verbo greco usato “sumbállousa” letteralmente significa “mettere
insieme” e fa pensare a un mistero grande da scoprire poco a poco. Il Bambino che
vagisce nella mangiatoia, pur apparentemente simile a tutti i bimbi del mondo, è al
tempo stesso del tutto differente: è il Figlio di Dio, è Dio, vero Dio e vero uomo.
Questo mistero – l’incarnazione del Verbo e la divina maternità di Maria – è grande
e certamente non facile da comprendere con la sola umana intelligenza. Alla
scuola di Maria però possiamo cogliere con il cuore quello che gli occhi e la mente
non riescono da soli a percepire, né possono contenere. Si tratta, infatti, di un
dono così grande che solo nella fede ci è dato accogliere pur senza tutto comprendere.
Ed è proprio in questo cammino di fede che Maria ci viene incontro, ci è sostegno
e guida. Lei è madre perché ha generato nella carne Gesù; lo è perché ha aderito totalmente
alla volontà del Padre. Scrive sant’Agostino: “Di nessun valore sarebbe stata per
lei la stessa divina maternità, se lei il Cristo non l’avesse portato nel cuore, con
una sorte più fortunata di quando lo concepì nella carne” (De sancta Virginitate,
3,3). E nel suo cuore Maria continuò a conservare, a “mettere insieme” gli eventi
successivi di cui sarà testimone e protagonista, sino alla morte in croce e alla risurrezione
del suo Figlio Gesù.
Cari fratelli e sorelle, solo
conservando nel cuore, mettendo cioè insieme e trovando un’unità di tutto ciò che
viviamo, possiamo addentrarci, seguendo Maria, nel mistero di un Dio che per amore
si è fatto uomo e ci chiama a seguirlo sulla strada dell’amore; amore da tradurre
ogni giorno in un generoso servizio ai fratelli. Possa il nuovo anno, che oggi fiduciosi
iniziamo, essere un tempo nel quale avanzare in quella conoscenza del cuore, che è
la sapienza dei santi. Preghiamo perché, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura,
il Signore “faccia brillare il suo volto” su di noi, ci “sia propizio” (cfr Nm 6,24-7),
e ci benedica. Possiamo esserne certi: se non ci stanchiamo di ricercare il suo volto,
se non cediamo alla tentazione dello scoraggiamento e del dubbio, se pur fra le tante
difficoltà che incontriamo restiamo sempre ancorati a Lui, sperimenteremo la potenza
del suo amore e della sua misericordia. Il fragile Bambino che la Vergine quest’oggi
mostra al mondo, ci renda operatori di pace, testimoni di Lui, Principe della pace.
Amen!