2007-12-31 14:14:41

Occorre più sensibilità verso i cristiani perseguitati: così, il direttore di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, Attilio Tamburrini, dopo la pubblicazione del dossier Fides sui missionari uccisi nel 2007


Hanno versato il proprio sangue per annunciare Cristo: sono i 21 operatori pastorali uccisi in questo 2007. Un dato drammatico, diffuso dall’agenzia Fides, che ogni anno, a fine dicembre, pubblica un dossier sui missionari uccisi nello svolgimento del loro servizio. Diverse le storie di queste figure luminose, identica la loro testimonianza: come il primo dei martiri, Santo Stefano, hanno saputo coniugare la carità, la cura del prossimo, e l’annuncio coraggioso della fede. Per una riflessione sui frutti offerti da questi testimoni della speranza evangelica, Alessandro Gisotti ha intervistato Attilio Tamburrini, direttore della sezione italiana di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”:RealAudioMP3


R. – Il martire che versa il sangue è la punta di un iceberg. Se noi andiamo a vedere, anche in questi anni, per uno ucciso ce ne sono cento che soffrono, mille che hanno patito discriminazioni ... cioè, è sempre il segnale di tutto un popolo che sta soffrendo, almeno una porzione di popolo cristiano che sta soffrendo. Questo credo che sia il punto più importante da considerare, perché questo mette in luce come il martirio del singolo è una testimonianza, un seme per tutto un ambiente. Non è soltanto, come dire: quel missionario è stato ucciso, quindi lo ricordiamo. Ma è tutto un ambiente che ricava frutto da questo martirio, perché la sua testimonianza dà forza agli altri; si riesce a parlare anche di una situazione che magari fino a quel momento veniva ignorata ... ecco, in questo senso, credo anche dal punto di vista informativo, è molto importante tenere conto di questo aspetto.

 
D. – Oggi nell’opinione pubblica si è portati a pensare che il martirio sia qualcosa del passato. Nulla di più sbagliato, come questi dati di Fides confermano drammaticamente, ogni anno ...

 
R. – Sì! Confermano, poi, una costante. Nel volume “Gesù di Nazaret”, di Benedetto XVI, ci sono delle considerazioni a proposito delle Beatitudini, credo molto interessanti da questo punto di vista: “Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il Regno dei Cieli”. Il Santo Padre interpreta questa parola “giustizia” come “fede”, come attaccamento alla Torah. I perseguitati per la giustizia sono i perseguitati che restano fedeli alla Parola di Dio. E questa persecuzione viene, come dire, estesa a tutta la vita della Chiesa. Il Santo Padre dice, infatti: perché, questo? Perché la Chiesa diventa Chiesa perseguitata per causa della giustizia in quanto in ogni epoca la Chiesa contesta al potere politico la sua pretesa di assolutismo, di inglobare l’uomo nella sua totalità. Ecco quindi che in ogni epoca la Chiesa è elemento di contraddizione. Quindi, sono varie forme che già vengono descritte all’inizio, che poi si realizzeranno nella storia, e di cui vediamo le conseguenze tutti i giorni. Basti pensare alla “piccola persecuzione”, che per lui è grande, di un bambino che viene preso in giro dai compagni di scuola perché va a Messa o perché si fa il segno della Croce prima del pasto, cose che avvengono tutti i giorni, per quel bambino a quell’età è una forma di persecuzione. Per non parlare delle legislazioni anti-religiose di fatto, quelle che impediscono la proclamazione del Vangelo, e man mano aumenta la gravità di questo a seconda dei luoghi. Ci sono posti dove non è possibile nemmeno possedere una Bibbia, oggi, eh?, non all’epoca di Nerone! Di questo, però, la coscienza del popolo cristiano che vive dalle nostre parti non è ancora sensibilizzata.







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