2007-12-25 15:14:22

Con testimonianze della Chiesa nei vari continenti, uno sguardo al mondo nel giorno di Natale, mentre in Iraq si registrano ancora violenze


Nel giorno di Natale il nostro sguardo va innanzitutto alla Terra Santa. Mentre continua il lancio di razzi Qassam dalla striscia di Gaza verso Israele e si registra uno stallo dei negoziati di pace tra palestinesi e israeliani, migliaia di pellegrini hanno partecipato alle celebrazioni nei più importanti luoghi di culto cristiani. Circa 10 mila sono stati infatti i permessi concessi per l’accesso nella notte a Betlemme. Il servizio di Sara Fornari:RealAudioMP3


Un nuovo Natale di gioia per Betlemme. Moltissimi i pellegrini da tutto il mondo, specialmente dall’Estremo Oriente. C’è stata allerta e tensione ieri sera nella piazza della mangiatoia per l’arrivo del premier palestinese Mahmud Abbas che, invitato alla Messa e alla cena della comunità francescana assieme alle autorità religiose e civili, ha consegnato un’onorificenza al patriarca Sabbah in segno di gratitudine. 2500 i biglietti distribuiti per la solenne concelebrazione vigiliare, a cui hanno partecipato molti fedeli locali, non solo di Betlemme. 10 mila i permessi distribuiti per i territori palestinesi. Molto forte l’appello del patriarca latino nella sua omelia: “A voi fratelli e sorelle, a voi tutti cristiani di questa terra, tentati dall’emigrazione, oggetto di preoccupazione di tutti, vi dico anzitutto che Gesù ci dice “non abbiate paura””. Il patriarca ha poi proseguito: “A quelli tentati o pressati dalle difficoltà a lasciare il Paese, noi diciamo: qui voi avete un posto e più che un posto, voi avete una vocazione, quella di essere cristiani qui, nella terra di Gesù e non altrove nel mondo. Accettate la vostra vocazione anche se difficile. La nostra presenza qui resterà testimone della vocazione universale di questa terra, terra di Dio e terra per le tre religioni e i due popoli che la abitano”. La Santa Messa concelebrata dal patriarca Michel Sabbah e dal nunzio apostolico, monsignor Antonio Franco, è terminata con la processione in grotta con il bambinello. E questa mattina ancora tanta gente in fila alla grotta. Le famiglie di Betlemme poi si sono raccolte in Santa Caterina, per la Messa parrocchiale celebrata da monsignor Michel Sabbah. Un momento di esultanza della piccola città della Giudea, un nuovo Natale di festa per Betlemme e da qui per il mondo intero. (Da Betlemme, per la Radio Vaticana, Sara Fornari)

Sempre Medio Oriente: in Iraq diversi attentati hanno causato la morte di almeno 24 persone, mentre nel nord continuano i bombardamenti turchi contro basi dei separatisti curdi. Resta alta la tensione anche in Afghanistan dove sono stati fermati due funzionari britannici dell’Ufficio ONU, accusati di contatti con i talebani. Infine, in Corea del Sud, 14 marinai risultano dispersi in seguito al rovesciamento di una nave mercantile a largo delle coste meridionali.

Ma guardiamo ai cinque continenti, dove oggi si riverbera il messaggio di pace e speranza per la nascita del Salvatore, attraverso testimonianze di sacerdoti, missionari e laici. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3


In terre di missione, in Paesi devastati dalla violenza, dal dramma della povertà e da nuove forme di sfruttamento, il mistero del Natale diventa segno di speranza non solo per i cristiani. In Stati ricchi, caratterizzati da società consumistiche, si rischia invece di smarrire il vero significato di questa festa. Lo sottolinea mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:

"Si ha in molte nazioni, soprattutto in quelle occidentali, l’impressione che venga un po’ meno il protagonista vero del Natale. E’ un po’ un segnale che vogliamo la festa: siamo molto attaccati a questa tradizione, amiamo la famiglia, i bambini, lo spirito della pace, però lo sradichiamo dalla sua radice che può generare tutto questo. E questo è un po’ il pericolo".

Come si vivono in Europa il Natale dei regali sotto l’albero e quello autentico, della nascita del Salvatore? Mons. Giordano:

"La festa, il senso della famiglia, gli auguri, il senso dei doni credo che siano elementi da conservare; quindi, siamo aperti a queste tradizioni. C’è bisogno di una grande opera di evangelizzazione, di annuncio che mostra come tutte queste realtà siano molto importanti. Ma devono essere costruite e devono avere una radice".

Benedetto XVI ha auspicato che questa festa si dilati. I riflessi, anche lontani del Natale, quali frutti fanno germogliare nella comunità cristiana europea? Risponde il segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:

"La presenza di Dio noi l’avremo se sapremo rinnovare le liturgie, le nostre comunità. Dobbiamo creare degli spazi di laboratorio, scienza, economia, arte dove la luce di Dio sia una guida".

In alcuni Paesi dell’America Latina, come la Colombia, il Natale è una luce di speranza contro le ombre delle violenze e del materialismo. Ascoltiamo il missionario salesiano, padre Raul Rojas:

"Nonostante tutti i problemi, il Natale si celebra sempre con molta emozione. E’ un momento speciale per tutte le famiglie. C’è anche l’influenza materialistica, ma penso che prevalga l’aspetto religioso".

Una scena, un ricordo può racchiudere, sintetizzare il senso del Natale. Padre Raul Rojas:

"Mi ricordo, soprattutto, di immagini che mostrano l’attenzione particolare ai bambini, e ai bambini poveri. C’è molta solidarietà in questo momento".

Ma è possibile estendere a tutto l’anno questo atteggiamento solidale? Ancora il missionario salesiano:

"L’attenzione particolare ai bambini, e soprattutto ai bambini poveri. C’è molta solidarietà in questo momento. A Natale, poi, si intraprende un cammino per aiutare, soprattutto in questo momento, alla pace; dobbiamo trovare la pace, vogliamo che questa pace arrivi il più presto possibile. Quindi: una preghiera grande per la Colombia!"

La dimensione più autentica e spirituale del Natale si può cogliere in diversi Stati africani. E’ quanto sottolinea padre Luca Treglia, direttore della radio Don Bosco in Madagascar.

"Il Natale è vissuto soprattutto nello spirito cristiano: c’è Gesù che viene nel mondo per salvare l’uomo, e questo viene molto compreso qui".

Il Natale – ha detto il Santo Padre nel messaggio “Urbi et Orbi” dello scorso anno - è la risposta autentica ai drammi dell’uomo e il Salvatore è la speranza per tutti. Questa speranza da quali luci viene alimentata in Madagascar? Ascoltiamo il direttore della Radio Don Bosco nel Paese africano:

"Nel cristiano malgascio c’è questo senso di speranza; ecco allora che il Cristo che viene a salvare, il Cristo che viene a portare l’amore di Dio all’uomo, diventa poi un messaggio molto chiaro, e anche un’apertura al futuro per uno sviluppo più umano, più giusto".

La povertà non impedisce però di alimentare la ricchezza della fede, come sottolinea padre Luca Treglia:

"L’uomo che non si apre allo Spirito non può vivere. Grazie a Dio, qui in Madagascar, tutta la vita dell’uomo è incentrata su Dio. La povertà materiale, invece, a volte condiziona: ancora si muore per mancanza di cibo e di medicinali".
 
In alcuni Paesi, poi, il mistero del Natale diventa più comprensibile. E’ quanto afferma padre Kizito Sesana, missionario comboniano in Kenya nelle baraccopoli di Nairobi:

"Qui il mistero diventa più profondo, più comprensibile, più vivo, perché il Dio che si fa Uomo lo vediamo nei bambini, nei neonati, nelle persone che vivono nelle baraccopoli, nelle persone che vivono situazioni di estrema povertà, di estremo squallore".

Gesù Bambino - ha detto Benedetto XVI all’Angelus lo scorso 9 dicembre – è il criterio di misura che Dio ha dato all’umanità. Ma quale grido lanciano all’umanità i bambini del Kenya? Ancora il missionario comboniano nel Paese africano:

"E’ un richiamo a mettersi al servizio di tutti i bambini; quindi, non c’è niente come un bambino piccolo che è bisognoso; ci richiama al fatto di essere umani".

E davanti a questo richiamo di ogni bambino, del Bambin Gesù, come può il cuore di ogni cristiano diventare la grotta di Betlemme per accogliere il Salvatore? Risponde padre Kizito Sesana:

"Non si possono dare misure: il cuore si deve aprire e deve essere disposto ad accogliere. Il Bambino Gesù è il simbolo di tutti questi bambini del mondo che ci mandano il loro grido di aiuto. Il Natale nostro, nonostante questa realtà difficile, è senz’altro un Natale felice, perché poi alla nostra gente basta anche un minimo per far festa: quando ha un po’ di pane e di latte e può radunarsi, è capace di esprimere ancora una gioia profonda che aiuta a superare tutte le difficoltà".

Trasferiamoci in Asia, dove in molti Paesi, il Natale costituisce un’importante occasione per far conoscere le verità della Chiesa anche ai non cristiani. E’ quanto sostiene padre Edi Foschiatto, Missionario saveriano a Taiwan:

"Anche se non sanno il significato del Natale, però si introduce il mistero del Natale, della storia di Gesù tra queste persone che per la prima volta si incontrano ed entrano in una chiesa".

Ma come si incontrano la storia di Gesù e quella di Taiwan? Sentiamo il missionario saveriano a Taipei:

"La storia di Gesù è una storia che porta speranza, speranza anche a questo Paese che socialmente, e anche politicamente, è un po’ chiuso; è chiuso dalla grande Cina ... E quindi è un momento in cui veramente si rivive nell’oggi quella speranza che è stata portata duemila anni fa. Una speranza che porta i cristiani a respirare un po’ di quella semplicità del Natale di questo bambino che è nato duemila anni fa ..."

Restiamo in Asia e andiamo in Bangladesh ed esattamente a Khulna, dove il mistero del Natale viene vissuto con grande gioia. Ascoltiamo il missionario saveriano, padre Livio Salvetti:

"E’ la festività più grande che loro sentono, per cui pregano, cantano ... E’ una festa che anche il governo ha autorizzato".

Il Bangladesh è uno dei Paesi più poveri del mondo e, recentemente, è stato devastato dal ciclone Sidr. Ma ci sono prospettive positive per il futuro? Padre Livio Salvetti:

"Attualmente, per come stanno andando le cose, qui praticamente il povero diventa sempre più povero: la povertà è molto diffusa anche a causa di ragioni politiche, non politiche e, ovviamente, per le calamità naturali che rovinano i raccolti. Il recente ciclone, ad esempio, ha rovinato tutti i raccolti di riso! Questa ripercussione, attualmente, loro non la sentono, ma fra due mesi, quando non avranno più il riso, allora la situazione sarà ancora più grave! La povertà in Bangladesh viene vissuta non come un castigo ma come una menomazione ..."

In Indonesia il Natale è un momento di dialogo, un’occasione di meditazione anche per i non cristiani. Padre Silvano Laurenzi, missionario nel Paese asiatico:

"In Indonesia, la festa del Natale è molto sentita da tutti, anche da parte degli islamici e dei fedeli delle altre religioni: è un momento di dialogo. Loro ci osservano e vedono che da parte nostra c’è tutta la buona volontà di vivere insieme, di collaborare".

L’Indonesia, purtroppo, è un Paese segnato anche dalle violenze. Il Papa ha auspicato che il Natale sia per tutti la festa della pace. Si puo’ sperare che la violenza sia vinta dalla forza dell’amore anche in Indonesia? Risponde il missionario nello Stato asiatico:
 
"Oh, certamente! L’unica strada per vincere questa violenza è solo l’amore, l’amore e la pazienza. Poco alla volta, questi valori si stanno imponendo. La maggioranza della popolazione è pacifica ed è disposta anche al dialogo; ma ci sono alcuni gruppi, sempre per motivi politici, che creano difficoltà. Ma da parte nostra c’è tanto amore e tanta pazienza".

Trasferiamoci infine in Oceania e andiamo in Australia, dove il Natale risente di una mentalità consumistica. Ascoltiamo il dottor Elio Gagliardo, del cammino neocatecumenale e medico all’ospedale di Darwin, nel nord del Paese, da 16 anni in Australia.

"L’Australia è un Paese cristiano dove c’è una percentuale di cattolici e anglicani, ma siamo in una fase post-cristiana; è necessario operare una evangelizzazione. Si è perso, in questo senso, il mistero del Natale, di come lo vive la Chiesa. Questo si è perso completamente! E’ diventata soprattutto una festa consumistica".

In Australia, dove prevale la dimensione materialistica, emergono comunque segnali di speranza.

"Sempre, in ogni uomo e penso in ogni situazione, anche in un Paese come l’Australia ... E’ logico che nel cuore di ogni uomo c’è il desiderio della pace, c’è il desiderio della sicurezza, di trovare una risposta alle domande fondamentali dell’uomo. Di fronte alla sofferenza che, comunque ogni uomo ha, è logico che ha bisogno di una risposta, di una speranza. E in questo senso, certamente il Natale apre anche alla speranza".







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