2007-12-24 15:09:06

Una missionaria laica tra i poveri della Repubblica Democratica del Congo: la testimonianza di Chiara Castellani


Luce e acqua a chi non l’aveva mai avuta, un ospedale a chi non conosceva il diritto alla salute: sono gli ultimi traguardi dell’opera di Chiara Castellani, missionaria laica, medico ginecologo e responsabile sanitario dell'ospedale della diocesi di Kenge, a Kimbau, nella Repubblica Democratica del Congo. Laureata col massimo dei voti all'Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma è partita giovanissima nei Paesi del Terzo Mondo, come volontaria, per portare la speranza ai più poveri tra i poveri: un'opera che ha continuato con coraggio anche quando, 15 anni fa, ha dovuto subire l'amputazione di un braccio. Linda Giannattasio ha raccolto la sua esperienza a margine del XXII Convegno internazionale dell’Associazione italiana amici di Raoul Follereau, che si è svolto in questi giorni a Roma:RealAudioMP3


R. – Se si deve vedere la storia del Congo, dalla tratta degli schiavi, dal colonialismo belga, che è stato pesantissimo, dalla dittatura di Mobutu, è un Paese che ha profondamente sofferto la politica come violenza, la politica come sopruso, come abuso di potere. Ed è stata anche purtroppo la storia di questi miei sedici anni in Congo, in cui però mi sono trovata a lavorare insieme a gente, ad un popolo profondamente non violento, nelle sue convinzioni, e profondamente assetato di pace e di desiderio di costruire il proprio futuro a partire dalla pace.

 
D. - Quali sono negli ultimi anni i progressi che sono stati fatti in un Paese come il Congo e quali sono le iniziative future che avete in progetto?

 
R. – Il Paese è cresciuto moltissimo soprattutto dal punto di vista della propria coscienza politica, proprio in questo senso del controllo non violento della cosa pubblica. In questo, la Chiesa cattolica, che è fortemente integrata nelle tradizioni locali, nella cultura locale, inculturata come si suole dire, riesce anche ad esprimere questo desiderio di pace, questo desiderio di costruire un futuro senza violenza, senza abusi.

 
D. – I vostri progetti lì, a livello sanitario, a che punto sono e quali sono le iniziative che avete in progetto?

 
R. – Abbiamo assicurato finalmente luce ed acqua, che era un binomio fondamentale per il funzionamento di un ospedale, essendo il nostro ospedale un ospedale di riferimento di zona. E’ il punto di riferimento, infatti, di una zona sanitaria di 5 mila e 700 kmq e di quasi 140 mila abitanti. C’è tutto un sistema sanitario che adesso si deve far funzionare proprio perché esiste l’ospedale di riferimento. Adesso con luce ed acqua si può cominciare a pensare al microscopio, all’apparecchio radiologico, all’aspetto fotometro, a far funzionare il laboratorio, a far funzionare meglio la sala parto, rendere la sala operatoria degna di questo nome. Avendo poi un ospedale di riferimento che funziona, bisogna che funzioni tutto il sistema sanitario. E lì significherà investire soprattutto sul potenziale umano, perché comunque il progetto più bello che abbiamo rimane la scuola infermieri. E’ fondamentale, perché investire sul potenziale umano, significa investire sul futuro ed anche sul futuro della democrazia e della coscienza del diritto.







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