2007-12-21 15:26:05

Europa senza frontiere: in vigore in 24 Paesi il Trattato di Schengen


A partire dalla scorsa notte 400 milioni di persone possono viaggiare senza passaporto dall’Est all’Ovest dell’Europa. Altri nove Paesi membri hanno, infatti, aderito pienamente agli Accordi di Schengen per cui non vi sono più controlli frontalieri. Il servizio di Giovanni Maria Del Re:RealAudioMP3

Dopo mesi di intensi preparativi, dalla mezzanotte di ieri, salgono a 24 i Paesi fra i quali non vi sono più controlli di frontiera ai confini terrestri e marittimi. Da oggi, infatti, fanno parte del cosiddetto spazio Schengen altri nove Paesi: Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Malta. Per gli aeroporti, invece, si dovrà aspettare marzo del 2008. Il presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, ha parlato di una conquista storica e non a caso questa volta sono coinvolti – a parte Malta – tutti Paesi che fino al 1989 erano oltre la Cortina di Ferro e in tre casi – per le Repubbliche Baltiche, nell’ex Unione Sovietica. Il definitivo abbattimento, quindi, delle frontiere ha un valore tutto speciale. “E’ il segno tangibile – ha sintetizzato il presidente del Parlamento Europeo Hans-Gert Poettering – che le antiche divisioni dell’Europa sono superate”. Ieri il premier slovacco Robert Fico e il cancelliere austriaco Hans Gusenbauer hanno aperto i festeggiamenti, segando simbolicamente una barriera doganale ad un posto di frontiera, nei pressi di Bratislava. L’ultima cerimonia sarà domani fra Italia e Slovenia, mentre oggi ne hanno luogo altre al confine fra Germania e Polonia e Repubblica Ceca, nel tratto di mare fra Finlandia ed Estonia. Il prezzo di quest’ ampliamento di circolazione è, però, un giro di vite dei controlli per coloro che si trovano al di là delle frontiere esterne dell’UE: Russia, Bielorussia ed Ucraina, ma anche Serbia e Croazia. (Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni del Re, AKI).

Tra gli altri, è caduto definitivamente il confine tra Italia e Slovenia che per lungo tempo ha rappresentato la linea di divisione tra due blocchi contrapposti ed è stato teatro di numerose tragedie nel XX secolo. Una svolta accolta con entusiasmo dai vescovi della zona. Per mons. Dino De Antoni, arcivescovo di Gorizia, la città è stata “ridonata” a chi sta al di là e di qua del confine. “Nuovi spazi per un dialogo tra popoli e culture” è quanto si può creare secondo mons. Eugenio Ravignani, vescovo di Trieste. Marco Ravalìco ha sentito Moreno Zago, docente di Sociologia del confine all’Università di Trieste:RealAudioMP3

R. – In questi ultimi anni eravamo abituati a veder costruire dei muri. Basti pensare al muro fra Israele e Palestina per ragioni di sicurezza o il rafforzamento del muro fra gli Stati Uniti e il Messico per fermare l’immigrazione, ma anche fra la Spagna e il Marocco. Finalmente adesso vediamo, invece, sgretolarsi un muro.

 
D. – Le manifestazioni principali di questi giorni si svolgono a Trieste una città che ha subito tragicamente il confine sulla sua pelle. Questo evento ha una valenza solo simbolica oppure tocca davvero la vita delle persone?

 
R. – Credo che tocchi davvero la vita delle persone perché finalmente Trieste e l’Adriatico si allargano e quindi sarà più facile coordinare i grandi progetti in macrosettori anche economici, come i porti, gli autoporti e gli aeroporti, senza dimenticare la ricerca e la cultura. Sarà certamente più facile anche per le Università collaborare tra di loro. L’unica grande preoccupazione è quella della sicurezza. Non dimentichiamo, però, che esistono Protocolli anche tra le forze di Polizia per cui verranno rafforzate le pattuglie miste.
 
D. – Siccome qualche volta si è detto che a Trieste il passato non passa mai, forse questa è la volta in cui passerà davvero?

 
R. – Probabilmente c’è ancora bisogno che passi ancora una generazione, quella cioè che ha vissuto sulla propria pelle i problemi del grande conflitto del secolo scorso. I giovani sono più sensibili alla cooperazione e, quindi, ad andare incontro all’altro ed è proprio sui giovani che dobbiamo puntare e guardare avanti.







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