2007-12-17 15:12:10

La difficile situazione dei cristiani in Terra Santa al centro di un briefing in Sala Stampa vaticana


Terra Santa in primo piano oggi nella Sala Stampa della Santa Sede. A parlarne il Custode di Terra Santa, il padre francescano Pierbattista Pizzaballa. Con lui, il segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, e il direttore della stessa Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. C’era per noi, Giada Aquilino:RealAudioMP3

“Dove c’è divisione, c’è anche condivisione”. Così padre Pierbattista Pizzaballa presenta l’immagine della Terra Santa, quotidianamente attraversata dalla violenza ma ricca di una fiducia che nasce proprio dalla fede. Una realtà in cui vive la piccola comunità cristiana di Terra Santa: 170 mila fedeli, tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese. Una realtà difficile, contrassegnata dal conflitto israelo palestinese, “a cui sono legate situazioni di povertà strutturale” - più nell’ANP che nello Stato ebraico - le quali spingono i cristiani a lasciare la terra dove nacque Gesù per altre zone più sicure. Il problema principale per loro - ha ricordato padre Pizzaballa - è dunque “rimanere uniti” e superare gli ostacoli della mancanza di lavoro e case, per esempio. L’azione della Chiesa locale è viva nelle parrocchie, nelle scuole, nelle strutture ospedaliere, nel dialogo interreligioso ed ecumenico. Positivo il ritorno del turismo, a Betlemme e non solo: nel 2007 è stata registrata un'affluenza nelle prenotazioni superiore a quella dell’ultimo Giubileo. Con l’avvicinarsi del Natale, “migliora ma è ancora da risolvere” la situazione dei visti di ingresso da alcuni Paesi arabi verso Israele. Una realtà in movimento, insomma, per la quale, ricordò il Papa nel Messaggio ai cattolici del Medio Oriente per il Natale 2006, è di speranza sapere che tali comunità cristiane “continuano ad essere comunità viventi e attive, decise a testimoniare la loro fede”. E a proposito di un eventuale viaggio di Benedetto XVI in Medio Oriente, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha ricordato che “il Papa ha espresso più volte il suo desiderio di andare in Terra Santa. Però - ha aggiunto - ci vogliono sia delle condizioni di pacificazione generale dell'area, sia occorre tenere presenti i rapporti della Chiesa con le realtà locali e se ci sono segnali positivi da incoraggiare con un atto così importante come il viaggio”. ''C'è - ha concluso - il desiderio da parte del Papa, ma nessun progetto avviato”. Ma per conoscere meglio la Terra Santa e la realtà dei cristiani, ascoltiamo padre Pierbattista Pizzaballa:

 
R. – I cristiani purtroppo in Terra Santa sono sempre di meno, purtroppo. Non sono più dell’1 per cento della popolazione. Come tutti gli abitanti della Terra Santa, vivono in grandi difficoltà economiche, politiche e sociali. Ovviamente, essendo una così piccola minoranza, si sentono ancora più esclusi dalla vita del Paese: questa è una situazione che influisce in modo sempre più pesante.

 
D. – A cosa è dovuta tale diminuzione nella percentuale di cristiani in Terra Santa?

 
R. – Sono tante le ragioni. Innanzitutto, c’è un conflitto in corso che influisce sulla situazione economica, che è uno dei motivi principali dell’esodo dei cristiani, soprattutto dall’Autonomia palestinese e da Betlemme. E’ un Paese dove le prospettive sono sempre incerte per il futuro e molte famiglie, quando la situazione non è chiara, cercano una soluzione migliore fuori.

 
D. – Qual è la realtà dei giovani, in particolare?

 
R. – Questo stato di cose colpisce soprattutto i giovani, i quali fanno difficoltà a trovare lavoro. E per questo si sentono doppiamente esclusi da alcuni: dai musulmani perché sono cristiani, dagli israeliani perché sono arabi, forse anche esagerando, perché non è sempre vero. Però è quello che loro sentono. E ciò influisce molto sul clima generale.

 
D. – Lei è a contatto con cristiani di origine ebraica e con cristiani di origine palestinese. Come affrontano la situazione odierna di violenze e privazioni?

 
R. – Di origine ebraica o di origine palestinese, i cristiani sono cristiani e quindi hanno sempre un atteggiamento molto pacifico, di fiducia e di speranza.

 
D. – Quali sono i rapporti con le altre religioni?

 
R. – Sono rapporti dettati dalla vita di ogni giorno: perché cristiani, ebrei e musulmani vivono insieme, vivono lo stesso contesto. Nonostante tutto, nonostante le tante barriere di cui si parla della Terra Santa, delle tante divisioni fisiche e psicologiche, ci sono anche molti elementi di condivisione di vita.

 
D. – A Parigi, la comunità internazionale sta raccogliendo aiuti finanziari per i palestinesi. Cosa serve, secondo lei, oggi?

 
R. – Sicuramente, gli aiuti finanziari sono necessari come il pane, perché per fare ripartire la macchina della comunità ci vogliono anche molte risorse economiche. Ma non basta: ci vuole pure educazione alla convivenza.

 
D. – In questi giorni, si è tenuta la plenaria della Commissione bilaterale tra Santa Sede e Israele. Quali segni ci sono?

 
R. – La strada è ancora lunga. Ci sono ancora punti da risolvere, però c’è un clima di maggiore fiducia rispetto al passato. Non bisogna avere fretta di finire, l’importante è fare le cose bene da ambo i lati. I punti principali riguardano la situazione del pagamento delle tasse: in che modo, come, quando. E poi lo status giuridico della Chiesa cattolica in Israele.

 
D. – Ci si avvicina al Natale. I cristiani di Terra Santa come si preparano?

 
R. – Lì a Betlemme è nato Gesù, “hic puer natus est”, “qui è nato il bambino”, per cui c’è una sorta di commozione sempre particolare: il fatto che sia avvenuto proprio qui e il collegarci a quell’evento è sempre commovente. La speranza è proprio in Betlemme, in quel bambino che nasce: la nascita di Gesù è l’ultima parola di Dio, che è una parola di vita, di speranza, di fiducia per il futuro.







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