All’Angelus, il Papa ci ha ricordato che dobbiamo farci piccoli come il Bambino
di Betlemme per entrare nel Regno dei Cieli: la riflessione dell’arcivescovo di Lecce,
Cosmo Ruppi
Nel cammino dell’Avvento, deve risuonare nelle nostre comunità cristiane il richiamo
di Giovanni Battista alla conversione: è la viva esortazione levata, ieri all’Angelus,
da Benedetto XVI. Il Papa ha anche sottolineato che “è con il concreto comportamento
che teniamo in questa vita che decidiamo della nostra sorte eterna”. Un passaggio
sul quale si sofferma l’arcivescovo di Lecce, Cosmo Ruppi, intervistato da
Alessandro Gisotti:
R. –
Quando il Papa dice che il Regno dei Cieli si prepara da questo momento, si prepara
sulla terra, vuol dire che il Regno dei Cieli, il destino futuro si gioca oggi. Questo
comporta un atto di grande responsabilità non solo per i cristiani, ma per tutti gli
uomini. Non dobbiamo pensare al Giudizio come ad un evento che avviene alla fine della
vita dell’uomo o alla fine del mondo, ma dobbiamo pensare al Giudizio sin da questo
momento. Preparare la strada del Signore vuol dire non soltanto preparare la strada
per il Signore che nasce, ma anche per il Signore che ci giudica. Un Giudizio, questo,
che comincia da questo momento.
D. – Un Giudizio
che, come ci ha ricordato il Papa nella “Spe salvi”, non è un momento soltanto di
giustizia, ma anche di speranza…
R. – Nella sua Enciclica,
il Papa ha sottolineato che le strade della speranza sono la preghiera, la sofferenza
e il Giudizio. Devo dire che quando ho letto questa parte dell’Enciclica, l’ho dovuta
rileggere perché sapevo che la strada della speranza fosse la preghiera e forse anche
la sofferenza, ma non il Giudizio... Pensare che anche il Giudizio sia una strada
di speranza è veramente molto utile, perché io cristiano di oggi posso preparare la
speranza in un regno futuro, pensando che sarò giudicato. Il pensiero del Giudizio
è un pensiero molto salutare per rettificare la vita dell’uomo.
D.
– Il Papa, peraltro, sempre a proposito del richiamo forte alla conversione di Giovanni
il Battista dice che “bisogna stare attenti a sentirsi al sicuro per il solo fatto
di appartenere al popolo eletto”. Una esortazione all’autocritica?
R.
– E’ un avviso per noi cristiani a non presumere niente. Il fatto di essere discepoli
di Cristo, di essere battezzati non ci garantisce il Regno dei Cieli. Il Regno dei
Cieli si conquista, e come dice Gesù: “Ogni giorno si conquista il Regno dei Cieli”.
Avere la presunzione di salvarsi solo perché si appartiene al popolo eletto, ebraico
o cristiano, non giova per niente. Si tratta soltanto di un inizio di cammino della
salvezza. E’ molto importante quello che il Papa ha detto ieri all’Angelus, perché
rappresenta una sferzata non solo agli uomini di buona volontà, ma soprattutto a noi
cristiani.
D. – Alla fine del pensiero espresso
all’Angelus, il Papa trova un’immagine di straordinaria dolcezza: “Al tramonto dei
nostri giorni sulla terra – ha detto Papa Benedetto XVI – saremo valutati in base
alla nostra somiglianza o meno con il Bambino che sta per nascere nella povera grotta
di Betlemme…”
R. – Si sente in questo anche la parola
di Santa Teresa del Bambino Gesù, Santa Teresa di Lisieux, che diceva: “Alla fine
dei nostri giorni saremo giudicati sull’amore”. Il Papa dice, guardando questo Bambino,
ricordiamoci che sarà Lui, il Dio divenuto Bambino, il giudice e Colui che ci giudicherà
in base al nostro operato. E’ molto bello pensare che se noi non diventeremo come
bambini non entreremo nel Regno dei Cieli. Gesù si è fatto Bambino proprio per farci
capire che per entrare nel Regno dei Cieli bisogna essere bambini.