2007-11-25 15:35:59

In Russia divampa la protesta anti-Putin in vista delle elezioni di domenica prossima. Arrestato il campione di scacchi Kasparov


Ad una settimana dalle elezioni in Russia, sale la tensione tra il fronte che sostiene il presidente Putin e l’opposizione. Stamani numerosi manifestanti sono stati caricati dalla polizia a San Pietroburgo prima dello svolgimento di una protesta non autorizzata. Tra le persone fermate, almeno 150, anche Boris Nemtsov, probabile candidato alle presidenziali del 2008, che è stato poi rilasciato. Ieri a Mosca era stato fermato l’ex campione del mondo di scacchi, Garry Kasparov, leader del movimento d’opposizione “L’Altra Russia”, condannato a 5 giorni di prigione dopo un processo per direttissima. L’arresto è avvenuto al termine di una marcia priva di autorizzazione a cui avevano partecipato circa 2 mila persone. Kasparov era stato già arrestato in maggio a Samarra durante il vertice Russia-Unione Europea: il fermo aveva provocato le ire di numerosi leader, in particolare del cancelliere tedesco, Angela Merkel.

Georgia
Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha dato le dimissioni per poter partecipare alla campagna elettorale in vista delle consultazioni del prossimo 5 gennaio, indette dopo forti manifestazioni di piazza che lo avevano spinto a decretare lo stato d’emergenza poi revocato. In base alla Costituzione, ora i poteri del capo dello Stato passano al presidente del Parlamento Nino Burjanadze.

Afghanistan
Rientra oggi in Italia la salma del maresciallo capo Daniele Paladini, morto ieri in un attentato kamikaze nella provincia afghana di Paghman, poco distante da Kabul. Un attacco nel quale hanno perso la vita nove civili, tra cui sei bambini, colpiti mentre uscivano da scuola. Il bilancio poteva essere ancora più drammatico se i militari italiani non avessero bloccato il kamikaze che si stava facendo esplodere tra la folla. Già a Roma i tre soldati rimasti feriti ieri nell’agguato. Il premier Prodi ha nuovamente ribadito che le truppe non lasceranno il Paese asiatico ma ha invitato a ripensare “una strategia a lungo termine” per impostare la futura presenza in Afghanistan. Lo stesso presidente del Consiglio si è detto convinto che l’attentato non era diretto contro gli italiani ma contro gli stessi afghani. Di diverso parere un leader talebano, che in un’intervista al “Corriere della Sera”, ha assicurato che proseguiranno gli attacchi contro le truppe straniere, anche quelle italiane, perchè considerate “invasori”. Ieri il governo di Kabul aveva condannato l'attentato come un “brutale crimine contro l’umanità, contro l’Islam e contro l’Afghanistan”.

Iraq
Dodici vittime e oltre 40 feriti. E’ il bilancio di tre esplosioni avvenute a Bagdad. Una violenza che non conosce tregua e che continua a scoraggiare la presenza di truppe straniere nel Paese. Ieri l’annuncio del ritiro di 5 mila soldati americani entro dicembre: il 2008 è la scadenza indicata dal neo-premier polacco Tusk, ma anche la nuova leadership australiana anticipa il prossimo rientro a casa dal Paese del Golfo dei militari di Canberra. L’alleanza che nel 2003 portò alle operazioni militari in Iraq sembra dunque sfaldarsi. Sulle ragioni di tali orientamenti, Giada Aquilino ha intervistato il prof. Maurizio Simoncelli, esperto di geopolitica dell’Istituto di Ricerca Internazionale Archivio Disarmo:RealAudioMP3


R. – Bisogna prendere atto che la stessa missione aveva in sé i germi del fallimento. Si sapeva fin dall’inizio, purtroppo, che andare a mettere le mani in una situazione come era quella di questo territorio mediorientale voleva dire far saltare un equilibrio che si reggeva su una dittatura, perché in realtà erano presenti tre popoli profondamente divisi: gli sciiti, i sunniti e i curdi, che vivevano in una situazione di temporaneo equilibrio. L’intervento, così come è stato attuato ed in contrasto con le stesse Nazioni Unite, che hanno dimostrato in realtà fin dall’inizio di ben capire i rischi di un intervento del genere, non poteva avere altro esito se non quello di portare una profonda instabilità permanente.

 
D. – I laburisti australiani annunciano il rientro a casa dei 580 loro soldati schierati in Iraq. La Polonia ha già confermato il ritiro delle truppe di Varsavia dal Paese del Golfo entro il 2008. Cosa cambia di fatto nella strategia militare?

R. – Oggi si prende atto – purtroppo – di un fallimento, perché se da un punto di vista militare, nell’immediato, la battaglia è stata vinta contro le truppe di Saddam Hussein, non c’è stata la possibilità di creare un sistema politico stabile. Oggi vediamo, quindi, che progressivamente i resti di questa coalizione – anche perché questi non sono i primi; già tanti altri se ne sono andati – stiamo anche assistendo anche ad uno sfaldamento grave, anche perché gli stessi Stati Uniti non sanno come uscirne e lo stesso Bush sta concludendo il suo mandato con un grande punto interrogativo, che è quello di come andar via dal pantano iracheno.

D. – Le violenze sul terreno, le tensioni con la Turchia, la coalizione internazionale che perde alleati: l’Iraq rischia di essere abbandonato a se stesso, al di là degli interessi economici particolari?

 
R. – Sì, questo è il grande pericolo che si vede all’orizzonte. D’altronde lasciare un territorio del genere in balia di se stesso è altrettanto pericoloso di quanto rimanerci.

Elezioni in Croazia
Appuntamento elettorale oggi per la Croazia: al voto per le elezioni politiche 4,4 milioni di cittadini. Bassa l’affluenza alle urne: alle 11.00 solo il 18 per cento degli aventi diritto si è recato a votare. Nei giorni scorsi, nel loro appello alla nazione in vista della consultazione, i vescovi del Paese hanno raccomandato di avere presente nella scelta dei candidati “il bene comune, l’impegno per la tutela della vita e la solidarietà con i poveri” e inoltre la libera scelta dell’istruzione religiosa e un sistema fiscale a beneficio della famiglia. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

E’ una Croazia sempre più vicina a Bruxelles quella che si reca alle urne oggi. I leader delle due principali forze sono entrambi europeisti convinti: il premier in carica conservatore Ivo Sanader e l'emergente Zoran Milanovic dei socialdemocratici. Le differenze si segnano in tema di ricette economiche: i primi rivendicano la politica di stabilizzazione macroeconomica di stampo liberale che insieme al turismo ha fatto il boom economico degli ultimi anni; gli altri insistono nel denunciare le persistenti sacche di corruzione e i problemi sociali ancora irrisolti. Se è vero che nel prossimo futuro ci sono la NATO e l’Unione Europea, è anche vero che la differenza può stare nei ritmi e nei costi: i conservatori difendono il passo accelerato imposto dal governo Sanader dal 2003; i socialdemocratici promettono un percorso più cadenzato, senza escludere tra l'altro un referendum sulla NATO. In ogni caso si tratta delle quinte elezioni dal 1991, anno dell’indipendenza dall’allora Jugoslavia. Molte cose sono cambiate, anche nella Comunità democratica croata (HDZ): la formazione che fu feudo nazionalista del defunto 'padre della patria' Franjo Tudjman, che Sanader ha riformato in questi anni verso l'approdo occidentale del Partito Popolare Europeo. La cattolicità resta un elemento fondamentale dell’identità croata e vanno poi ricordate le minoranze etniche, che eleggeranno otto deputati in seggi garantiti. Tre andranno ai 250 mila serbi di Croazia, dimezzati dopo le guerre di dissoluzione della Jugoslavia, ma tuttora numerosi e alle prese con problemi legati al rientro dei profughi e alla lenta ricostruzione e restituzione dei beni. Un seggio sarà invece appannaggio dei circa 20 mila italiani d'Istria e Fiume. Per quanto riguarda l’ingresso in Europa, superati i problemi legati alla collaborazione con il Tribunale internazionale per i crimini di guerra commessi nella ex Jugoslavia, se la Croazia manterrà il passo attuale, entrerà nell'Unione Europea segnando un tempo record per il processo di adesione: aperto nel 2005, secondo il commissario all'allargamento UE, Olli Rehn, si concluderà con l'ingresso già nel 2010.

Romania
Giornata di consultazioni anche in Romania. Oltre 18 milioni di elettori sono chiamati a scegliere 35 deputati europei su 551 candidati. Si tratta della prima volta per il Paese, entrato nell’Unione lo scorso primo gennaio. Il mandato degli eletti durerà soltanto 18 mesi perché nel 2009 si terranno nuovamente le elezioni generali in tutti i 27 Stati membri. Accanto alle europee a Bucarest si vota pure per un referendum sull’introduzione del sistema uninominale.

Giordania
Ad Amman, in Giordania, ha giurato davanti al re Abdallah II il nuovo governo guidato dal neo-premier Nader Dahabi. L’esecutivo è composto da 26 ministri, tra questi 4 donne, espressione delle elezioni che hanno sancito la vittoria dei candidati fedeli alla monarchia e la netta sconfitta dell’opposizione guidata dal Fronte islamico d'azione, partito vicino alla Fratellanza musulmana.

Pakistan
Rientro in patria per l’ex premier pachistano, Nawaz Sharif, dopo 8 anni di esilio in seguito al colpo di Stato messo in atto dall’attuale presidente Pervez Musharraf. Sharif ha detto che opererà per il ripristino della democrazia e la fine della dittatura. Sarebbero intanto 3 mila i sostenitori arrestati in una vasta operazione della polizia che teme sanguinosi attentati come nel caso del ritorno in Pakistan dell’ex premier Benazir Bhutto. Sul terreno, circa 30 insorti sono stati uccisi in un raid dell’esercito nella parte nord-occidentale del Paese.

Spagna
Il premier spagnolo, José Luis Rodriguez Zapatero, è stato ufficialmente candidato dal partito socialista per un secondo mandato in vista delle elezioni legislative del marzo 2008. Secondo i sondaggi, sembra probabile la riconferma dell'attuale capo del governo per altri quattro anni.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

 

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 329

 

 
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